Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il pensare come arte. Brevi note di logica

Mutuo, più o meno, il titolo da un aureo libretto del padre Alberto Strumia e del padre Matteo Righetti (Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1998), entrambi domenicani. I padri di San Domenico, fin dalla loro istituzione sono stati destinati, oggi diremmo come mission, allo studio, più dei confratelli francescani, i cui ordini primèvi furono fondati in contemporanea, nella prima metà del XIII secolo, dai due Santi carismatici, Francesco d’Assisi (Giovanni di Pietro di Bernardone), e Domenico di Guzman e di Galaruega. Spagna.

Ho frequentato per diversi anni i Padri Domenicani di Bologna con i quali ho conseguito i maggiori titoli accademici della teologia cattolica. Ho dormito volte innumerevoli nel grande Convento di P. San Domenico, a due passi da tutto, di Bologna. E ho cenato con loro, pur trattandosi di un istituto religioso di semi clausura, alla pari, anche se laico. Lì, nel convento dove studiò come alunno fra’ Gerolamo Savonarola, prima di diventare magister e di esser inviato a Firenze, nel convento di San Marco, dove si compì il suo destino grandioso e tremendo.

Conversando con il carissimo padre Giovanni Cavalcoli da Ravenna, autore della bellissima storia del Movimento domenicano con il volume “Teologi in bianco e nero“, edito dalle Dehoniane di Bologna, mi assicurava che fra’ Gerolamo, se non avesse tanto peccato di superbia ponendosi contro il papa regnante (Leone X Medici, figurarsi! mettersi contro un Medici stando a Firenze), sarebbe ora un Santo della Chiesa, per chiarissime virtù etiche e (direbbe Aristotele), dianoetiche, cioè intellettuali.

Ricordo che una volta, passeggiando per il chiostro mentre aspettavo il p. Bernardo Boschi – biblista insigne, mi venne incontro uno studente vestito di bianco, uno dei quaranta novizi che vivevano al convento. Ero vestito di scuro e, essendo io, visibilmente, più “in età” di lui, il novizio mi salutò con un solenne “buongiorno monsignore“. Al che gli risposi “buongiorno, non sono monsignore“, e lui “buongiorno, padre“, e io “certamente, sono padre, ma di una bimba molto piccola“. Sorpreso mi salutò con un inchino che mi ricordò il monsignor Giovanni Della Casa, l’autore de Il Galateo.

Ricordo con piacere e affetto i padri Giuseppe, metafisico, Roberto, che era anche ingegnere, teologo fondamentale, Giorgio Maria, moralista, Tommaso, idem, Giovanni, logico, Guido, che era anche medico, patrologo, oltre ai due sopra citati. Cultissimi e rigorosi. Gli esami di Vangelo in greco, quelli di Morale della Vita umana e Politico-sociale improntati all’Etica Nicomachea, alla Secunda secundae tommasiana in latino (ebbi anche modo di tradurre le note di uno studio sulla morale tommasiana di un illustre padre domenicano francese, J. Nicolas), e alla kantiana Critica della Ragione pratica; quelli di metafisica e ontologia sui testi di Aristotele e Tommaso d’Aquino, compulsati da parte dei docenti in dispense scritte con la Lettera 32 della Olivetti, a righe fittissime e correzioni a mano.

Il mio filologismo acribioso è nato con quegli studi. Vista la mia età non da studente e una base culturale che traspariva, mi trattavano da pari, perché sapevano dei miei pregressi studi politologici e sociologici. Gli studi filosofici furono approfonditi al punto da farmi ottenere, in ambito filosofico, gli stessi titoli dell’indirizzo teologico.

Innanzitutto, si studia la logica nel sistema filosofico, riferita all’oggetto suo proprio, che è il pensato in quanto pensato, distinguendosi dall’oggetto della psicologia che è il pensiero pensante e le sue caratteristiche fenomeniche. Il pensato-in-quanto-pensato: la logica si occupa della sua razionalità e ragionevolezza, utilizzando svariati sistemi e tecniche che Aristotele, per primo, ha proposto. E successivamente molti altri filosofi, matematici e studiosi del linguaggio, a partire da Raimondo Lullo (XIII sec.), Leibniz, Kant, fino a Bochenski, che si occupò della Logica simbolica, il trait d’union con l’algebra matematica.

