Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Caro Vittorio …

non ti conoscevo. Spesso accade che una persona divenga nota con la propria morte.

Ho seguito le drammatiche sequenze delle tue ultime ore. I giornali del mattino di venerdì scorso stampavano ancora notizie del tuo rapimento e degli sforzi per liberarti. La televisione invece, più aggiornata, dava di primo mattino notizie della tua morte. Tu non c’eri più. Ho ascoltato le brevi biografie che di te proponeva chi ti ha conosciuto, di chi poteva parlare della tua generosità, del tuo altruismo. Ho visto le reazioni della popolazione di Gaza, le tue foto con i bambini su internet. Letto i commenti sui giornali … e anche che non saresti stato un pacifista coerente per la tua avversione a Israele.

Se avessimo potuto conoscerci e parlare insieme, forse non saremmo stati d’accordo su quest’ultimo tema. Io penso che su questo piccolo pianeta (azzurro e bellissimo come lo definì Yuri Gagarin) l’uomo debba comprendere che non ha alternative a trovare una strada di pacificazione e di condivisione, superando con pazienza e intelligenza tutte le barriere che egli stesso ha costruito, quelle culturali, quelle economiche, quelle religiose.

Non tutte le cose e le vicende umane stanno andando storte. Accanto alle guerre, eccidi, miseria, dolore, qualcosa si sta muovendo nel cuore dell’uomo. Ma ci vuole pazienza pedagogica e coraggio (come il tuo).

Il nostro livello di autoconsapevolezza, derivante dalla nostra lentissima “creazione a umani”, caro Vittorio, è ancora lontano dall’essere sufficiente. Per certi aspetti, qualunque sia la nostra cultura o appartenenza etnica, siamo ancora -specie noi maschi- quelli della “pietra e della clava” che difendono il territorio dalle invasioni e dalle belve, che spesso sono gli altri uomini. Ma questo accade non solo nei grandi movimenti delle trasmigrazioni epocali (un popolo in marcia nessuno lo tiene), ma anche nelle nostre strutture economiche e sociali, qui, così evolute e tecnicali. Succede tra le nazioni, nella politica, nel sistema economico, nelle chiese.

L’invidia, l’ipocrisia, il guardarsi di sottecchi in cagnesco, ma sorridendo ipocritamente, appartiene alla quotidianità dell’homo sapiens, occidentalis e orientalis.

C’è molto da fare per la conversione dei cuori, che porta ad un pensiero più profondo e a un cambiamento. Non abbiamo alternative, caro Vittorio, che renderci conto di essere in molti su questa terra, di cui dobbiamo rispettare i limiti, che sono i nostri. Puntolino nella Galassia, ad una estremità dell’infinito, in quanto non-finito.  Come noi, che siamo da completare.

Restiamo umani, hai scritto, e io aggiungo, diventiamo sempre più umani. Sono sicuro che saresti d’accordo anche tu, Vittorio. Che ti sia lieve la terra e il tuo sguardo la contempli.

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