Viviamo tempi difficili! Si registrano generalmente: uno sviluppo della “conoscenza tecno-scientifica” e una contemporanea perdita della “sapienza”; si constatano una “sovrabbondanza della tecnica” e una “perdita di autonomia del sapere etico”. Questi processi producono un diffuso e generalizzato “habitus di superbia”, che è fomite di “singoli atti di superbia” (la superbia è – notoriamente – “caput vitiorum”, cioè origine di tutti i vizi e mali) mentre la “virtù di umiltà” (virtù), come senso concretissimo dell’umana finitezza, sta come evaporando. Si tratta di un crescente pericoloso “materialismo disumanizzante e senza senso morale” (attenzione bene: non tanto di un materialismo marxista, bensì consumista!)
Come nel titolo – quasi dickensiano – possiamo dire che anche i nostri sono “tempi difficili”.
E sono “difficili” per ragioni – in qualche modo – analoghe a quelle che suggerivano al grande Charles di intitolare quel romanzo in quel modo, al suo tempo, lui che studiava i tuguri e la miseria che vedeva nel suo Paese (non che oggi non vi siano miserie umane diffuse e drammatiche in ogni dove del mondo, e che miliardi di esseri umani, uomini e donne, si può dire così? Uomini e donne… vivano nella miseria, al contrario!), e li studiava con cura e sentimento sotto molti profili, sociali, culturali, espressivi, linguistici, sociologici e psicologici. Purtroppo non c’è oggi uno scrittore che ci possa aiutare altrettanto: l’ultimo che avrebbe potuto aiutarci è stato ucciso nel 1975 ed era Pier Paolo Pasolini.
Caro lettore, abbi la pazienza di leggere quanto segue.
“Patricia Cornwell è stata invitata dal suo revisore editoriale a sostituire la parola fisherman con fisherfolk per non turbare la sensibilità (?, ndr) dei suoi lettori. Nell’intervista in cui raccontava l’ennesima idiozia della cultura woke, si chiedeva se a fisici ed astrofisici (Mr. Rovelli and especially Mr. Penrose docent) sia ancora permesso parlare di buchi neri o se bisognerebbe definirli buchi-non-bianchi. Quesito legittimo, visti gli insulti e le minacce di morte arrivate alla Rowling per avere difeso una docente di biologia che parlava di sesso maschile e femminile, non mi stupirei se “donna” e “uomo” finissero all’indice come parole impronunciabili.
Come mi mancano i Monty Python!” E a me mancano – in qualche modo – perfino Macario, Fantozzi e Totò come intellettuali organici à la Gramsci.
“Woke, letteralmente “sveglio”, è un aggettivo della lingua inglese con il quale ci si riferisce allo “stare all’erta”, “stare svegli” nei confronti delle ingiustizie sociali o razziali. La voce è entrata nei dizionari della lingua inglese nel 2017 attraverso il movimento attivista statunitense Black Lives Matter, nato nei dintorni temporali dell’omicidio di George Floyd.
Woke è correlato a due sostantivi. Con il primo, wokeness, si intende il “non abbassare la guardia”, sempre in riferimento a quanto scritto sopra, quindi indicherebbe uno stato di “consapevolezza”, in particolare di fronte a problemi sociali come il razzismo e la disuguaglianza. Il secondo è wokeism (italianizzato in wokismo) che indica il comportamento e gli atteggiamenti sensibili alle ingiustizie sociali e politiche.”
Proseguo proponendo il seguente pezzo emerso dal web, e lo pubblico: “Penetrato nel linguaggio politico anche in Europa, Asia e America Latina, woke viene utilizzato principalmente da conservatori e “libertariani” per denigrare l’ortodossia di sinistra, etichettandola come “politicamente corretto”. “Denigrare”, “politicamente corretto”:… quid significat? In quodam sensu? Faccio notare che attorno al tema della libertà si può discutere ad libitum, per chiarirne le accezioni semantiche e la sua evoluzione storica: la libertà-di-dire (la greca parresìa), la libertà-di-fare (la greca eleutherìa); il libertarismo anarchico; il libertinismo illuminista e de-sadiano; la libertà come obbligo (J.-P. Sartre); la libertà come dover-essere (I. Kant, Critica delle Ragion pratica, Laterza, Bari 1970). E infine la libertà come un volere-ciò-che-si-fa (Tommaso d’Aquino in Summa Theologiae, Secunda secundae, ed. EDB, Bologna 1980 e, mi permetto di proporre il mio Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto, ed. Segno 2021), piuttosto che la libertà in quanto fare-ciò-che-si-vuole (liberalismo spicciolo mutuato dagli utilitaristi anglosassoni del XIX sec. come J. Bentham e J. Stuart Mill.) nei limiti dei “confini” con le proprietà e prerogative degli gli altri.