Ovviamente il soggetto proprio della logica è l’uomo, che è un essere vivente, un animale (razionale, secondo lo Stagirita), un essere capace di conoscere, di amare, di esprimersi sulla qualità morale del suo agire e del suo dire, che possono essere buone o male, un essere mortale, un essere corporeo, provvisto, con linguaggio contemporaneo a me molto caro (come ben sanno i miei studenti): di a) una struttura di persona e b) una struttura di personalità, che sono due modi complementari dell’essere, compresenti e co-significanti.

La logica si divide in diverse modalità, che i filosofi propongono, ad esempio in questo modo: a) logica formale o scientifica (o minor), o della coerenza interna del pensiero; e b) logica materiale o filosofica (o maior) o trascendentale o della verità del pensiero, ed è oggetto della gnoseologia ovvero critica della conoscenza, venuta in auge con Descartes, poiché gli antichi e gli Scolastici medievali non mettevano assolutamente in dubbio che il soggetto conoscente (l’uomo) potesse non conoscere la verità oggettiva (realismo) delle cose (vale a dire che le cose esistono indipendentemente da me-soggetto conoscente).

Il sapere logico si può dunque definire come: LOGICA FORMALE (o MINOR), in quanto disciplina che studia le leggi del pensiero dipendenti dalla FORMA, o dalla SOSTANZA o dall’ESSENZA, che sono pressoché sinonimi, e possiedono regole di correttezza, disposizione dei termini, etc., indipendentemente dal riferimento alla realtà; LOGICA MATERIALE (o MAIOR), in quanto disciplina che studia le leggi del pensiero dipendenti dal contenuto oggettivo, o verità-corrispondenza dei nostri contenuti mentali, e quindi per il rapporto con la realtà. Esiste anche la LOGICA SIMBOLICA, discipline tecnicamente a sé stante, di cui offrirò qualche accenno in conclusione.

La mente procede con tre operazioni principali: a) l’APPRENSIONE SEMPLICE (SIMPLEX APPREHENSIO), b) il GIUDIZIO (JUDICIUM), c) il RAGIONAMENTO (RATIOCINIUM).

Il prodotto dell’apprensione semplice è la formulazione del CONCETTO, come uomo, cielo, cavallo, saggezza, mentre il giudizio esprime un enunziato come “L’uomo è un vivente“, oppure “Il cavallo è un animale“; infine, il ragionamento esprime l’argomentazione logica (con il sillogismo), ad e.: “Ciò che è incorporeo è incorruttibile,/ l’anima umana è incorporea,/ dunque, l’anima umana è incorruttibile” (checché ne pensino alcuni famosi divulgatori di fisica, i quali – incomprensibilmente da un punto di vista epistemologico – applicano le regole della fisica alla metafisica! E ciò è assai poco “scientifico”).

Il CONCETTO: il Concetto è l’Immagine somigliante di una cosa, espressa nella mente (similitudo rei in mente expressa). Il Concetto è i “concepito”, è l'”idea”, è la “forma”, è la “parola mentale” (verbum mentis), è l'”intenzione” (intentio), cioè ciò-cui-la-mente-tende, è la “nozione” (notio), è la “ragione” (ratio), è il “termine” (terminus), è la “specie” (species).

Il CONCETTO può essere mentale, orale e scritto.

Il SEGNO: il Segno è una cosa che ne fa conoscere un’altra (id quod ducit in cognitionem alterius).

Il Segno può essere di due categorie: quello a) convenzionale, come una bandiera o un semaforo, e quello b) naturale, come l’effetto del fuoco che è il fumo (il fumo non è l’immagine della cosa), oppure, essendo l’immagine della cosa, si può configurare come statua o come fotografia (che sono strumenti), ovvero come formale, cioè il concetto.

