Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Firenze, febbraio 2024. Le morti sul lavoro di 5 operai urlano al cospetto di Dio e al cuore dell’uomo (che ha cuore)

Ora tutti sanno (sembra sappiano) cosa fare per gestire un cantiere complesso come quello della Esselunga in quel di Firenze, dove sono morti schiacciati da una trave di quindici tonnellate lunga venti metri cinque operai del mondo, un italiano, due marocchini, un tunisino e un…, e pontificano.

E pontificano anche quelli che invece dovrebbero aver fatto qualcosa, come i preposti ai controlli dei cantieri, quelli pubblici, i responsabili del servizio di prevenzione e protezione aziendali e forse anche talora alcuni rappresentanti sindacali non sempre attenti.

Si è capito che il cantiere era organizzato con una filiera di oltre cinquanta sub-appaltatori sotto il general-contractor, incaricato di tutto il lavoro dal committente. Non mancano le leggi del lavoro più generali, quelle sulla sicurezza e quelle sui subappalti.

Si sa che un grande cantiere come quello della tragedia fiorentina non può essere gestito da una sola impresa, perché forse nessuna azienda edile è in possesso, al proprio interno, di tutte le decine di competenze professionali che sono richieste da un’opera del genere, cosicché il subappalto di diverse attività, che si connettono l’una all’altra, è inevitabile.

Recentemente, pure essendo a conoscenza di tutte le amministrazioni pubbliche, da quelle locali fino a quelle dell’Unione europea, ciò che comporta in termini di difficoltà gestionali e di pericolosità obiettiva la politica dei subappalti, proprio l’istanza più alta, quella europea, ha tolto, a mio avviso sbagliando, ogni vincolo sul numero di subappalti possibili. Prima di questa normativa era possibile subappaltare,prima il 30 e poi il 40% dei volumi di lavoro complessivamente commessi.

Proviamo ora a esaminare alcuni pro e alcuni contro del meccanismo del subappalto:

i “pro” sono evidenti e comprensibili da chiunque: a) il subappaltatore è – solitamente – molto specializzato nelle attività che accetta, b) trattandosi di azienda di dimensioni ridotte sopporta costi fissi di gestione inferiori a una ditta più grande, c) opera con maggiore agilità in cantiere, avendo una gestione del personale (che a volte si riduce al singolo artigiano con partita Iva) diretta e semplice, d) possiede una flessibilità logistica e temporale inattuabili da un’azienda di dimensioni maggiori, etc;

i “contro” sono altrettanto evidenti e visibili (se si vuol guardare vedendo): a) può (non è detto che lo faccia) bypassare alcune regole legate agli obblighi di informazione e formazione dei propri dipendenti, b) può applicare dei minimi contrattuali senza alcuna contrattazione collettiva, che invece le aziende più grandi solitamente debbono accettare, compresa la conseguenza di aumento del costo del lavoro, c) a volte non verifica, come previsto da leggi e regolamenti vigenti, la reale preparazione professionale dei propri dipendenti (questo accade quando vi sono dipendenti, ovviamente), etc.

Viene ora la domanda “molto leniniana” classica: che fare? Innanzitutto ri-regolamentare a livello nazionale, ovvero riprendere le norme nazionali, che limitano il subappalto.

Togliere la regola non-scritta del massimo ribasso, per cui, le stazioni appaltanti pubbliche devono considerare anche quelli che potremmo definire parametri soft, come la storia dell’azienda, la tipologia organizzativa, i regolamenti aziendali, la presenza o l’assenza di un Codice etico e di un Modello di Organizzazione e Gestione (D.Lgs. 231/ 2001), il rispetto integrale del Contratto Collettivo Nazionale di Categoria, la documentazione veridica (non talvolta cartaceamente fittizia) dell’avvenuta informazione e formazione e aggiornamenti regolamentari sulle norme della tutela della salute e sicurezza del lavoro, le verifiche dell’avvenuta visita medica di idoneità, etc.