Consiglierei questa carrellata di sintesi sul concetto di “libertà” a politici e giornalisti di tutti e i generi e specie, di tutte le discipline e orientamenti politico-ideologici.
Non condivido una parola, un concetto, un rigo di quanto riportato nel precedente paragrafo, da me successivamente commentato. “Essere-svegli” non è quella roba lì, per cui se uno che deve dire o scrivere “donna” nel senso di “femmina” deve chiedersi – quasi spaventato – se mai qualcuno tra gli uditori si possa offendere. Siamo arrivati a questo punto. In me, quando incrocio frangenti e situazioni di questo genere, non so se prevale un certo qual prudere delle mani, che vorrebbero somministrare un solenne e pedagogico e sonoro schiaffone sul volto dell(-a)’idiota che eventualmente si sia offeso, o se la giobbesca patientiae virtus riesca a frenare il mio istinto rudemente bellicoso.
Tant’é. In ogni dove del web, della tv e dei luoghi dove si conciona si può incontrare qualcuno/ a che straparla di diritti, non avendo spesso alcuna conoscenza della scienza etica ed obiettando che il linguaggio deve rispettare le differenze, anche quelle che chiunque può scegliere, in qualsiasi momento, luogo e circostanza decidendo-che-esistono (ed evito qui di impancarmi in disquisizioni su “essere” ed “esistere” di tommasiana e severiniana memoria, perché inadeguate ai protagonisti di questo, diciamo, dibattito), a partire dal proprio sesso, che definiscono gender. In altre parole ciò-che-conta (per costoro) è come-si-sente-uno/ a.
Se gli/ le chiedi che cosa sia una “donna” ti rispondono di non fare domande provocatorie. Se gli/ le dici che un bambino nasce da due gameti maschili e da due gameti femminili tacciono incupiti, perché, come insegnava Tommaso d’Aquino “contra factum non valet argumentum“, e costoro non hanno argumenta contraria a questi saperi di una scienza genetica di comune conoscenza legata all’esperienza e al buon senso.
Ho fatto troppe volte i nomi di alcuni/ e di questi/ e maestri/ e di pensiero (fo per dir) e non mi ripeto, al fine di non annoiarmi e di non annoiare il lettore.
Un esempio fragoroso! Mi risulta che in Australia siano arrivati a definire per legge una ventina di gender riconosciuti da una specifica normativa. Al di là della – per me (e spero anche per molti altri/e) – evidente imbecillità giuridico-legislativa mi chiedo come colà riescano ad operare efficacemente con i documenti anagrafici et similia. Avranno dovuto perlomeno assumere più personale, e dunque hanno dato una mano positiva ai tassi di occupazione. Mi chiedo anche come si comporti quotidianamente un impiegato che non condivide l’imbecillità… che fa, si tura il naso? canticchia mentre lavora? fa finta di niente?
Nessuno mette in questione che si possa dare un normale processo psicologico e fisico-anatomico di ordine transessuale, per cui una persone che nel corso del tempo di sente “diverso/a” dalla sua natura-di-nascita cerchi di far corrispondere il suo stato corporeo con il suo stato psicologico e spirituale: diverso è sollecitare, promuovere o addirittura tentare di indurre tale processo “culturalmente”, come appare evidente da precise linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.). Questo è inaccettabile, sotto vari profili, a partire da quello di un’etica della vita umana rispettosa del dato fattuale sessuale che in quasi tutti gli esseri umani è chiaramente determinato fin da una certa fase del concepimento, ed è in assoluto evidente al momento della nascita, cioè (lo spiego bene per i dubbiosi) da quando lo staff medico e (solitamente) il padre prima di tutti possono constatare gli organi sessuali primari nel nascituro. La mia esperienza è stata dolcissima e nel contempo drammatica, perché ho aiutato io l’ostetrica quando è nata mia figlia, in quanto la dottoressa era rimasta imbottigliata nel traffico. Con l’ostetrica abbiamo quasi gridato all’unisono: “E’ una bimba“, anche se lo sapevamo da prima. E’ stato il “vedere” con gli occhi come era fatta Bea che mi ha fatto urlare di stress e di gioia!
