Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Brocci laudatio, o “la lode del brocco”: due esempi relativi a: un ciclista italiano presente al Tour de France 2023, incomprensibilmente stra-lodato dai cronisti Rai, che si distinguono anche per tifare insopportabilmente per uno dei più forti corridori del mondo, che non abbisogna per nulla del loro tifo scorretto, e un ex calciatore dell’Inter (definitivamente ex, lo spero per la grande squadra che non si merita comportamenti del genere)

o persona poco capace, dappoco, di scarso talento. Quanti ne conosci, caro lettore? Io non pochi e assai diversi tra loro, anche se molti di essi si sanno – talvolta – nascondere bene, e addirittura riescono ad apparire perfino bravi. Ve ne sono numerosi in tutti gli ambiti e settori socio-economici e culturali, soprattutto in quelli pubblici e più mediatizzati. Molto numerosi li troviamo anche in ambito sportivo.

Ma se ne incontra anche nelle relazioni interpersonali che ciascuno di noi coltiva. Magari non te ne accorgi subito, oppure, se compaiono sintomi fattuali, cerchi perfino delle scuse, perché ti dispiace che il tuo conoscente, o perfino amico, sia individualmente un “brocco”. Ti poni delle domande, indulgi talvolta in una ricerca generosa di causali psicologiche generative della “broccaggine”, ti interroghi sui genitori, sull’ambiente e sull’educazione della persona nella sua età evolutiva, proprio per trovare escusazioni plausibili dello stato oramai evidente di “broccaggine”, attestato vieppiù da comportamenti concreti e da fatti inoppugnabili. Per molto tempo, magari, non te ne accorgi, ma poi, dopo tanti “sintomi” in questo senso, anche all’improvviso, accade un fatto che ti apre gli occhi sulla… “broccaggine”.

Distinguerei e analizzerei più in profondità le tre dimensioni sopra riportate: a) poco capace, b) dappoco, c) di scarso talento. Come si può notare, le tre definizioni non possiedono una sinonimia semantica, anzi, perché rappresentano, rispettivamente: a) e c) caratteristiche legate alle competenze (le competenze sono date dall’integrazione fra conoscenze ed esperienze dell’individuo) professionali, mentre b) può, non solo sintetizzare in una parola semplice la scarsa qualità professionale, ma anche le caratteristiche umane, più in generale, vale a dire i limiti, se non le difettosità e i vizi morali, sotto un profilo psico-spirituale. Direi dunque che la declinazione “dappoco” della “broccaggine” è la più grave, perché attiene ai profili morali dell’agire personale e caratterizza i tratti di personalità come struttura dell’individuo umano. Penso di aver così chiarito meglio il concetto-giudizio di “broccaggine”.

La Treccani spiega inoltre che tale non-qualità si riferisce ad abilità visibili o, comunque, percepibili da terzi, sia con i sensi esterni, sia con l’acume intellettuale della ragion logica.

A volte, i “brocchi” riescono a procurarsi una claque o un insieme di vari e numerosi laudatores che li elogiano, a prescindere da qualsiasi qualità, merito o prestazione che siano capaci di mostrare.

Per chiarire, propongo il caso di un corridore ciclista italianissimo di cui non farò il nome, che, in modo incomprensibile, nonostante non vinca da anni, viene celebrato dai cronisti di tutte le reti tv e sulla stampa come se vincesse a manetta, come un Wout Van Aert, un Mathieu Van der Poel, un Tadej Pogačar, un Remko Evenepoel, un Jesper Philiphsen o un Jonas Vingegaard, o anche molto meno.

Invece l’ultima sua vittoria significativa (una delle due in tutto) risale ad almeno quattro anni fa.

In ogni caso tutti lo intervistano, i cronisti lo citano, abbia fatto qualsiasi cosa, magari anche solo una lamentatio perché la tappa “non è adatta a lui”. Sto cercando di capire, ma non ci riesco.

Nulla quaestio se non vince, ma almeno non cerchi, utilizzando la sua solerte agenzia, di farsi passare per campione. Si può essere, onorevolmente, anche solo buon corridori o gregari, così come in ogni azienda sono indispensabili tutti, dall’amministratore delegato allo junior assunto come apprendista.