(Questa è la situazione regolamentare come sotto spiegata, per cui mi sembra utile pubblicare di seguito il parere di un illustre Studio legale di Milano specializzato in tematiche del subappalto, al fine di tenere la barra dritta di ogni ragionamento propositivo.)

All’esito della pubblicazione della Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea il nostro legislatore ha, dunque, effettuato degli interventi correttivi per adeguare la disciplina del subappalto al principio di cui sopra, senza però offrire un quadro organico, coerente e chiaro.

Mentre era ancora pendente il procedimento di rinvio pregiudiziale, il limite percentuale generale del subappalto è stato, infatti, elevato al 40%. Tanto all’esito di una rocambolesca successione di variazioni, che dal 30% aveva portato la soglia inizialmente al 50% con il D.L. n. 32/ 2019 per poi raggiungere – in sede di conversione del Decreto – la quota del 40% fino al termine del 31/12/2020 (poi prorogato al 30/6/2021 dal decreto Milleproroghe n. 183/ 2020.

Nel solco della confusione il D.L. n. 32/2019 aveva anche, inizialmente, abrogato la norma del D. Lgs. n. 50/2016 che prevedeva – per alcune tipologie di contratti pubblici – l’obbligo del concorrente di indicare in sede di offerta una terna di possibili subappaltatori da sottoporre, già in fase di gara, alla verifica dei requisiti generali.  In sede di conversione la norma è stata poi ripristinata, ma con sospensione dell’efficacia fino al termine del 31/12/2020 (poi prorogato al 31/12/2021 dal Decreto milleproroghe n. 183/2020).

L’avvicendarsi schizofrenico delle modifiche alla disciplina del subappalto, con l’ulteriore intervento che ha portato il limite percentuale al 50% fino al 31/10/2021 (D. L. n. 77/2021), ha generato una notevole confusione tra gli operatori del settore, anche a causa di interventi giurisprudenziali contrastanti.

Proprio il Decreto legge n. 77/ 2021 ha stabilito che, a partire dal 1 novembre 2021, il divieto generalizzato del subappalto oltre il limite del 30% non sia più operativo.

E’ stato, infatti, riscritto il comma secondo dell’art. 105, con esclusione del limite in precedenza previsto. La norma riformulata prevede che siano le stazioni appaltanti ad indicare, nei documenti di gara, le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 89, comma 11, fermo restando il divieto di affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera.

La novella legislativa affida, dunque, all’Ente pubblico committente la scelta su quanta parte del contratto debba essere necessariamente eseguita dall’aggiudicatario con conseguente esclusione del subappalto.

Alle stazioni appaltanti spetta evidentemente, d’ora in poi, l’arduo compito di dare risposta a quegli interrogativi che sono rimasti senza una chiara ed esauriente soluzione nella nuova disciplina.

Il primo e più importante degli interrogativi riguarda l’applicabilità o meno del principio, espresso dalla Corte di Giustizia europea in tema di subappalto, agli appalti il cui importo resti sotto la soglia comunitaria.

La risposta a tale quesito è determinante poiché, nonostante la nuova norma nazionale non preveda più un limite generale al subappalto, l’inserimento nel singolo bando di gara di una percentuale massima di opere o servizi realizzabili dal subappaltatore è a tutt’oggi ammesso.

Cosa dice in proposito la Sentenza della CGUE? Al punto 4 della pronuncia si legge, in proposito, che “Conformemente all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, la stessa si applica agli appalti con un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alla soglia di EUR 5 225 000 per gli appalti pubblici di lavori.”. Sebbene il T.A.R. Lombardia avesse denunziato la possibile violazione non solo della Direttiva 2014/24, ma anche degli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la Corte di Lussemburgo sembra dunque aver limitato ai soli appalti sopra soglia il divieto di limitazione generalizzata del subappalto. Ove, infatti, la previgente normativa nazionale fosse stata dichiarata in contrasto non solo con la Direttiva ma anche con i principi dei Trattati dell’Unione, il divieto si sarebbe esteso a tutti i contratti pubblici a prescindere dall’importo a base di gara.

