Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Un Ebreo romano di 85 anni racconta in tv della sorellina afferrata dal lattaio, Roma 15 Ottobre 1943, che le dà uno schiaffo e la strappa dalle mani del milite SS, pronto a caricarla sul camion per Auschwitz. Sarebbe stata il “prigioniero 1368”, è rimasta in vita fino a qualche tempo fa

Roma d’autunno, Piazzetta del Ghetto piena di gente, passanti, artigiani, donne che si affrettano perché hanno subodorato qualcosa di molto brutto, le donne capiscono prima degli uomini certe cose, bimbi che ruzzano ignoranti nelle strade polverose, figure di militi marziali in orbace, impettiti, fascistissimi, e SS germaniche agli angoli delle strade, armate e guardinghe. Qualche camion si avvicina. E si capisce: l’anno successivo ci sarebbe stata Via Rasella.

E’ una retata, un rastrellamento. I Tedeschi sono a caccia di Ebrei per portarli via. Ne porteranno via 1367, se ricordo bene, e di questi solo 16 faranno ritorno, perché gli altri moriranno nei lager polacchi. I più ad Oswiecim, Auschwitz.

Uno Sturmbannführer, grado delle Waffen SS, corrispondente a un maggiore della Wehmacht, quattro punti argentati su una mostrina del colletto, biondo e bello, alto un metro e ottanta abbondanti, men che trentenne, occhiceruleo, stivali lustrati e divisa grigio ghiaccio inappuntabile, rasato, pistola d’ordinanza Lueger in pugno, seguito da due subalterni con i mitra, guata tutt’intorno e s’accorge che c’è una bimba senza guinzaglio e si avvicina a lei. Rauco e secco urla un latrato: “Stoppen!” Vuole metterle il guinzaglio per portarla via.

La bambina lo guarda, occhi verso l’alto, si guarda in giro in cerca di qualcuno e trema, e poi barcolla.

Il gesto è improvviso, il soldato in grigio la prende per un braccio e comincia a trascinarla verso un camion che all’improvviso è comparso all’angolo della strada. La piccola si divincola con tutta la forza che ha, poca, insufficiente per sfuggire alla presa.

Urla si sentono provenire da portoni spalancati, perché uomini e donne, vecchi e bambini sono afferrati brutalmente dai soldati tedeschi. E’ un rastrellamento. Anche l’Italia deve dare il suo contributo alla strage più oscena della storia umana.

La bimba urla a più non posso, con voce rotta da singhiozzi terrorizzati.

All’improvviso, dall’uscio di un negozio di lattaio esce sbracciandosi il commesso, anzi il padrone, perché ne aveva il tono: “E’ mia figlia, lasciatemela, quella discola… la stavo cercando, scappa sempre, ora la sculaccio ben bene“. Il milite in grigio si ferma attonito. Non se lo aspetta, perché si trova nel Ghetto, e dunque tutti gli esseri umani colà presenti devono essere Ebrei per forza.

Il soldato si blocca tenendosi però ben stretta la bimba che piagnucola, tra un urlo e l’altro.

Allora il lattaio, avvicinandosi a portata di mani, le somministra un solenne schiaffone, con una forza anche superiore al necessario. E il pianto della bimba aumenta, anche per il dolore sul volto arrossato.

Il milite si oppone perché non capisce, ma qualcuno dei suoi che si era avvicinato e capiva l’italiano, gli spiega concitato che il lattaio è il padre della bimba e il lattaio non è ebreo, perché altrimenti non avrebbe potuto avere il negozio. Gli Ebrei erano già stati emarginati fin dal 1938 da tutte le attività economiche o quasi. In centro a Roma poi era impossibile che un Ebreo gestisse un negozio in pieno 1943.

Malvolentieri il grigio milite abbandona la presa, la bambina schizza via e dietro le va, correndo, il lattaio. La piccola non aveva capito nulla, perché era solo spaventatissima. In ogni caso bimba e lattaio erano spariti dietro una curva, e ciò che seguì fu solo che il lattaio riuscì a raggiungere la piccola, che aveva perfino perduto le sue scarpette di pezza, la catturò, la ammutolì chiudendole la bocca, e se la portò a casa.

Così le salvò la vita.

Roberto Rossellini ha raccontato la tragedia del 15 ottobre del ’43 nel film Roma città aperta, con una struggente Anna Magnani. In bianco e nero. Il racconto qui riportato è un pezzo di verità su quei tragici giorni.

Questo dunque e il racconto del fratello di quella bambina, più vecchio di lei, lui allora era nascosto da qualche parte.

Lei invece, sfuggita alla morte oscena, è mancata qualche anno fa, libera.

Ebrea italiana, cittadina del mondo. E nonostante tutto molti ancora non lo accettano,

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