Anche alla fine dell’ultima tappa, i babbei ha voluto esaltare il corridore sopra adombrato, affermando falsamente che sarebbe stato protagonista, oggi. Macché!

I solerti commentatori del Tour hanno poi anche un’altra passione, eticamente ed esteticamente scorrettissima, quella di antipatizzare per uno dei dei due più forti corridori del mondo, che i giornalisti della carta stampata definiscono “re diafano”, ed è un ragazzo del Nord, bravo anche come venditore al mercato del pesce, mentre simpatizzano in maniera smaccata per l’altro corridore più forte del mondo, che i giornalisti della carta stampata chiamano il “piccolo principe”, il ragazzo slavo che abita alle porte di casa mia, che mi piace nonostante gli anchormen facciano di tutto per farmi “sentire” il contrario. Fino all’ultima tappa del Tour de France del 2023, i due cronisti continuano a “tifare” per lo sloveno e a schifare il danese, che finora, in questo Tour loro due dicono che ha vinto (o, più precisamente, stravinto, però) “solo” la tappa a cronometro. Ma, inezia, ben poco a me cari cronisti, purtroppo per voi, ha vinto il secondo Tour de France consecutivo. Babbei! Capaci di citare il secondo in classifica fino all’ultimo minuto secondo di gara, pur di non citare il danese vincitore. Babbei!

Tutti e due sopra citati. Provo vergogna per i giornalisti di cui parlo in questo pezzo. Si vergognino, se riescono. BASTA!

Un altro soggetto simile, anche se più “vincente” del corridore più sopra citato, diciamo così con un termine che mi piace nulla, è un calciatore, di ruolo attaccante, assai possente e impetuoso.

Bene, questo ragazzo oramai trentenne alcuni anni fa viene in una delle squadre di football più titolate d’Italia, con la quale vince lo scudetto; viene venduto a peso d’oro a una squadra inglese dove percepisce quasi il doppio dello stipendio italiano, alla quale squadra giura amore eterno; l’annata non va bene e lui fa di tutto per tornare in Italia, spergiurando l’amore in inglese e ri-dichiarando amore eterno alla squadra italiana; ora la situazione è complicata, perché lui non vuole tornare a Londra, ma la squadra italiana deve rifornirsi di contante per ri-comprarlo a una cifra molto più modica di quella incassata tre anni fa dagli inglesi.

In questi giorni, il giovanottone non sa cosa fare; a Londra non vuole andare, con la squadra italiana non può iniziare ad allenarsi finché non si chiarirà la sua posizione contrattuale; per giocare in Italia ha addirittura rifiutato un contratto – vergognoso per importi – offerto da un team saudita che, come è noto, è provvisto di risorse inesauribili, alle spalle della miseria del popolo della penisola arabica. Per me questo tipo, peraltro di nazionalità acquista belga, è un poverino, o un poveretto, sotto il profilo umano.

Non è un “brocco” come calciatore, ma è un “brocco” come uomo, qualità che si evince con chiarezza dai suoi comportamenti professionali e relazionali.

Le ultime su questo professionista di scarsa professionalità: la quadra italiana cui aveva giurato amore eterno, avendo constatato la sua leggerezza comportamentale ci ha messo una pietra sopra, giustamente, nonostante gli estremi tentativi che il goffo e viziato ragazzone sta tentando ancora, ma senza successo.

Numerosi, anzi sono i più, i “brocchi” tra coloro che fanno politica di professione. Neanche di costoro farò nomi, perché ne ho indicati a profusione negli ultimi giorni, settimane, mesi, anni e perfino decenni.

Mi limiterò a delineare le caratteristiche principali. Della “broccaggine”. Che dilaga, più o meno, in ogni forza politica a ogni latitudine, per dire, ideologica.

Costoro sono spesso poco colti, incompetenti sotto il profilo tecnico-politico, e non raramente poco onesti intellettualmente. Il livello della qualità media è assai basso, incomparabile rispetto ai pari livello, funzione e ruolo anche di solo una ventina di anni fa. Non parliamo neanche del personale politico degli anni dal Secondo dopoguerra a tutti gli anni ’80.

Altrettanto mi sento di affermare dei giornalisti e degli operatori dei media.

Tristitia permeat animum meum.

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