Si trovano dei video nei quali una gentilissima educatrice interpella un bimbo treenne chiedendogli se si tocca mai il pisellino e, se sì, se prova piacere. Un altro video propone un dialogo tra la solita educatrice e una bimba, che propone lo stesso tipo di domande e di esitanti risposte accompagnate da un timido scuoter delle testoline, annuenti talora o disnuenti tal altra, in un totale infantile imbarazzo. Da non credere che si stia arrivando a questo punto.
In un documento ufficiale l’O.M.S. propone non solo la liceità, ma l’opportunità pedagogica di insegnare la masturbazione (!) ai bimbi da 0 a 4 anni, cioè prima che gli infanti sappiano parlare. Nel corso delle prime e primordiali lallazioni questi disgraziati bimbetti dovrebbero fare in conti con qualcuno dal volto gentile che gli parla di toccamenti intimi e di piacere venereo.
Mi piacerebbe conoscere l’opinione dei politici e giornalisti che in Italia si rifanno a queste idee abominevoli, a queste nequizie infami. Chissà chi lo sa… Mi vengono in mente alcuni nomi e cognomi, che qui evito di scrivere per non indurmi in illazione.
Un’altra enorme stupidaggine libertariana da cancel culture, irrispettosa e idiota è stata il “permesso” (non capisco che natura giuridica abbia in Svezia questo “permesso”) concesso a Stoccolma a un non meglio precisato cittadino cretino e imbecille di poter bruciare pubblicamente una copia del Corano. Papa Francesco, intervistato dalla tv degli Emirati, si è detto indignato e offeso per quel gesto. Ha fatto benissimo. Mi chiedo che tipo di diritto civile sia stato rispettato con quel permesso. Se un ignorante ineducato, di qualsiasi fede politica e o religiosa sia, desidera bruciare una copia della Bibbia, delle Lettere di San Paolo, del Vangelo secondo Giovanni, del Mahabharata o del Corano, o la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo del 1779 o del 1948, lo faccia in privato nel suo cortile e magari danzi intorno al rogo blasfemo. E si vergogni se, quando e in qualche modo avrà mai una resipiscenza estetica, prima e più ancora che etica.
Ecco fin dove si arriva con il culto dei diritti! In quel caso l’autorità svedese ha ritenuto che il diritto libertariano di un cittadino civile sia prevalente sul diritto al rispetto di quasi due miliardi di esseri umani che riferiscono al Corano la loro fede religiosa. Quasi da non credere, perché la notizia è talmente indescrivibile in cretineria da far dubitare che sia vera. Continuo…
Sempre a Stoccolma nei giorni scorsi è avvenuto un altro fatto che dire disdicevole è poco: durante le gare della Diamond League, un circuito internazionale di atletica leggera a premi (teniamo conto che gli atleti migliori sono in pratica dei professionisti che devono allenarsi tutto l’anno e quindi per costoro lo sport agonistico è un lavoro). Nella gara dei 400 ostacoli un gruppetto di imbecilli e cretini (così li ha opportunamente definiti il cronista televisivo) sono entrati sulla pista e hanno impedito al nostro grande Alessandro Sibilio, che è uno dei migliori al mondo in questa specialità, di arrivare al secondo posto dietro il fuoriclasse norvegese Warholm. Sono quelli che si definiscono “Nuova (de, ndr)Generazione“, e che imbrattano quadri e monumenti per protesta sul tema del clima. Oltre all’atto vigliacco e inqualificabile, che cosa pensano di ottenere questi idioti? Attenzione e solidarietà o incomprensione e anche odio?
Viviamo tempi difficili!
Si registrano generalmente: uno sviluppo della “conoscenza tecno-scientifica” e una contemporanea perdita della “sapienza”; si constatano una “sovrabbondanza della tecnica” e una “perdita di autonomia del sapere etico”.
Questi processi producono un diffuso e generalizzato “”habitus di superbia”, che è fomite di “singoli atti di superbia” (la superbia è – notoriamente – caput vitiorum, cioè origine di tutti i vizi e mali) mentre la “virtù di umiltà” (virtù), come senso concretissimo dell’umana finitezza, sta come evaporando. Si tratta di un crescente pericoloso “materialismo disumanizzante e senza senso morale” (attenzione bene: non tanto di un materialismo marxista, bensì consumista!), scrivo nel titolo. Registriamo dunque una perdita della sapienza in contrasto con l’acquisizione di sapere scientifico, che però senza la sapienza non vale nulla, mentre è, di contro, perfin pericoloso nella sua supponenza superba.
Una domanda dispettosa: c’è forse qualche lettore che mi ritiene di destra?
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