Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Rosa e Olindo sono innocenti? A mio parere, sì

A volte penso che se i fatti e le prove forensi di questo tristissimo e tragico caso di Erba fossero stati verificati da “un” professor Cesare Lombroso, nonostante tutti i limiti epistemologico-scientifici che gli sono stati attribuiti, si sarebbe capito (o per meglio dire, intuìto) forse che i due coniugi non avrebbero mai potuto compiere l’orrenda strage. Ma forse sarebbe arrivato ad una conclusione simile anche un neuropsichiatra come Steven Pinker, nei nostri anni, chissà. Suvvia!

Ciò sostenendo dal mio scrannetto di scrittore-di-cose-varie, so di correre il rischio di incappare in una sonora cantonata, ovviamente se le conclusioni del nuovo processo dovessero confermare le sentenze di primo, secondo e terzo grado già passate in giudicato, con le quali sono stati condannati all’ergastolo Rosa Bazzi e Olindo Romano, ma lo corro ugualmente, e ben prima che inizi il nuovo processo, che è stato ammesso da un Tribunale della Repubblica per i primi di marzo prossimo.

Il Pm Tarfusser è convinto che siano stati tanti e tali gli errori nelle indagini che hanno condotto alla condanna definitiva dei due cittadini, da voler sostenere con convinzione l’ammissibilità di una revisione dell’intero processo.

Un’ipotesi plausibile (pare ciò emerga dalle motivazioni della richiesta di revisione del processo) circa gli autori della strage, è che si sia trattato di una sanguinosa vendetta all’interno di bande di spacciatori di droghe di vari livelli, legati a quel mondo, non distanti dalla famiglia vittima della strage, e magari da ingerenze di tipo mafioso.

Perché mi sento di tirar fuori Lombroso, così dimenticato e considerato superato dalla neuro-psichiatria contemporanea? E’ semplice: perché il medico e antropologo positivista e (quasi-)socialista ottocentesco ha prestato la sua massima attenzione ai dati fisici e psichici degli individui criminali che studiava, al punto da teorizzare l’ipotesi che la struttura fisica, soprattutto cranica di certi soggetti autori di efferati delitti, potesse fornire indicazioni probatorie circa un’antropologia dell’homo criminalis vel delinquens. Si visiti, in proposito, il (controverso) museo torinese che presenta queste tematiche e questi reperti.

Non è certamente il caso di Olindo e Rosa, che non manifestano caratteristiche fisiche tipicamente richiamanti le descrizioni lombrosiane, che qui non riporto (se non per osar solo dire con il massimo rispetto per loro, che manifestano forse una psicologia individuale e relazionale un po’ “indifesa e debole”), confidando nella curiosità del lettore, che può cercare e trovare nell’omnipotente web, alla voce Cesare (Marco Ezechia) Lombroso

Quando si indaga su un delitto, la magistratura indaga mediante le forze di polizia, ascolta imputati, persone informate e testimoni, esamina prove materiali (se vi sono) e ammette prove circostanziali, e infine permette l’avvio della fase dibattimentale-processuale, che poi ha il suo corso fino all’emissione delle sentenze.

Proviamo a riassumere brevissimamente il caso, citando i protagonisti nel contesto, le vittime e i già putati, giudicati e condannati “carnefici”.

Una sera di diciotto anni fa, circa, a Erba, in un condominio ricavato da un rustico, quattro persone, tra cui un bimbo, vengono selvaggiamente uccise. Indagini. Un testimone, Frigerio, afferma, dopo una quasi certa manipolazione da parte degli inquirenti (l’uomo era stato gravemente ferito durante l’aggressione ed era certamente ancora scosso, e molto fragile), che ha riconosciuto nell’Olindo il suo aggressore.

Si sa dai testi più affidabili della psicologia clinica che una persona infragilita può essere abbastanza facilmente manipolata.

Il procedimento e il dibattimento vertono su questa testimonianza e sulla confessione di Olindo, che viene – però – registrato in una conversazione con la moglie Rosa, anch’essa già detenuta fin dal primo momento, registrazione che non ha alcun peso sulla decisione dei giudici.

Il testo della telefonata, più o meno è stato il seguente. Olindo a Rosa: “Mi hanno detto che se confesso tu vai a casa subito, e io mi faccio qualche annetto e poi vengo a casa con te“, e lei “Cosa devi confessare, Olindo, se non abbiamo fatto niente…” Ma lui confessa. E vengono condannati.

Poi c’è la “prova” della macchia di sangue sul battitacco dell’auto Seat Arosa dei due, ma l’auto è stata visitata più volte dagli inquirenti, e dunque…

Il mio testo è certamente carente di dettagli e di descrizione processuale, ma la sostanza c’è.

Caro lettore, ti pare che – fisicamente e mentalmente – i due avrebbero potuto compiere una strage di tal fatta? Il dubbio è più che legittimo, perché è moralmente doveroso.

Un’ultima domanda: nel caso in cui i signori Bazzi e Romano siano riconosciuti innocenti, come potrebbe esplicitarsi un processo di giustizia riparativa tra e per loro, che, a quel punto, sarebbero le “seconde vittime” della tragedia? Solo con un indennizzo da parte dello Stato?

Direi che lo Stato, cioè la Magistratura e gli Organi di polizia debbono innanzitutto fare il massimo sforzo possibile per individuare, catturare, giudicare e punire gli autori veri dell’eccidio. Altrimenti non sarà possibile alcuna “giustizia riparativa”, che è il processo più concreto di una soluzione eticamente accettabile dell’intera vicenda, processo che deve comprendere anche l’attenzione per le famiglie di tutte le persone uccise, cioè i Castagna, i Frigerio e anche i Marduk, qualsiasi possano essere le responsabilità, anche indirette, di Azuz.

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