Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Le cose che si pensano, si dicono, si fanno, si vivono

…sono la nostra vita. Semplicemente, completamente, tutte e totalmente. Vi sono persone che si danno da fare per accumulare denari, per accaparrarsi posti importanti, per gestire potere in modo da dominare gli altri e farsi temere, e non sorridono maifamiglia. Vi sono persone che non hanno i soldi per curarsi i denti, che vivono con tre dollari al giorno e sorridono.

Non serve affannarsi molto, ché la vita scorre come l’acqua di un torrente montano, che bagna i ciottoli per il crinale scosceso, e formando cascate e pozze verdissime e fresche.

Dove meno si attende scorrono le opportunità, gli incroci, le circostanze, le congiunture, quello che chiamiamo caso, e così le nostre vite si intrecciano, si scavalcano, si avvitano, si raggomitolano, scorrono e si fermano all’improvviso senza ragioni apparenti.

Non serve l’ansia da prestazione, l’affanno dell’arrivare, lo scatto repentino e l’essere “svegli” comunque  e sempre. Oggi si dice “sveglio” per dire intelligente, non per dire non addormentato. In certi momenti preferisco l’autismo dell’interpretazione letteralista delle cose alla metafora, io cultore della metafora come forma della verità. Che noia infinita la competizione. Che sberleffo quando un intoppo ribalta il concorrente!

Ciò non significa che non ci si deve impegnare nelle cose che si fanno, ma senza iattanza, senza la pretesa di fare opere assolute, senza l’idea di lasciare una traccia di gloria, ché l’aquila non la lascia nell’aria, il serpente sulla roccia, il pesce nell’acqua. Ma le nostre azioni lasciano comunque tracce indelebili nell’essere delle cose, nelle vite nostre e degli altri, perché a volte sono un lenimento e a volte sono ferite, che restano.

Ogni cosa che pensiamo, diciamo, facciamo, viviamo, di converso, è immortale, una volta pensata, detta, fatta, vissuta. Non c’è un “dio” e neppure Dio che può fare in modo che non sia stata pensata, detta, fatta, vissuta. L’immortalità è lo stato vero delle nostre vite, e per questo valgono tutte uguale: non c’è una vita alla Brad Pitt, alla Beppe Grillo o alla Che Guevara che valga più di altre, meno provviste di fama transeunte.

Le nostre vite sono uniche, con le nostre pene e le nostre gioie, con i nostri dolori e la loro assenza nello stato di sonno, le nostre vite sono le nostre, incomunicabili, come la nostra struttura unica di individui, incomunicabili nel profondo, solo un poco relazionabili.

Siamo dei preziosissimi “io” che passano e vanno lontano e oltre, restando immortali. E pertanto siamo (qui è congiuntivo esortativo) lieti, gioiosi, non felici, per non essere stupidi. Suvvia.

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