La lettura restrittiva del divieto di limite al subappalto – valido solo per i contratti sopra soglia – è stata fatta propria, recentemente, dal Consiglio di Stato.

I Giudici di Palazzo Spada, infatti, dopo aver affermato che “la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia” (Cons. Stato, Sez. V, 17/12/2020, n. 8101), hanno successivamente confermato tal orientamento, precisando però in via preliminare che “l’importo del contratto oggetto della procedura di gara si colloca al di sopra della soglia di rilevanza comunitaria” (Cons. Stato, Sez. V, 31/5/2021, n. 4150).

È opportuno segnalare, in proposito, un orientamento difforme espresso dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, secondo cui “il divieto generalizzato di subappalto è contrario ai principi europei che regolano gli appalti pubblici (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Id., 27 novembre 2019, in causa C-402/18; in termini Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389), anche quando si tratti di appalti sotto soglia” (T.A.R. Calabria, Sez. II, 22/11/2021, n. 2068).

Tra le due interpretazioni della Sentenza C-63/18 riteniamo preferibile la prima, poiché la Corte di Giustizia ha omesso di far riferimento – nello stigmatizzare il divieto generalizzato del subappalto – ai principi espressi dalle norme sui Trattati dell’Unione, e tanto sebbene nell’Ordinanza di rimessione del T.A.R. Lombardia vi fosse il già citato richiamo anche agli artt. 49 e 56 del TFUE. Sarà comunque opportuno, per la stazione appaltante, individuare – a prescindere dall’importo dell’appalto – una giustificazione tra quelle previste dal novellato art. 105 per poter porre un limite alla quota subappaltabile, dato che nella nuova norma non si opera alcuna distinzione in base al valore dei contratti. Nell’ipotesi in cui l’applicazione del divieto di subappalto nei contratti sottosoglia venisse considerata in contrasto con la nuova normativa nazionale, si porrebbe in ogni caso la questione del divieto di gold plating. Se, infatti, la Corte di Giustizia ha escluso il divieto generalizzato del subappalto solo per i contratti sopra la soglia comunitaria, risulterebbe paradossale sanzionare l’applicazione di un limite al subappalto nei contratti sottosoglia.

Il secondo interrogativo sulla portata della nuova normativa riguarda la sopravvivenza del limite, previsto dal combinato disposto dell’art. 105 ed 89 comma 11 del Codice dei Contratti, al subappalto nel caso in cui sia prevista la realizzazione di opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessita’ tecnica.

Una prima risposta a tale interrogativo è stata recentemente offerta in sede giurisprudenziale, con affermazione del seguente principio: “il predetto art. 105, comma 5, D. Lg. vo n. 50/2016, nella parte in cui stabilisce che il subappalto delle opere, per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti ed opere speciali”, elencate nell’art. 2 D.M. n. 248/2016, tra cui quelle relative alla categoria OS30, non può superare il 30% dell’importo di tali opere, non viola il diritto europeo, come interpretato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con le suddette Sentenze del 26.9.2019 nella causa n. 63/2018 e del 27.11.2019 nella causa n. 402/2018, in quanto non costituisce un divieto generalizzato di ricorrere al subappalto oltre una certa percentuale, ma si riferisce a determinate tipologie di lavori speciali, che giustificano la determinazione di una soglia di esperibilità del subappalto” (T.A.R. Basilicata, 15/3/2021, n. 240).

Sebbene il comma 5 dell’art. 105 del Codice dei Contratti sia stato abrogato a partire dal 1 novembre 2021, il richiamo all’art. 89 comma 11 contenuto nella nuova formulazione dell’art. 105 comma secondo consente – a nostro parere – di ritenere ancora applicabile (al subappalto oltre che all’avvalimento) il limite di cui al citato art. 89. Anche in tal caso sarà, però, onere della stazione appaltante inserire la clausola limitativa nel bando di gara con motivazione specifica.

