Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Le fonti delle notizie, tra fake news e verità

L’occasione per parlare del rapporto tra verità e fake è drammaticamente offerta dalla tragedia dell’ospedale battista colpito a Gaza, dentro la tragedia attuale dello scontro tra Hamas, questa organizzazione socio-politico-terroristica e Israele.

Leggere su L’Unità diretta da Piero Sansonetti, gran saltimbanco della comunicazione (negli ultimi vent’anni, prima direttore “comunista” del quotidiano di Rifondazione Comunista, in seguito direttore “riformista” dell’omonimo quotidiano ora guidato da Matteo Renzi e ora direttore del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, almeno per il nome dato al giornale, L’Unità), il titolo del 18 ottobre 2023 “Israele ammazza i bambini” e quello del 19 “Si devono chiarire le responsabilità“, colpisce, ma non più di tanto, perché nei media si osservano fenomeni e comportamenti di tutti i tipi, analogamente a ciò che accade nella politica attuale. Mi fermo sul tema, perché l’episodio, in sé, è oltremodo importante.

Non io che qualcosa so e capisco, ma il lettor comune de L’Unità (povero compagno Gramsci!) o di un altro quotidiano qualsivoglia, il telespettatore che vede e ascolta su una qualsiasi Rassegna stampa mattutina tv tali incongruenze, cosa può pensare? O che il titolista (probabilmente il direttore, in questo caso) è ammattito, o che volutamente intende rimediare agli aggiornamenti ricevuti successivamente sui tragici fatti raccontati, che hanno ribaltato il senso dell’informazione, e confondere le acque, proponendo in due giorni successivi due tesi pressoché opposte. In ogni caso gravemente lesive del diritto di informazione dei cittadini.

Quante notizie false sui media! Il potenziamento e la diffusione geometrica dei media ha aumentato in proporzione la disinformazione generale del pubblico dei lettori/ ascoltatori.

Se solo una quarantina di anni fa, senza internet e i social, si sapevano le notizie, specialmente quelle gravi o drammatiche dai tg e dai radiogiornali della sera, da qualche anno, si sanno in tempo reale, anche nel momento in cui accadono. Un esempio di pochi giorni fa: il terrorista assassino di Bruxelles veniva inquadrato dalle telecamere e in tutto il mondo, mentre si aggirava ancora, prima di fuggire su uno scooter, per il centro della città, AK 47, il Kalasnikov, imbracciato e avrebbe potuto uccidere ancora, in diretta.

Torno sulla notizia fasulla e quella corretta e sui loro diversi effetti: Alla notizia del missile israeliano si sono sollevate le piazze di mezzo mondo, e più. Alla notizia che non era vero, non è successo niente, ovvero, le piazze non hanno avuto una resipiscenza, perché l’avversione a Israele è più profonda e resta costantemente in attesa solo di un’occasione propizia per scatenarsi. Certamente, qualche decennio fa, per correggere una informazione falsa verso il pubblico, passava più tempo.

Facciamo un esempio: se non fosse stato vero l’attentato all’Arciduca Francesco Ferdinando e a sua moglie Sofia a Sarajevo nel 1914, perché Gavrilo Princip non aveva fatto a tempo a raggiungere la carrozza imperiale, perché non c’erano stati intoppi nel traffico (fu infatti un intoppo viario a presentare gli imperiali davanti alla pistola dello studente), per cui non sarebbe stato emanato l’ultimatum Austro-Ungarico alla Serbia, né si sarebbero mosse le truppe (peraltro già pronte, perché l’Impero aveva da tempo intenzione di schiacciare un pochino il Regno di Serbia), né sarebbe stata scatenata la Prima Guerra mondiale, forse la Storia del mondo sarebbe stata diversa. Chi lo sa, anche se la storia non si fa con le frasi ipotetiche che cominciano con un “se”.

Ciò detto, inviterei a leggere, invece della articolesse dei “campioni” del giornalismo nostrano, il pezzo di Edgar Morin, quasi centenario filosofo francese, pubblicato il 20 ottobre su Repubblica.

La filosofia, lo sappiamo, amplia l’orizzonte della riflessione e del ragionamento logico.

Morin ri-disegna il quadro storico del Popolo ebraico dai tempi della prima diaspora dopo la conquista di Gerusalemme da parte del futuro imperatore Tito nel 70 d. C. Non si intrattiene a narrare le vicende del Medioevo, dei “marranos” cacciati dalla Spagna nel 1492 dalle serenissime maestà cattoliche (titolo conferito loro dal loro conterraneo don Rodrigo Borja, papa Alessandro VI), Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, mentre Cristoforo Colombo, futuro Ammiraglio del Mare-Oceano, “scopriva” le nuove Indie e cioè le Americhe, né sui pogromj della Russia zarista, ma parte dalla – insuperabile per orrore – Shoah, per venire agli ultimi 75 anni, alle vicende accadute soprattutto nella plaga Vicino-Orientale dalla costituzione dello Stato di Israele del 1948, passando per la Guerra dei Sei Giorni del 1967, dello Yom Kippur del 1973 e dei successivi eventi bellici e dei tentativi di pace, come quello, generosissimo, patrocinato dal Presidente USA Bill Clinton, a Oslo nel 1995, tra il generale, capo del Governo socialista Istzak Rabin (in seguito ucciso da un estremista israeliano), e il capo dell’OLP Yasser Arafat.

Morin osserva il comportamento del mondo occidentale cristiano e laico verso gli ebrei, che per millenovecento anni fu caratterizzato da anti-ebraismo religioso e da razzismo “scientifico” (per modo di dire), presente, eccome in tutto il mondo anglosassone.

E le vicende del popolo palestinese, che ha avuto a sua volta un costante “shoah” detta “nakba”, in italiano catastrofe, sia in ebraico sia in arabo.

Invento l’acqua calda se dico che il tema è un problema del mondo, che le potenze generali e locali devono assumere su di sé. C’è da sperare che Israele sappia controllare le proprie velleità vendicative, che sono bibliche e nel contempo coraniche, che i maggiori paesi arabo-musulmani, Egitto e Saudi Arabia vogliano e sappiano controllare le spinte anti ebraiche e anti israeliane che covano un po’ ovunque dove ci sono persone di quella fede, e che queste due spinte positive trovino il modo di allearsi.

Ripeto, infine, quanto già scritto qui qualche giorno addietro: occorre recuperare il dialogo inter-religioso, che è stato molto forte fino alla morte di papa Woytjla, nonostante l’11 settembre newyorkese, e poi si è indebolito.

I capi religiosi, da Francesco, al Gran Muftì di Istanbul, al Grande Imam e Rettore dell’Università Al-Ahzar del Cairo, agli altri capi del policentrismo musulmano, compreso il capo Sciita Alì Kamenei, si trovino in un luogo o piano di dialogo sulla fede nell’unico Dio.

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