Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Parole disgustose in libertà (La Russa) e vergogne insopportabili di un ex presidente americano (Trump)

Quando i politici parlano, specialmente se hanno rilevanti posizioni istituzionali, è bene che vigilino con cura, anzi con acribia, su quello che dicono, sulle parole che usano, sui giudizi che esprimono.

Ignazio La Russa è un politico di destra di lunga lena. Viene dalla gioventù universitaria missina del FUAN, poi dal Partito MSI, da Alleanza Nazionale e ora con Fratelli d’Italia, è al governo come Presidente del Senato della Repubblica. Ha fatto le sue battaglie di destra senza mai nascondersi. Umanamente è un tipo che si mostra come è. Interista doc, ha un carattere e modi da avvocato popolar-popolano. In questi giorni la ha fatta grossa, dicendo che la Resistenza, e quella romana in particolare, farebbe bene a non gloriarsi dell’attentato di Via Rasella del 23 Marzo 1944, perché colà morirono per l’attentato (afferma più o meno) alcune decine di veterani altoatesini, più che altro una banda militare, non un gruppo di spietate Waffen SS. A supporto della tesi negatrice della valenza resistenziale dell’attentato di Via Rasella, La Russa cita anche l’eroico sacrificio del brigadiere Salvo D’Aquisto, come esempio virtuoso, vicenda che qui non riprendo, perché conosciutissimo.

Quando si parla di cose del genere, in particolare, bisogna dirla giusta, altrimenti chi-la-sa-giusta, come uno storico di professione, fa presto a smascherare l’incauto, raccontando le cose coram populo (su Youtube si trova una bella video-conferenza del prof. Alessandro Barbero).

In quei mesi Roma, dopo ciò che accadde a seguito dei fatti dell’8 Settembre 1943 (in sintesi estrema: arresto di Mussolini, incarico di Governo a Badoglio, divisione in due dell’Italia, con il re fuggito al Sud e la neonata Repubblica di Salò al Nord, i Tedeschi che si sono impadroniti dell’Italia fino a Roma e oltre, sotto il pugno militare di Albrecht Kesselring, gli Alleati sbarcati, prima in Sicilia e poi ad Anzio e Nettuno, ma fermati da una robusta barriera corazzata della Wehrmacht, che era tutt’altro che allo sbando, Roma ogni giorno bombardata dagli Alleati, papa Pacelli prigioniero in Vaticano a fare la politica che gli sembrava opportuna, la Resistenza armata in tutta l’Italia occupata dai Tedeschi, etc.) era stata dichiarata “Città aperta” (vedere o rivedere il film omonimo diretto da Roberto Rossellini).

A Roma si registravano attentati e scontri quotidiani tra partigiani, tra i quali i più attivi erano i GAP (Gruppi di Azione Patriottica) guidati da alcuni intellettuali del PCI che nel Dopoguerra avrebbero avuto ruoli di rilievo, come Antonello Trombadori, Franco Calamandrei figlio di Piero, e Carlo Salinari, insigne storico della Letteratura italiana (che si trovò di fronte agli studenti “rivoluzionari” del ’77 come Preside di Lettere a La Sapienza, ironia della Storia!) sotto la supervisione del dirigente comunista Giorgio Amendola, presente nei pressi anche un fumigante Sandro Pertini e il giovane Giuliano Vassalli, che fece fuggire lo stesso Pertini e Saragat, già condannati a morte, dal carcere Regina Coeli. La decisione di colpire un reparto germanico viene presa dopo un’attento studio di fattibilità, della logistica e delle modalità di azione.

Viene effettuato sapendo dei rischi che si sarebbero corsi, e anche della quasi certa vendetta tramite rappresaglia, peraltro atto previsto dai codici militari di guerra e anche dalla Convenzione dell’Aja. Guerra era, e non solo fatta di scontri tra armate, ma anche dalla sua versione a-simmetrica, di guerriglia urbana.

A Berlino Hitler e i generali Jodl e von Mackensen, in Italia l’ubriacone generale Meltzer, operativi il colonnello Kappler, capo della Polizia tedesca a Roma, assistente il colonnello delle SS Dollman. Kappler fece la lista pescando dai condannati a morte detenuti a Regina Coeli (assai pochi), da detenuti “condannabili” a morte (molti), Ebrei (non pochi), giovani e vecchi (in numero significativo). Gli diede una mano il Questore di Roma Caruso, compilando una lista contenente una cinquantina di nomi.

Arrivarono a 330, dieci ogni soldato tedesco morto per Via Rasella, anzi a 335, per un errore burocratico.

Li fucilarono con le loro pistole Mauser con un colpo alla nuca, uno a uno. E tutto il reparto di Kappler fu coinvolto. Poi fecero saltare gli ingressi delle cave di pozzolana Ardeatina. Caruso fu fucilato dopo un processo italiano post Liberazione. Kappler fu condannato all’ergastolo, e Priebke pure, anche se catturato anni dopo. Kappler riuscì anche a fuggire dalla detenzione di Gaeta e morì libero in Germania non molti anni fa.

Suggerisco la visione sul tema del bel film Rappresaglia, diretto da Pan Kosmatos nei primi anni ’70, con Richard Burton e Marcello Mastroianni.

Trump sarà accusato dalla Procura di New York di avere utilizzato soldini della sua campagna elettorale del 2016, quando vinse contro Hillary Rodham Clinton, per zittire una signora a cui si era accompagnato. Agli Americani sembra – moralmente – un peccato mortale, per dire, ma è ben poca cosa rispetto alle altre ipotesi di reato federale che pendono sulla sua testa: la prima è quelle di avere accusato il Governatore della Georgia di aver falsificato i risultati delle elezioni presidenziali a favore di Joe Biden, accusa respinta; la seconda di avere fomentato l’attacco dei suoi supporter a Capitol Hill il 6 gennaio 2021.

Ora, si tratta di vedere se, addirittura, come potrà accadere, la vicenda Stormy Daniels si possa rivelare quasi una semi bufala, Trump potrebbe addirittura trarre un vantaggio in termini di popolarità, ponendosi come un perseguitato da una giustizia secondo lui “politicizzata”, e in particolare nel caso newyorkese, dove il Procuratore è il democratico (nero) Bragg. Si sa che negli USA i Procuratori dello Stato vengono eletti dal popolo, ed operano in un sistema “duale” nel quale fungono da contraltare dell’avvocato dell’imputato, con il Giudice che è parte chiaramente terza. In Italia dovremmo imitare questo sistema, a mio avviso.

In contemporanea con i fatti di cui sopra, quasi a fare da controcanto fastidioso (per me), registro le cazzate degli imbrattatori di monumenti cui dà una sorta di sinecura politica la segreteria del PD Schlein, incomprensibilmente e improvvidamente.

A sinistra sarebbe bene evitare di impantanarsi nell’apertura totale al politicamente corretto, ma non so se ce la faranno, i capi, come la citata giovane politica.

Grave, deludente, demotivante, escludente gente come me. Basta.

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