Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Le “Colonne di Eracle” che ogni giorno e in ogni situazione ciascuno di noi incontra e deve decidere di superare

Forse (anzi, senza forse) non è stato l’Ammiraglio del Mare Oceano don Cristobal Colon (se vogliamo chiamarlo alla spagnola) ad arrivare per primo tra gli Europei in “America”, ma furono i Vikinghi, che però non lo dissero né lo scrissero, mentre è sicuro che popolazioni asiatiche arrivarono in Alaska tramite lo Stretto di Bering ghiacciato (basti considerare le rassomiglianze somatiche tra nativi americani e genti siberiane), e forse furono anche navigatori greco-fenici ad arrivare, portati dai venti e dalle correnti, sulle sponde di qualche isola caraibica, senza comunque rendersi conto di essere arrivati su un nuovo continente. I Fenici, poi, questo ora è attestato, già riuscirono, mille e più anni prima di Vasco da Gama a circumnavigare l’immensa Africa.

Poi, il grande doppio continente occidentale prese addirittura il nome di un mercante navigatore fiorentino, Amerigo Vespucci.

Sto riflettendo sulle “Colonne di Eracle” come metafora del nostro pensare e agire. Ogni giorno dobbiamo superare delle Colonne d’Ercole, nella nostre vite… sia nel pensare, sia nel dire, sia nell’agire.

Un’immensa metafora, anzi un’allegoria!

Noi umani abbiamo limiti di tutti i generi e specie. Ne siamo consapevoli, solo che non li conosciamo. Un esempio: il primato del mondo dei 100 metri piani è di 9,59 centesimi e appartiene da quasi un quindicennio al giamaicano Usain Bolt. Alle Olimpiadi di Atene del 1896, le prime dell’Evo moderno, il vincitore dei cento metri fece circa 12 secondi netti e avrebbe preso, dia-cronicamente, 25 metri di distacco da Bolt in una ipotetica stessa gara.

La domanda può essere la seguente: che limiti si possono ipotizzare per questa gara? Due secondi netti? Pare proprio di no, perché un tempo del genere potrebbe essere realizzato da una struttura fisica ben diversa da un atleta contemporaneo… ci vorrebbe un uomo altro una quindicina di metri con una falcata in proporzione, per cui in tre falcate da trenta metri potrebbe completare i cento metri della competizione. Si tratta dunque di ipotizzare solo un progressivo miglioramento del primato mondiale dei cento metri, affinandone la misurazione, dai decimi e centesimi di secondo attuali, ad ad altre e successive suddivisioni decimali fino al milionesimo e al miliardesimo di secondo, e a seguire…, corrispondenti a centimetri e sottomultipli di spazio percorso dall’atleta, come nel paradosso di Achille piè veloce della tartaruga del grande Zenone di Elea, duemila e cinquecento anni fa.

Nella vita umana poi abbiamo altri limiti, di tutti i tipi, fisici, psicologici, relazionali e morali.

Proviamo ad esaminarli brevissimamente: circa la corporeità siamo mediamente nelle condizioni di vivere una vita equilibrata, adempiendo ai vari ruoli operativi che la nostra vita richiede, dalla condizione operaia a quella di un lavoro intellettuale: è indubbio che lo sviluppo positivo della legislazione del lavoro ha progressivamente migliorato le esperienze esistenziali della maggior parte degli Italiani, a partire dal dettato costituzionale, una situazione che permette anche a chi arriva in Italia da altri lidi e territori, di godere di una situazione, in generale, migliore di quella di quasi tutti i paesi del mondo, checché ne dicano i critici di mestiere che allignano, oltre che in millanta luoghi, nella politica e nei media. E’ evidente che, siccome la maggior parte di noi non detiene record mondiali di qualche disciplina sportiva, i nostri limiti ci sono evidenti, anche se non mai del tutto esplorati, perché forse nemmeno ci interessa esplorarli.

E invece dovrebbe interessarci. A me interessa molto esplorare i miei limiti. Lo ho fatto sempre, come nell’ascensione di una montagna, laddove mi sono sempre curato di non superare quanto sapevo di poter fare, ma tentando, con l’acquisizione di maggiori conoscenze dell’ambiente fisico e climatico montano, di provare salite un po’ più difficili delle precedenti (Cima Civetta per la Ferrata degli Alleghesi dopo il Coglians per la Ferrata della parete Nord): niente di paragonabile alle imprese di un Walter Bonatti, cui caratterialmente ed eticamente mi sono sempre sentito molto affine, ma comunque qualcosa che i più non praticano. Senza iattanza, ma anche senza paura.

Altrettanto, più o meno, si può affermare delle condizioni psicologico-relazionali, che però dipendono molto dai nostri comportamenti, se godiamo di una accettabile salute mentale. Suggerisco di non cedere alla tentazione di misurare la nostra intelligenza, mediante i test sul QI propagandati a iosa sul web e nei talk show più vieti, perché l’intelligenza non è misurabile quantitativamente, salvo alcuni aspetti di soglia cognitiva che meritano attenzione (le oligofrenie).

Ricordo al mio gentil lettore che il grande e amabile dottore Basaglia sosteneva che non si tratta di dividere il mondo degli umani in matti e savi, ma solo di considerare una scala della follia dalla cosiddetta “normalità” in giù (o in su se si considera i confini mostrati da mille casi tra follia e genio!). Per il resto, rinvio a letture specializzate e anche a qualche mio approfondimento qui presente, nel tempo.

Circa i limiti relazionali abbiamo responsabilità soggettive enormi.

Ognuno di noi può avere buoni, medi o pessimi rapporti con gli altri, dipende dal nostro atteggiamento, ma essi decidono gran parte delle modalità collaborative sul lavoro e in ogni luogo e situazione dove si svolgano attività organizzate. Sotto il profilo personale e dialogico con l’altro, i limiti relazionali decidono della qualità del rapporto, potendo rafforzarlo, oppure indebolirlo fino a distruggerlo. A volte i limiti relazionali, se non consapevoli (lo abbiamo visto) possono portare anche a drammi e tragedie, come l’aggressione e l’uccisione delle donne da parte dei maschi, specialmente i più vicini alle vittime. Ne abbiamo già scritto a iosa.

Circa, infine, i limiti morali, che confinano, da un lato nella virtuosità santificante e nell’eroismo, da un lato, e nel delitto criminale fino ai massimi orrori, dall’altro, il discorso potrebbe proseguire per molto, per pagine e pagine fino a riempire grossi tomi. L’etica praticata richiede necessariamente la conoscenza dei propri limiti personali, che sono, prima ancora che di conoscenza filosofica del bene e del male, di conoscenza di “come-si-è-fatti” come esseri umani, cagionevoli e spesso poveri di spirito, nel senso di poco intelligenti, conoscenza che permette una sorta di intuitività naturale, di coscienza, di ciò che sia bene e di ciò che sia male.

La violenza, infatti, è figlia dell’ignoranza e di una intelligenza scarsa o punto presente, se non nei limiti animali (absit iniuria verbis animalibus aliis) dell’umano.

Ricordiamo pure la metafora delle Colonne di Eracle-Ercole, e del loro superamento a navigare nell’Oceano Mare, novelli Fenici dell’anima.

Post correlati

0 Comments

Leave a Reply

XHTML: You can use these tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>