Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Le quattro anatre

Guccini cantava “cinque anatre volano a Sud…”, io invece, in una mattinata marzolina ero nella grande piazza della città. Una della più grandi d’Italia, la seconda del Nordest dopo il Prato della Valle di Padova, a Udine: Piazza I Maggio, sovrastata dal leggendario Castello, che è una collina (residuo della morena glaciale di migliaia di anni fa) da cui si tramanda che il re unno Attila ammirò l’incendio di Aquileia. Leggende. Tutt’intorno ampie strade e palazzi, luoghi di convivio e per manifestazioni e passeggio di signore, di uomini e cani.

cinque anatre stanno…

Sullo sfondo stanno il nobile Liceo ginnasio della mia gioventù, la Basilica dedicata alla Madonna delle Grazie, che fece un’antica grazia e poi tante altre, custodita dai Servi di Maria, tra i quali qualche anno fa meditava e insegnava il Padre David da Coderno di Sedegliano. Poeta, predicatore. Così mistico ma a volte scostante, e perfino un po’ antipatico. Furlano, a tre e sessanta, come c’a si dîs.

A un tratto lo starnazzare improvviso di un uccello mi fa girare lo sguardo. Un’anatra selvatica marroncina, una femmina, svolazza per sfuggire all’assalto di tre coloratissimi maschi che, si vede, la “desiderano”. Commento con un passante: “Sono germani reali, i tre maschi sono fatti come noi umani maschi“. Ci si sorride.

Lo starnazzamento continua perché i tre maschi inseguono decisi la femmina che li distanzia con piccoli svolazzi. Lo straordinario accade subito dopo… Prima uno degli “anatri” comincia a staccarsi da gruppo e si ferma, poi un secondo, si ferma. Nel frattempo la femmina, volata avanti per una quarantina di metri, sta ferma. Allora, il terzo maschio, camminando lentamente ma con decisione si avvicina alla femmina, che lo sta aspettando! Raggiuntala, si mettono a camminare l’uno al fianco dell’altra, come un signore e una signora, verso di me che intanto li avevo preceduti.

Alle mie spalle nel frattempo stavano arrivando dei bimbi; si vedeva che erano un paio di classi delle elementari con le rispettive maestre. Mi rivolgo alle due signore dicendo: “Buongiorno maestre, posso spiegare ai bambini che cosa ho appena visto“. Il loro sorriso mi dà la parola. I bimbi mi guardano, mi ascoltano attenti e nel contempo si accorgono dei due volatili che si stanno avvicinando.

Non finisco di spiegare che già i piccoli e le piccole hanno in mano i telefonini e con gridolini di meraviglia si mettono a fotografare i due animali, che paiono mettersi in posa.

Il gruppo si ferma, commenti, parole, qualche starnazzo, ma quasi “gentile”, da parte dei due uccelli che sembrano molto interessati all’incontro. I bimbi osservano con interesse il dimorfismo sessuale tra i due animai e chiedono alle maestre: “Perché il maschio è più bello della femmina?” Infatti il “germano” è multicolore e di un verde cangiante sul collo, mentre la “germana” è (solo) di un marroncino diffuso. Le maestre esitano a rispondere, poi lo fanno con qualche imbarazzo: “Perché i maschi devono interessare le femmine, farsi scegliere, e allora madre natura li ha resi più appariscenti…, così possono avere più possibilità di trovare una compagna e di far nascere i paperini…” Silenzio. Chissà cosa passava per ognuna di quelle testoline. Forse un paragone con gli esseri umani, forse.

Quando ero bambino come loro, sette/ ottenne, non sapevo bene come nascessero i paperini, e neppure come venissero al mondo i bambini.

Me ne vado pensando che io sono nato e vissuto tra gli animali da cortile, non nel pollaio, ma contiguo al pollaio, e per me vedere galline, anatre, oche, tacchini e conigli, e anche il maiale, era il quotidiano, e per quei bambini no.

Un mondo cambiato, in qualche modo non in meglio.

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