Sul Concetto si possono precisare due aspetti: a) la sua formalità, con la quale esprime l’immagine intermediaria, invisibile, di ciò che rappresenta; b) la sua obiettività, con la quale mostra il contenuto reale del concetto stesso.

Dobbiamo poi considerare il LINGUAGGIO, che è il segno naturale con il quale si esprimono i concetti. Il Linguaggio è costituito da parole, o termini/ lemmi, che hanno segni e suoni, con i quali esprimono convenzionalmente il significato delle cose/ concetti, così come sono determinati e definiti lungo il processo storico-linguistico che forma un idioma umano.

Un altro aspetto del concetto espresso nel linguaggio è relativo alla sua estensione e comprensione. Un esempio: il concetto di vivente comprende il concetto di animale che, a sua volta, comprende il concetto di uomo (o essere umano nelle sue definizioni di maschile, femminile e transessuale). Come si vede, evito accuratamente di spendermi sulla nozione di gender, che ritengo (ben supportato da innumerevoli studi) insensata e antiscientifica, pur essendo divenuta una moda apparentemente irresistibile in molte parti del mondo e anche qui da noi in Italia. Purtroppo. Ma ho la speranza che non prevalga.

Provo a sintetizzare ulteriori elementi che contraddistinguono il Concetto: esso può definirsi comunque in molti modi ulteriori: finito/ infinito, positivo/ negativo, concreto/ astratto, assoluto/ connotativo/ categorematico/ sincategorematico, diretto/ riflesso. Forse le suddivisioni più importanti sono le seguenti: tra oscuro e chiaro, ma la sua chiarità può essere di diverse sfumature: confusa, distinta, incompleta, inadeguata.

Nella frase proposizionale o enunciativa il Concetto si riferisce a un soggetto di cui si “predica” qualcosa mediante un verbo. Ogni predicato di un soggetto può essere univoco, equivoco o analogo: Esempio: posso dire che sia la spada sia il cannone siano delle armi, ma si tratta di armi differenti, la prima da taglio la seconda da fuoco. Si tratta, dunque, di armi in senso analogo. A volte il concetto può essere altamente equivoco, nel suo significa primario, ma diventa efficace se lo si usa come metafora. Esempio: si può dire che “quell’attore è un cane”. E’ evidente che non si intende paragonarlo a un qualsiasi canide, ma si intende dispregiarlo usando una metafora: il cane abbaia e dunque quell’attore recita-come-un-cane, recita abbaiando. L’equivoco formale diventa una metafora letteraria.

Vale la pena soffermarsi un momento sull’analogia, che si può considerare in tre formalità: a) di attribuzione o di proporzione semplice, b) di proporzionalità propria o intrinseca, c) di proporzionalità estrinseca o impropria o metaforica.

Tre esempi. Su a) abbiamo la frase “Pietro è sano”, laddove vi è una attribuzione semplice di salute a Pietro. Su b) abbiamo la frase “La luce della verità illumina il mondo”, laddove si nota una analogia di proporzionalità propria o semplice, perché si utilizza la metafora della luce attribuendola alla verità. Intuitivo; su c) abbiamo la frase “Pietro ha un coraggio da leone”, laddove si evidenzia un’analogia di proporzionalità estrinseca, o metaforica, paragonando il coraggio di Pietro a quello di un leone, che in questo modo viene anche antropomorfizzato.

Elenchiamo ora le CATEGORIE (o Predicamenti così come sono chiamati dai filosofi scolastici) che compongono la Logica formale: SOSTANZA, QUANTITA’, QUALITA’, RELAZIONE, ABITO (nel linguaggio scolastico significa “abitudine virtuosa o viziosa”), TEMPO, LUOGO, SITO, AZIONE, PASSIONE (è il “subire” un’azione altrui o un soffrire).