Dalle brevi considerazioni sopra esposte emerge un dato piuttosto preoccupante su quale sarà il regime effettivo del subappalto nei contratti pubblici, in seguito agli interventi legislativi e giurisprudenziali oggetto della nostra disamina. Ciò che appare incontestabile è la scarsa chiarezza del nuovo assetto normativo. A tale lacuna dovrà pertanto, inevitabilmente, supplire l’interpretazione degli operatori del settore e soprattutto, al fine di uniformare le varie possibili applicazioni pratiche del novellato istituto, l’intervento della giurisprudenza amministrativa, quantomeno in attesa di un nuovo intervento del legislatore che – dal 2016 ad oggi – nonostante i plurimi tentativi non è ancora riuscito a dare un assetto stabile al sistema di aggiudicazione dei contratti pubblici.”

(Studio Avv. Monforte, Milano)

(Per comprendere meglio quanto sopra riportato, chi è interessato può leggere la sintesi della situazione normativa che propone un altro studio esperto in materia, qui di seguito.)

Ai sensi dell’articolo 105 del D.lgs. 50/2016 (Codice Appalti) “il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto” e, pertanto, il subappalto è il contratto in forza del quale si determina l’ingresso nel rapporto originario di soggetti terzi. 

Cosa dispone l’art 105 in materia di subappalto?

 La disciplina dell’istituto è stata di recente oggetto di numerose modifiche legislative. Da ultimo il decreto legge Semplificazioni bis (D.L. n. 77/2021, convertito in legge con L. n. 108/2021) ha integrato il comma 1 dell’art. 105 prevedendo che: “A pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera. È ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo”.

Che percentuale si può subappaltare?

Analogamente, il decreto Semplificazioni bis ha inciso profondamente sul contenuto del secondo comma della disposizione che individua i limiti quantitativi del subappalto, inserendosi nel solco di una prolifica attività legislativa che nel corso degli ultimi anni è in maniera massiccia intervenuta sulla materia ingenerando non poca confusione negli operatori economici del settore.
Ed infatti, il D.L. Sblocca Cantieri, 18 aprile 2019, n. 32 (convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55) aveva originariamente previsto, in deroga al contenuto del comma 2 dell’art. 105, il limite della quota del 40% dell’importo complessivo del contratto appaltato. 

Il limite di subappalto

La nuova disciplina introdotta dall’art. 49 D.L. 77/2021 ha invece apportato delle modifiche ai limiti quantitativi della quota subappaltabile con validità istantanea (già in vigore dal 01.06.2021) ed in modalità differita a decorrere dal 01.11.21.

In particolare, dal 01.06.2021, data di entrata in vigore del Decreto, è stato stabilito che fino al 31.10.2021 il subappalto non avrebbe potuto superare la quota del 50% dell’importo complessivo del contratto, solamente a partire dal 01.11.2021 il Decreto ha invece previsto l’abolizione del limite precostituito per legge della quota subappaltabile, prevedendo invece il ricorso al cosiddetto “subappalto libero”.

Cosa si può subappaltare?

La riformulata disposizione prevede in sostanza che sia la Stazione Appaltante ad indicare, nei documenti di gara, le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire obbligatoriamente a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 89, comma 11, fermo restando il divieto di affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la l’esecuzione in misura maggioritaria delle lavorazioni relative al complesso delle lavorazioni rientranti all’interno della cd. “categoria prevalente” (ovverosia la categoria principale dell’appalto) e dei contratti ad alta intensità di manodopera.

Fermo quanto sopra esposto circa ai limiti quantitativi è bene chiarire quali attività, ai sensi del secondo comma dell’art. 105, non possano qualificarsi quale subappalto.

Si tratta delle attività di importo inferiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia inferiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.

Tale norma, in realtà, è stata oggetto di diverse interpretazioni.

