Che nostalgia di Tribuna Elettorale! O forse della mia prima giovinezza
…quando vedo conduttori (tipo Parenzo o Del Debbio) e conduttrici tv (tipo Gruber) dei nostri tempi. Militanti e “di parte” fino a fare sorgere un principio di nausea. A me, ovviamente. E, penso, non a pochi.
Per spiegarmi con chi non ha consuetudine con i miei scritti (cf. – se vuoi – il mio blog omonimo oppure www.sulfilodisofia.it), specifico che non ce l’ho con la militanza politica di chicchessia, anzi, al contrario: di questi tempi dovrebbe riprendere a respirare la militanza appassionata, vista anche la drammatica discesa della partecipazione dei cittadini al voto. Ce l’ho con chi confonde la militanza (anche giornalistica), con una posizione politica e quindi l’appartenenza a una ideologia socio-politico-morale con un ideologismo che gli impedisce di vedere ciò che di buono eventualmente compie la parte politica avversa. Evenienza plausibile, secondo logica e secondo natura delle cose, non impossibile, nevvero signora Elly? Interloquisco qui con la segretaria del PD perché esemplare nel non riconoscere mai il benché minimo merito negli avversari politici, peraltro ben imitata dai Conte, dai Salvini, dai Renzi etc.
Specialmente negli ultimi anni (duole a me dirlo), soprattutto la sinistra che ha perso le ultime elezioni politiche, pare non accettare la legittimità costituzionale e democratica che governi (ovvero, sia permesso di governare alla) la controparte di centro/ destra.
Un esempio: circa i referendum consultivi/ abrogativi convocati per l’8 giugno prossimo, c’è chi se la prende con chi invita all’astensione, mostrando una notevole ignoranza politologica e storica, poiché: a) la Costituzione della Repubblica Italiana non obbliga nessuno a partecipare al voto, che è un diritto/dovere, e in questo caso al voto referendario; b) negli ultimi trent’anni, nell’occasione di vari referendum, diverse forze politiche, di centro, di destra e di sinistra hanno invitato gli elettori a non andare a votare, a seconda delle rispettive convenienze politiche del momento.
In questo caso, a fronte di qualche improvvida, rozza e inutile esternazione del Presidente del Senato La Russa che dice coram populo che ci penserà se andare a votare o meno, ma che farà propaganda per l’astensione, c’è – sul fronte dei propositori del “sì” e della partecipazione al voto – uno straordinario e caiafesco stracciarsi le vesti (simile al comportamento del Sommo sacerdote Caiafas dinnanzi alle risposte di Gesù di Nazaret durante l’interrogatorio del Giovedì Santo), con ambiguità marchiane e contraddizioni sesquipedali. E pensare che il Presidente del Senato è laureato in giurisprudenza, e quindi ha (dovrebbe avere) studiato diritto costituzionale. Ma non mi meraviglio, perché non pochi laureati che conosco personalmente sono addirittura dei perfetti cretini, o dei mediocri. E quindi…
Può capirmi nella mia rievocazione nostalgica di Tribuna Politica chi negli anni ’60/ ’70, come me bambino e adolescente, cominciava ad avere curiosità per la politica e per l’uso di ragione in rapido sviluppo, cominciava a guardare la giovane Tv italiana, quando il Governo Fanfani chiese alla Rai di cominciare a trattare di politica, coinvolgendo e interrogando i politici coram populo, per dare senso e contenuti alla partecipazione popolare.
E fu inaugurata la Tribuna Politica sull’unico canale Tv della Rai. In bianco e nero.

(Jader Jacobelli, conduttore storico di Tribuna Politica)
La nostalgia nasce immediatamente da un confronto con l’attuale dibattito politico pubblico, costituito dalle dichiarazioni noiosissime del “politico qualsiasi”, passeggiante per Roma, spesso con fare ciondolante, intercettato per strada, che di prima mattina ha già preparato la frase entusiastica (se fa parte della maggioranza attuale) o polemica (se fa parte dell’opposizione attuale), da ammannire davanti al microfono-simil-gelatone del cronista; dagli scambievoli insulti che i politici dei due schieramenti si scagliano senza requie nel corso di penosissimi talk show, dove il conduttore fa di tutto per rendere il clima incandescentemente polemico, senza essere mai dialogico e rispettoso tra le parti.
Un altro aspetto: a seconda che il canale o il foglio quotidiano penda da una parte o dall’altra, le domande sono sempre retoriche a risposta prevedibile, epistemologicamente suggestive, e quindi scorrette, come insegnano le buone norme del diritto civile e penale. Uno può obiettarmi che i giornalisti non sono tenuti a tale rispetto, e che debbono escogitare tutti i marchingegni retorici per provocare reazioni vendibili, magari in programmi ampiamente finanziati dal marketing. Vero, ma schifoso.
Dei politici faccio solo due nomi, gli unici che attualmente a mio parere riescono ancora a dialogare pubblicamente, e sono collocati uno per parte politica, a sinistra Paolo Gentiloni e Antonio Tajani per l’altro schieramento. Quasi tutti gli altri non ce la fanno, o non ce la possono fare, o non vogliono farlo. Specialmente le giovani leve alla prima elezione, perché devono sgomitare per farsi largo e dunque “largheggiare” nelle iperboli e negli insulti.
Vi sono conduttori che cercano di costruire un minimo di dialettica (un Andrea Pancani de La 7), mentre altri sono specializzati nel litigio condito di momenti di vergognosa disonestà intellettuale (un David Parenzo de la 7 e un Paolo Del Debbio delle reti di Mediaset).
Torno alla Tribuna Politica di mezzo secolo fa. Un conduttore invitava i rappresentanti delle Forze politiche (molto spesso partecipava il segretario politico del partito) senza trascurarne alcuno, che interpellava sullo stato della politica nazionale, sui progetti delle varie forze politiche, favorendone un confronto dialogico anche serrato. Ma mai maleducato come accade oggi nei talk show condotti da personaggi intenzionati a provocare la polemica fine a sé stessa, perché sanno che così l’audience cresce, e se l’audience cresce si vendono meglio gli spazi pubblicitari.
E’ grave se questo criterio prevale sul Bene comune informativo, e anche formativo della coscienza civica, cui la politica deve dedicarsi per assunto primordiale e morale.
Erano tempi, quelli, in cui il popolo non sapeva le cose in tempo reale e la pensava così, a volte anarchicamente bestemmiando:
“O papa santità contaminata/ capo di serpe infame e bruta/ mazzo degno di una pugnalata,/ data con mano ferma e risoluta./ Se finito lu tempo quando eri potente/ quando scomunicavano agli ignoranti,/ ma ora che scomunichi i barbuna/ non vali neanche il sciaccuo per i piedoni.//
e anche
“O Roma capitale di curcagna/ Roma che sei ridotta alla vergogna/ ministri e deputati in coppa magna/ siete aggrappati tutti alla masticogna./ Vi state rosicchiando l’Italia senza/ che ne avete la vergogna./ E tu povero contadino non vedi/ come ai ridotto la schiena.” (“poesia” popolare raccolta da un amico siculo e da lui imparata dal padre, che ne era l’autore).
Testi associabili alla letteratura popolare popolana ottocentesca, capace di ispirare i Pasquino e i Belli.
Sarà perché la nostalgia canaglia prende quando si volge il pensiero al passato, che non è vero fosse meglio del presente, è vero il contrario, ma non nella comunicazione politica, che oggi è stomachevole, disinformante e disonesta.
Post correlati
0 Comments