Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il tempo dell’ansia

fermi sul ponte del TagliamentoCari ragazzi e meno, l’ansia è uno dei mali del nostro tempo. L’ansia è una paura, una forma di dolore umano. E’ causata dall’insicurezza, dal timore di non farcela. Ai suoi confini estremi dimora l’angoscia (cf. in Kierkegaard), che è più profonda e inspiegabile, perché quasi un tutt’uno con l’essere dell’uomo.

Al capitolo sesto del Vangelo di Matteo (31-34) troviamo un loghion del Maestro che dovremmo imparare a memoria e ripetere come una giaculatoria ogni giorno, finché ci entra in testa: “Non affannatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa indosseremo?/ Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno (…)/ Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena“. Jesus era anche un fine umorista.

Il Padre sa che l’uomo ha bisogno, e così come provvede agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi, così provvede anche alla vita degli uomini, se questi lo aiutano. Il Padre non è quel vecchio che campeggia sulla volta della Cappella di Sisto IV.

Egli è la Coscienza assoluta di cui siamo partecipi.

Quanta ansia osservo nel mio viaggio quotidiano, quanta! Preoccupazione là dove ci dovrebbe essere post-occupazione. Sensi di colpa in luogo di sguardi fiduciosi. Anzi, il sentimento di post-occupazione non esiste proprio, perché è vinto dalla rassegnazione, intesa nell’accezione comune, di “adattamento”. Ma c’è un’altra accezione, quella etimologica classica: “rassegnazione” come ri-segnazione, cioè ri-partenza, nuovo inizio. Bello, no?

E abbiamo bisogno, piuttosto, della pace interiore, che ci deriva dalla coscienza di avere fatto quello che dovevamo nel nostro posto nel mondo.

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