Da un lato l’ANAC ha ritenuto che “il subappalto di lavorazioni pubbliche, quale che ne sia l’importo, è soggetto ad autorizzazione; l’importo, nel sistema vigente, rileva infatti ai soli fini della durata massima del procedimento autorizzatorio” (Determinazione n. 6 del 27.2.03, sul tema anche Delibere 35/2008, n. 14/2013, n. 847/2016) ritenendo che si ha subappalto qualora si esorbiti “dalla causa contrattuale della compravendita assumendo, nel senso sopra delineato, una prevalente funzione di “appalto di lavoro”, ancorché implicanti una incidenza della manodopera inferiore al 50% del subcontratto affidato” (Deliberazione n. 14 10.04.13)

Dall’altro la giurisprudenza che, sulla base del tenore letterale della norma, ha ritenuto che perché un contratto possa essere considerato subappalto debbano verificarsi entrambi i presupposti richiesti dall’art. 105. 

Quando non è subappalto? Il divieto di subappalto

 Analogamente, anche il terzo comma della disposizione elenca ulteriori attività che a causa della loro specificità, non sono state configurate dal legislatore quali subappalto.

Si tratta nello specifico:

a) dell’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante;

b) della subfornitura a catalogo di prodotti informatici;

c) dell’affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000,00 euro annui a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ovvero ricompresi nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 141 del 18 giugno 1993, nonché’ nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A annesso alla legge 28 dicembre 2001, n. 448;

c-bis) delle prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.

Quando è ammesso il subappalto?

 Sotto un profilo pratico, l’art. 105 individua le condizioni di ammissibilità del subappalto prevedendo che l’autorizzazione al subappalto possa essere concessa quando ricorrono una serie di condizione, tra le quali:

a) che il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice Appalti;

b) purché all’atto dell’offerta siano state preventivamente indicati i lavori, le forniture o i servizi che si intendono subappaltare nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto (comma 4).

L’autorizzazione per il subappalto: termini da rispettare

Quanto alla già menzionata autorizzazione, il comma 18 dell’art. 105 specifica che l’impresa che intende avvalersi del subappalto ha l’obbligo di presentare alla SA apposita istanza, rispetto alla quale la Stazione Appaltante provvede al rilascio dell’autorizzazione entro trenta giorni; rispetto a tale termine, è previsto tuttavia un meccanismo di silenzio assenso, in forza del quale l’autorizzazione si intende concessa in caso di silenzio della PA.

L’importanza dell’autorizzazione si comprende se si considera che dalla sua mancata presentazione discendono conseguenze tanto di carattere penale quanto di carattere civile che si esplicano nella nullità assoluta del contratto di subappalto con effetti retroattivi.

Il contenuto dell’istanza di autorizzazione è stato recentemente oggetto di modifica grazie al Decreto Semplificazioni bis che, nell’ottica di semplificare le procedure, ha infatti posto direttamente in capo al subappaltatore l’obbligo di attestare il possesso dei requisiti speciali di qualificazione previsti dal D.Lgs. 50/2016 in relazione alla prestazione subappaltata.

Ottenere l’autorizzazione ed evitare il divieto di subappalto: i requisiti speciali

La nuova disposizione stabilisce infatti che dal 01.11.2021, la dichiarazione del subappaltatore, riguarderà oltre all’attestazione dell’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 anche il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti speciali di cui agli artt. 83 e 84 Codice Appalti e dunque dei requisiti di idoneità professionale e di capacità tecnica/economica, nonché requisiti di qualificazione senza necessità di presentazione di specifica documentazione.