Ora, una distinzione tra Sostanza e Accidente:

la Sostanza (o Forma o Essenzaciò-a-cui-compete-di-esistere in sé stessa e non in altro (id cui competit esse in se et non in alio); un esempio: io stesso, tu, caro lettore; l’Accidente è ciò-a-cui-non-compete-di-esistere in se stesso, ma essere in altro, inerire (è inerente) ad altro (id cui competit non esse in se, sed in alio inhaerere); un esempio: io che sto seduto a scrivere, tu, caro lettore, che sei sdraiato al fresco a leggere. In altre parola, la Sostanza è ciò che permane, l’accidente è ciò-che-accade e può-anche-non-accadere. In altre parole ancora: io e te, caro lettore, non possiamo non esistere se siamo operativi (siamo sostanza), mentre possiamo stare in piedi, o seduti, o distesi a leggere (il nostro modo di leggere è accidente, cioè qualcosa-che-accade-in-qualche-modo).

Sulla Definizione: la definizione è il discorso con il quale significhiamo cos’è un soggetto (oratio significans quid res est). Questa frase ci occorre per determinare che cosa sia l’Enunciazione. Essa è la struttura che permette di esprimere il Giudizio.

Il Giudizio è l’azione tramite la quale l’intelletto compone o divide, affermando o negando (actio qua intellectus componit vel dividit affirmando vel negando), epperò l’Enunciazione è il discorso a cui compete l’essere vero o falso (oratio verum et falsum manifestans), che abbisogna della copula “è“.

Le enunciazioni possono essere considerate sia opposte (quando hanno lo stesso soggetto e lo stesso predicato, ma differiscono nella quantità e/o nella forma. Es.: “l’uomo può vivere sessanta – ovvero ottanta – anni”), sia equipollenti (quando hanno lo stesso soggetto, lo stesso predicato e lo stesso valore logico, così che possono essere sostituite l’una dall’altra. Es.: l’uomo nasce, vive e muore, ovvero, l’uomo nascerà, vivrà, morirà).

Vediamo le regole dell’opposizione delle enunciazioni: a) dalla verità di una contraddittoria si conclude la falsità dell’altra; b) dalla verità di una contraria, deriva la falsità dell’altra, ma non viceversa; c) dalla verità di una sub-contraria non si può inferire nulla dall’altra; d) dalla falsità di una sub-contraria, si può inferire la falsità dell’altra, in un solo apparente garbuglio concettuale, che però è utile a rendere il pensiero capace di sottigliezze altrimenti negate. Per comprendere meglio le cose del mondo e le persone.

Quanto bisogno c’è di analizzare le cose e le persone, i comportamenti e gli intendimenti, di questi tempi difficili!

E’ il momento di dare uno sguardo all’ARGOMENTAZIONE.

L’intelligenza (che è un intus legere), permette di esprimere giudizi e di argomentarli fondandoli sulla ragione logica, sulla RATIO. Essa funziona in tre modi: a) per intuizione immediata, b) per esperienza diretta, c) per ragionamento.

Se l’intuizione e l’esperienza sono due termini di immediata e generale conoscenza, circa il termine ragionamento è bene approfondirne i termini semantici, così: a) il RAGIONAMENTO è l’operazione con la quale la mente, partendo da verità già note (fonti, documentazioni, fondamenti logici o storico-fattuali), giunge alla conoscenza di nuove verità, oppure, b) il RAGIONAMENTO, è l’operazione con cui la mente, partendo da due o più giudizi conosciuti, conclude con un altro giudizio, che ne consegue logicamente.

L’argomentazione possiede una materia e una forma:

a) la materia è costituita dalle proposizioni che la compongono, nonché dai concetti delle proposizioni che compongono l’argomentazione stessa (Aristotele & Averroè & Tommaso d’Aquino);

b) la forma dell’argomentazione è il nesso logico-consequenziale che lega il conseguente all’antecedente (D. Hume).

Di seguito, occorre porci i due temi/ concetti di Verità e di Correttezza, in relazione all’argomentazione. Per ciò fare occorre utilizzare il SILLOGISMO, struttura logica privilegiata da Aristotele, che necessita di essere formalmente rispettata. Tale forma prevede che si diano due premesse, una maggiore e una minore, dalle quali si inferisce una conclusione necessaria.

