Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

L’Italia è una grande Nazione. La prima del mondo, senza arroganza, per arte e bellezze paesaggistiche, tra le più importanti per storia, letteratura, musica. Tra le prime sei o sette per potenza economica, la seconda d’Europa per manifattura industriale, la prima per la meccanica. E poi ci sono diversi “moscerini” che i miei occhi colgono, in Italia, soprattutto promossi dal mezzo televisivo. Sono gli “inutili”, i “sopravvalutati”, gli “arroganti”, i “dannosi”, gli “irritanti”, gli “inadeguati”, “radical chic” e i “pericolosi” (anche al femminile)

Non farò nomi da allocare in ciascuna delle categorie “antropologiche” del titolo. Mi limiterò a descriverli, e ad attribuirli a ciascuna delle categorie stesse, lasciando al lettore il compito (se vuole) di “indovinare” di chi si tratta.

Ubique praesentes viventesque

I panegirici televisivi e giornalistici per la dipartita dell’uomo che (si dice) ha (abbia?) inventato i talk show , o addirittura la televisione di intrattenimento italiana, mi nauseano. Ora è-tutto-un-dire “che bravo“, “che innovatore“, “il linguaggio televisivo con lui è cambiato“, e via lodando sperticatamente. Non una critica, mai un dubbio. Pare si faccia sempre così con i morti. E’ un vizio italiano, e forse non solo italiano. Temporis personarumque actorum laudatores.

Spero che non sarà altrettanto per me, quando verrà il mio tempo, con tutti i difetti che ho! Se faccio mente locale sul soggetto in questione, vedo un ometto ingrassato, in ultimo spesso farfugliante, ben capace di rivolgere domande assai banali – a mio giudizio – al suo interlocutore; di lui ricordo anche insinuazioni e motteggi vari, e un sorriso talora subdolo o corrivo. Lo tratto in questa sede come penso si meriti, anche per l’indecoroso processo di squallida beatificazione, e blasfema (ipallage retorica) che si vede in tv. Dimenticavo: un uomo sempre uso ad un linguaggio romanesco capace di semplificar banalizzando perfino il dramma. E a toni scanzonati e acri. Il “tutto” oggi così ammirato dal sentir comune pubblicizzato da media. Appunto, dai media: sembra che l’opinion (non è inglese, ma un troncamento) prevalente sia quella descritta, perché la mia opinione, ad esempio, così come qui rappresentata, non ha spazio. Anzi sì, perché anche il mio blog è un medium! (pronunzia medium), peraltro visto da qualche migliaio di persone al mese. Un sopravvalutato… il “nostro”, a mio avviso.

Un altro, che si vanta di essere allievo del sopra citato. Guitto siculo che pensa di far ridere con il nulla, perché sale e teatri colmi di persone lo attestano. E’ l’audience, la prepotente audience. Onnipresente, capace di battute che paiono esilaranti, ma a me fanno solo pena. Sarà perché io ho uno scarsissimo sense of humor, essendo difficile smuovere in me l’ilarità con motti di spirito, o perché le sue battute sono trite, ritrite e inefficaci? Che sia io insensibile o lui banalotto?Ubi ilaritatis praesentia vere stat? Aggiungo: costui invecchia tagliandosi i capelli e mollando i baffi. Emerso dai villaggi turistici dove potrebbe utilmente tornare. Colà non mi incontrerebbe mai. Inutile… sempre a mio parere.

La moglie del primo citato, dalla voce infelice, raduna palestrati giovinotti e inclite giovinette per false riflessioni televisive sull’esistenza e sui valori, ma da intendere come virtù, accezione che lì non è chiara, anche se certamente non come li intendevano i “bravi ragazzi” della banda della Magliana. Perché anche i criminali hanno i loro “valori”: li chiamano in questo modo. Ma non basta non assomigliare a quei criminali, perdio! Pedagogicamente, secondo me, pericolosa.

Eccone un’altra: intrattenitrice, comica, ex insegnante di lingua italiana. Non sono un bieco moralista che si scandolizza (“o” in luogo di “a” aulico) per una parolaccia. Però, est modus in rebus, e questa donna mi sembra ecceda un po’ nel dirle, le parolacce, in orari di visibilità infantile. Non capisco se il suo agire sia tale per vendere qualche cosa… Militante volgare. Inadeguata, parmi.

Furbetti e muςiςins (pron. – imprecisamente, perché non conosco i segni fonetici – muchichins, subdolo, in friulano della Bassa) un uomo di tv e uno che dell’essere contro-la-mafia ha fatto un mestiere ottimamente retribuito. Furbetti, sine ullo dubio, opinione mea.

C’è un Ministro della Repubblica che, a fronte di un’aggressione a giovani studenti davanti a un liceo fiorentino da parte di un gruppo di picchiatori neofascisti, e di una lettera di riflessione filosofica e pedagogica sul grave fatto rivolta agli studenti scritta dalla preside di quella scuola, si premura di bacchettare quest’ultima, mentre non spende una parola o un rigo per segnalare il fatto dell’aggressione, in sé gravissimo, che deve certamente provocare sdegno, indignazione e pensiero critico per il sostrato cultural-politico preoccupante dell’aggressione. Inadeguato, a mio avviso. Meritevole di sostituzione, sia lui o meno d’accordo.

