Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Non sarò mai di destra, ma a sinistra non ho più “patria”

Geneticamente, voglio dire, fin dall’uso di ragione e dai primi discorsi politici, semplicissimi, ascoltati da mio papà, mi sono sentito “socialista”, ma non di quelli della Rivoluzione bolscevica (che erano comunisti, e non bisogna mai confondere i due termini), bensì di quelli moderati che cominciavo a sentire per radio e verso la fine dei ’60 per televisione, Nenni su tutti. E tale sono rimasto nelle mie diverse traversie esistenziali, culturali, attività, condizioni personali, familiari, economiche, fino ad oggi.

E tale rimango, con una convinzione: che la mia Patria sia il mondo intero e la mia legge la libertà nella giustizia (caro lettore, ti ricorda qualcosa questo versicolare?). Una Patria che è il Pianeta Terra, l’Europa. l’Italia e il Friuli. Ma anche le mie convinzioni etiche e politiche.

Se qualcuno mi chiedesse, però, quale sia la mia Patria effettiva, oggi, qui e ora, e plausibilmente domani, fino alla fine, risponderei che è il PENSIERO, la FILOSOFIA.

Ecco, in codeste “patrie” mi sento a mio agio, perché sono l’ambiente previo e necessario per ogni ulteriore riflessione etica e politica.

Mi sono già soffermato su questi argumenta qualche giorno fa, ma riprendo il tema. Primo esempio: Enrico Letta sembrava un gentil dormiente quando Renzi lo sfrattò da Palazzo Chigi nel 2014. Trovò nell’elegante Paris, patria mondiale degli snob di sinistra o parvente tale, e perfino di comunisti con il Rolex d’oro come le sorelle Bruni Tedeschi, una posizione da maitre à pénser e di docente universitario (non ho capito bene di cosa e dove, però).

Qualche settimana fa, a fronte della manifesta povertà politico-gestionale del Presidente della regione Lazio, è stato invocato e chiamato a gran voce dal suo partito, a salvarlo dal deliquio, partito in mano a mediocri stanziati in posizioni di garanzia assoluta come ministeri e Parlamento.

Bene, neanche sceso dall’aereo a Fiumicino, il buon Enrico si è messo a declamare dello Ius soli, senza se e senza ma (come direbbe Bertinotti, altro poco glorioso distruttore della sinistra, di governo e non); un attimo dopo, si è messo a declamare (ipso eodemque modo) il tema dell’1% di tassazione ulteriore ai possessori di grandi patrimoni per dare una spinta verso il futuro ai giovani diciottenni.

Lui, evidentemente, pensa, che riferire almeno fedelmente e compiutamente il pensiero dell’economista Piketty, autore della teoria socio-economica, non è opportuno perché troppo complicato da capire da parte del popolo. Chissà perché non ammette che molta parte del popolo, non solo possa accedere direttamente ai testi “fontali” della proposta, ma sia anche più acculturate e intelligente di lui. Ancora snobismo di sinistra, di tipo quasi leniniano (e cito Lenin solo per sorridere, sapendo noi tutti il divario incommensurabile esistente tra il “nostro” e Vladimir Ilich Ulianov), nel quale il popolo deve essere guidato, come fosse un minus habens, dalle élites di partito.

Sullo Ius soli sono d’accordo anch’io e da prima di Letta, sed est modus in rebus: non lo spari così, cioè, come tema primario, in un’Italia piegata e piagata non solo dal Covid! Questo diritto deve essere ben declinato insieme con lo Ius culturae, che vuol dire due cose essenziali: a) conoscere l’italiano in modo dignitoso, e b) accettare senza remore la Costituzione della repubblica italiana. In altre parole, cittadinanza al padre di Saman, uccisa dallo zio per ordine dei genitori, solo se accetta di mettere la Costituzione italiana al posto della Sharìa pakistana, beninteso, dopo avere passato trent’anni in carcere.

Provi, Letta, a farsi spiegare queste cose dal cardinale Bassetti, presidente dei vescovi italiani, visto che è anche cattolico!

Altro esempio di sinistrismo idiota. Già ho avuto modo di ricordare in questo sito la ridicola presa di posizione della signora Murgia Michela sulla divisa del generale Figliuolo. Ora ne spara un’altra, questa del tutto paranoica, sulla Stampa di Torino (e le danno spazio): lei scrive che non si può dire che “non tutti i bianchi sono razzisti“, perché in situazione potrebbero diventarlo, e che “non tutti i maschi sono potenziali offensori delle donne (non dico femminicidi, perché il termine mi fa schifo, e ne ho già spiegato il perché qui, più volte)”, sempre perché in situazione potrebbero diventarlo. Mi par che tali tesi echeggino una sorta di Piercamillo Davigo in gonnella, giudice che sosteneva essere tutti i cittadini colpevoli di qualcosa, solo che non si riesce a scoprire di cosa…, e dunque ad accusarli. Solo follia logica?

E’ la stessa visione di un bel film americano diretto da Spielberg e interpretato da Tom Cruise, di cui ora non ricordo il titolo: nel racconto filmico la polizia arrestava le persone prima che, mediante un meccanismo psico-telepatico, si venisse a conoscenza l’intenzione di commettere un reato. Il film è bello, oltre che per le sue qualità cinematografiche, perché denunzia un rischio. Qui siamo nel pieno di una riflessione teologico morale di rilievo centrale. Al mio lettore suggerisco di dare uno sguardo al cap. 5 del Vangelo secondo Matteo ai versetti 21 e seguenti, per comprendere ciò che intendo dire.

Le parole della Murgia sono semplicemente insensate.

Come faccio a partecipare di questa sinistra, caro lettore? Me lo puoi spiegare?

Penso, a distanze siderali dai due sopra citati “di sinistra”, che bisogna ricostruire una patria della sinistra riformista, colta, ragionevole, capace di dialogare con tutti, capace di progetti razionali e di alzare lo sguardo, capace di guardare a una filosofia politica e a sviluppare un pensiero logico che scommetta sulla capacità umana, non tanto di resilienza (termine che non apprezzo), quanto di sapienza, che è una sapida scienza.

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