Un esempio:

a) I Torinesi sono Italiani, b) Paolo è torinese, c) Paolo è italiano. Si nota l’ordine logico laddove la seconda premessa è “contenuta nella prima”, per cui si deduce c).

Se non si rispettasse questo ordine logico, l’argomentazione non reggerebbe.

Un esempio: a) I Torinesi sono Italiani, b) Paolo è italiano, c) Paolo è torinese. Come si può notare, l’ordine delle due premesse rende illogica la conclusione.

Un altro esempio ancora più efficace di sillogismo inoppugnabile:

a) l’uomo è razionale, b) chi è razionale è libero, c) l’uomo è libero.

La logica è stringente non presentando alcun elemento di dubitabilità. Casomai si potrebbe eccepire sulla conclusione in senso pratico-politico, perché l’uomo, in realtà, non è libero in assoluto, ma solo in relazione alle circostanze, che possono essere diverse: per la salute, per una vita sotto una dittatura, da prigioniero in carcere o in un’isola deserta dove è naufragato, sotto la minaccia di un’arma, vittima di una malattia mentale, etc., ma la libertà cui ci si riferisce nell’ordine logico è prettamente formale, non materiale, concreta. Nel senso materiale la libertà umana è sempre in-relazione a qualcosa d’altro.

Un esempio assai costruttivo sotto il profilo etico è il seguente:

a) un lavoratore firma il contratto di lavoro, b) il contratto di lavoro prevede un orario di lavoro vincolante, c) il lavoratore è “libero” (se vuole rispettare il contratto liberamente stipulato) di dover rispettare l’orario di lavoro, durante il quale non-è-libero di fare altro. La logica è al servizio dell’etica.

Vale la pena qui riportare la norma che regolamenta il Principio di contraddizione che regge l’impalcatura della Logica argomentativa: E’ impossibile che una cosa sia e non sia allo stesso tempo e sotto lo stesso aspetto (Idem su eodem aspectu non potest simul esse et non esse). Inoltre, se la struttura argomentativa è corretta, può darsi, sia la sua modalità induttiva, che parte dal caso particolare (ad e. “il fuoco fa bollire questa pentola piena d’acqua”) alla generalità dei casi (ad. e. “tutti i fuochi possono far bollire qualsiasi pentola piena d’acqua), sia la sua modalità deduttiva, che utilizza il sillogismo come sopra esemplificato.

Ora, alcune definizioni classiche di Sillogismo:

(Aristotele) Un discorso nel quale, poste alcune cose, un’altra cosa differente consegue necessariamente da esse per la sola ragione che esse sono state poste (Oratio in qua, quibusdam positis, alterum quid a positis necesse est contingere, eo quod haec sint);

(Maritain) L’argomentazione nella quale da un antecedente che unisce (o disgiunge) due termini da (o ad) un terzo, si inferisce un conseguente che unisce (o disgiunge) questi due termini fra loro;

(Gredt) L’argomentazione in cui nell’antecedente si confrontano due termini con uno stesso terzo termine, in modo che da questo confronto derivi un conseguente in cui si manifesta la convenienza o la non convenienza di questi due termini fra loro.

Il principio fondamentale del Sillogismo è il seguente: Due cose che convengono con una terza convengono anche fra loro, e le due cose di cui una conviene con una terza e l’altra no non convengono fra loro.

RIASSUMENDO:

  1. I Termini (o frasi) del Sillogismo devono essere tre due premesse, la Maggiore e la Minore (o Media) e una Conclusione;
  2. I Termini non devono avere nella Conclusione una estensione maggiore di quella che hanno nelle Premesse;
  3. La Conclusione non deve mai contenere il Termine o Premessa Minore (o Media);
  4. Il Termine Medio (o Minore) deve essere preso almeno una volta in tutta la sua Estensione;
  5. Le Premesse non possono essere entrambe negative;
  6. Due Premesse negative non possono portare a una Conclusione positiva;
  7. Le Premesse non possono essere entrambe particolari;
  8. La Conclusione segue sempre la parte peggiore.