Arrogante: un conduttore televisivo che, quando parla, gli si arriccia la faccia in un ghigno terrificante. Invecchiato male, molto male. Questi ha lavorato, sia per la Rai, sia per Mediaset, sempre ottimamente retribuito, come usa in quei mestieri quando fai audience, non importa se informi o dis-informi. L’arroganza di questo signore ha anche caratteristiche – per me evidenti – di immoralità.

Irritanti: sono, nel mio immaginario, almeno due (tra molti altri): il primo è un giornalista padre padrone del suo quotidiano. Questo signore, spesso autore assai ineducato e perfin violento nel linguaggio, è irritante ancor di più per i toni irridenti e falsamente tranquilli. Per valutarlo non si devono dimenticare, oltre a giudizi largamente condizionati da pre-giudizi (che sono giudizi incompleti e non correttamente documentati, nonostante la boria dei toni e le continue assicurazioni sulla validità delle fonti), anche la sua ondivaghezza sempre rafforzata da una assertività proterva che può ingannare il lettore meno attento. Facile intravederne il nome e cognome. Sta a sinistra, ma con cattiveria (mia convinzione dove l’avversativa “ma” potrebbe anche essere omessa). Il secondo idealtipo rappresentante della trista categoria, sempre giornalista è, ma non responsabile di una linea politico-mediatica. Le sue “colpe” sono di carattere meramente “tecnico”, nel senso che, essendo un “lettore di telegiornali”, si espone ogni giorno per almeno mezz’ora al giudizio di chi ascolta la sua pronunzia affannata e affannosa, un respirar sbagliato, e un continuo errare (nel senso di sbagliare, non di girovagare) nell’accentazione dei termini, del tipo “àmministratore” in luogo di “amministratòre”, oppure “vìcepresidente” invece di “vicepresidènte” e via elencando: almeno un fastidioso errore ogni tre o quattro parole. Noto questo fenomeno ed est mihi non sopportabile. Irritanti, ripeto, per me.

Fasulla mèntore del politically correct è una scrittrice, come suolsi dire, engagé. Dovrebbe bastare per considerarla militante (a volte il/ la “militante” assomiglia a un/ a militonto/ a) di una corrente di pensiero quantomeno dannosa, in buona compagnia di una ex funzionaria dell’Onu, assurta poi ad altri compiti istituzionali e ora parlamentare. Dannose, a mio tranquillo avviso.

Tra i noiosi annovero due “campioni”: uno è un politico “nato” tre o quattro anni fa, con la sfiga di un timbro vocale fastidioso e comportamenti da fuoriclasse dei voltagabbana, mentre l’altro fa un mestiere diverso, l’allenatore di calcio in serie A, da un paio d’anni di una squadra gloriosissima e a me non antipatica. Siccome del primo ho scritto e riscritto in questi anni talmente tanto da annoiarmi anche al solo ricordarlo, mi soffermo un momento sul secondo tipo, raccontandola così: “Stamane sono in viaggio in auto e ascolto Radio Sportiva, che lo intervista. Prima che inizi a parlare prevedo, conoscendo i tratti e il dizionario lessicale del suo modo di esprimersi che, entro le prime cinque parole che pronunzierà, dirà un fatidico aggettivo con copula, costituente il predicato nominale: “E’ normale“… e lui inizia addirittura proprio con il sintagma “E’ normale“, prima e seconda parola, e poi, dopo una decina di termini detti, lo ripete. Chiudo la radio.”

Tre milioni e mezzo di stipendio annuo (nessuna gelosia da parte mia, in rima), come, più o meno, l’Amministratore delegato di Stellantis (Fiat). Proprio noiosii due, a mio avviso (ed è dir poco).

Come posso, infine, dimenticare almeno due conduttrici televisive, una gratificata in modo decisivo dalla sua filogenesi, l’altra “campione” di spocchiosa arroganza, nei tratti e nella postura. Se sopporto (senza supportare) la prima, non digerisco in alcun modo la seconda. E, proprio da ultimo, una o due campionesse delle vacanze a Capalbio, “quella che nella cuccia del cane si trovarono ventimila euro”, e quella che dirige giornali e scrive, ma soprattutto l’importante è apparire. Si fa sempre più difficile indovinarne i profili. O no?

Dispiace constatare che diversi di questi idealtipi weberiani stiano da una parte politica che mi sta a cuore. Fors’etiam è per queste ragioni che, da tempo oramai, questa parte politica… perde.

Il rischio che pavento, infine, per me e per tutt’Italia, è che a questo elenco io debba ben presto aggiungere un’altra persona appena ieri assurta a un ruolo politico rilevante, che ha appena annunziato con solenne puntiglio “Saremo un bel problema per il governo Meloni“. Bene, faccia opposizione, ma non contro l’Italia.

Così come da mio intendimento osservato in questo scritto, ne taccio il nome, Patriae caritate.

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