Quanto poi all’esecuzione delle attività si segnala, inoltre, la modifica apportata al comma 14 dell’art. 105 in tema di standard qualitativi e prestazionali delle attività oggetto di contratto. La disposizione, anch’essa modificata dal D.L. n. 77/2021, prevede oggi che: “Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

 In conclusione, in relazione al corretto espletamento delle prestazioni oggetto di subappalto, si accenna al novellato comma 8 che in questo caso importa una responsabilità di carattere solidale del contraente principale e del subappaltatore nei confronti della Stazione appaltante, rimanendo ferma la responsabilità solidale dell’aggiudicatario con il subappaltatore in relazione al rispetto degli obblighi retributivi e contributivi nei confronti dei dipendenti del subappaltatore.

(Avv. Giulio Nardelli, Dott.ssa Beatrice Iommi  – Studio Legale Piselli&Partners)

Risulta, pertanto, chiaro al culto e all’inclito, che la situazione normativa non può rimanere quella che è, per cui occorre modificarla nel senso di un maggiore rigore normativo, ma, ancora di più, è necessario:

a) qualificare meglio le imprese sotto il profilo professionale e gestionale, b) informare e formare meglio i lavoratori, c) attuare controlli più stringenti e accurati dei cantieri, d) togliere il criterio giuridico-economico-morale del massimo ribasso, RIVALUTANDO IN MODO ESSENZIALE LA QUALITAdel LAVORO in tutte le sue sfaccettature, e COSI’ TOGLIENDO PESO ED IMPORTANZA AGLI ASPETTI MERAMENTE FINANZIARI ED ECONOMICISTICI, CHE NON POSSONO MAI ESSERE UN FINE DEL LAVORO UMANO, MA SOLO UN MEZZO.

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1 Comments

  1. Gli indirizzi che vengono proposti alla luce di queste tragedie non vanno nella direzione giusta: le ragioni di queste disgrazie non stanno nella catena dei subappalti o delle leggi che mancano. Le leggi e l’organizzazione prevista per lavorare in sicurezza esistono già e sono ben codificate e, tra l’altro, già ispirate dalla normativa europea: DL 81, DVR, DUVRI, coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione. Ho avuto esperienza diretta di un caso realmente accaduto molto simile, quasi identico, in uno dei paesi cuore dell’Europa. Nelle fasi iniziali della costruzione a causa di una errata manovra del gruista in fase di getto, è stata toccata con il secchione movimentato dalla gru una trave prefabbricata che è caduta sui solai sottostanti, sfondandoli con la conseguenza di un morto e di un ferito gravissimo. Persone che lavoravano ai piani sottostanti pensando di essere sufficientemente protette dalle lastre dei solai appoggiate sopra di loro. Si stava, anche lì, costruendo un grande centro commerciale. L’errore fu che non si dovevano mandare operai a lavorare sotto carichi sospesi e, di più , nell’area di una fase del montaggio della prefabbricazione dove le strutture non sono ancora ben collegate/vincolate fra loro e magari solamente appoggiate con il grave rischio del verificarsi del fenomeno del “castello di carte”. Cose queste già ben vietate dalle normative già esistenti. Dunque, più che parlare di subappalti o di carenza normativa, si dovrebbe considerare il livello di perizia del responsabile del cantiere o del caposquadra nonché verificare se i coordinatori della sicurezza hanno affrontato con cognizione di causa un cantiere delicato quale è quello coniugato con la prefabbricazione.
    Non si parli poi di casualità, sfortuna, circostanze imprevedibili, “non è mai successo”.
    Dunque, conoscenza, esperienza, responsabilità, perizia: queste fanno evitare le tragedie e di queste bisogna accertarsi che gli uomini che stanno in cantiere siano abbondantemente dotati o, in carenza, ne vengano opportunamente colmati con una adeguata, reale, oggettiva formazione .
    Interessante quindi quello che le autorità del paese hanno deciso di fare dopo l’incidente che ho avuto modo di vivere: non hanno modificato la normativa sui subappalti né le leggi sulla sicurezza né inasprito le sanzioni. Sono state adottate delle soluzioni tecniche ed operative procedurali semplici e chiare.
    Il cantiere, chiuso per l’incidente, ha poi ripreso e non ci sono stati altri infortuni.

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