Un esempio per far comprendere la regola 8), che può risultare ostica: a) Nessun disonesto è lodevole, b) Alcuni uomini sono disonesti, c) Alcuni uomini non sono lodevoli.

Un esempio che può essere utile ai fisici (f. DANIELSSON U., Il mondo in sé. La coscienza e il tutto della fisica, Ed. Einaudi, Torino 2023) a non confondere la loro scienza con la metafisica:

a) ciò che è semplice non è divisibile, b) la materia è divisibile e quindi è corruttibile, c) la materia non è semplice e quindi è corruttibile… mentre

a) ciò che è semplice non è divisibile ed è, per sua natura, incorruttibile, b) l’anima spirituale è semplice, c) l’anima è incorruttibile.

Sempre se si ritenga che sussistano Enti non descrivibili mediante le scienze fisiche e biologiche… ma lo scienziato deve sempre porsi nella condizioni di dubitare di considerare che sussistano SOLO le scienze fisiche e biologiche nei termini finora da lui stesso conosciuti, per cui potrebbe anche ammettere di non conoscere qualcosa. Se Roberto Grossatesta, Nicolò Copernico e Galileo Galilei si fossero accontentati del geocentrismo aristotelico, non avrebbero potuto mostrare che nell’antichità classica Aristotele su questo, ebbe toro, mentre aveva ragione Aristarco di Samo, che era per l’eliocentrismo.

Sant’Anselmo d’Aosta, per ciò che sto per scrivere rimproverato da Tommaso d’Aquino, diceva che Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di più grande (Deus est id quo magis cogitari nequit, Proslogion). San Tommaso lo rimproverava di cercare di “provare” l’esistenza di Dio con un “ente-di-ragione”, un pensiero, un sillogismo contratto (o entimema), ma lui, Tommaso, non seppe fare di meglio con le famose cinque “prove” cosmologico-metafisiche, che lo lasciarono insoddisfatto e gli suggerirono di scusarsi con Dio stesso.

Infatti, se si cerca di mostrare l’esistenza di Dio con le forze della sola ragione, si è destinati alla sconfitta.

Da ultimo, per abbellire questo misero trattatello…

I TRASCENDENTALI.

Ogni ente comprende in sé l’uno, il vero e il buono, per cui si può dire che l’essere è uno, vero e buono. Dire che l’essere è uno significa affermare che esso è intrinsecamente non contraddittorio, ma anche in questo caso l’ente si predica di Dio e dell’uomo solo per analogia. Dio è veramente semplice, l’uomo è un’unità per composizione (essenza + actus essendi).
Il vero è un trascendentale dell’ente nel senso che ogni ente e intelligibile. Ma ciò può dirsi in due sensi: da un lato, per affermare che esiste una verità ontologica e dall’altro per affermare che esiste una verità logica che è l’adeguazione della nostra mente all’oggetto (adaequatio mentis et rei). La verità di un ente dipende dal grado di essere che possiede ecco perché Dio è sommo ente e quindi somma verità.
Infine, tutto ciò che è, è anche buono perché è frutto della bontà diffusiva di Dio. in questa luce Dio si presenta come Sommo bene.

E, per veramente terminare, una definizione di Logica Simbolica, della cui esistenza ero ben conscio e per l’acquisizione di alcuni rudimenti son grato al padre Giovanni Bertuzzi da Bologna.

Logica matematica è il nome assegnato da Giuseppe Peano a quella che era già nota come logica simbolica o anche formale. 

Si tratta sostanzialmente della logica di Aristotele, ma viene scritta nei termini dell’algebra astratta e della combinatoria.

Chi, tra i miei lettori, fosse interessato ad approfondire questo argomento, oltre a cercare i testi del padre Raimondo Lullo (XIII sec.) e di Johann Gottfried Leibniz (che potrebbero creare qualche problema… logico), farebbe bene a ricorrere al meraviglioso testo edito da EDB di Bologna, di Joseph Bochenski, oppure alle lezioni on line del padre Basti.

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