Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Leggo un titolo televisivo: “315 milioni di euro il business mensile (mondiale, ritengo) dei tamponi”, cui non fa seguito alcun testo. Alla mia ben esperita sensibilità comunicazionale si manifesta un sottile, surrettizio senso “tra le righe”: “pecunia olet”, in altre parole “il denaro puzza”, perché in questo caso la sua provenienza sarebbe (è) generata dalla pandemia. Altrettanto ho sentito sostenere circa i vaccini: “Pfizer fa guadagni astronomici, approfitta…” etc.

…ma, sant’Iddio, è possibile che questi moralisti da quattro centesimi non sappiano che il lavoro produttivo costa, si paga e remunera? Capisco la critica etica alla produzione di armi e la condivido, ma anche su questo, inviterei i “critici a prescindere” ad ascoltare il delegato Fiom-Cgil della Beretta Spa di Brescia, che produce le migliori pistole del mondo, difendere la sua fabbrica.

Io li ho incontrati, quei delegati, qualche decina di anni fa, ed erano ben consapevoli della contraddizione morale esistente tra il loro diritto al lavoro e la destinazione d’uso delle loro produzioni.

Sul discorso degli armamenti ci sarebbe da indugiare a lungo, perché l’essere umano, ancora, non ti garantisce che a fronte di un’aggressione “porga l’altra guancia”, e pertanto un uso controllato e moderato delle armi resta anche moralmente plausibile. E qui, ovviamente, non sto parlando della produzione delle bombe a grappolo (anche italiane, ma svedesi, norvegesi, svizzere, nazioni tutt’altro che bellicose o belligeranti), che hanno mietuto innumerevoli vittime civili negli ultimi anni, dove la vita umana vale meno di un Kalashnikov di seconda mano (3 o 4cento dollari).

E veniamo ai tamponi e ai vaccini. C’è qualcuno, pro o no vaccini che sia, che discute dell’importanza dei tamponi e non la riconosce? Mi pare siano ben pochi, perché anche i no vax, magari obtorto collo, accettano i tamponi. Ebbene: qualcuno li deve produrre o no, i tamponi? Sì. Per produrre i tamponi occorrono o no, strutture industriali, macchine, impianti, mano e mente d’opera, organizzazione e investimenti? Sì. C’è qualcuno che deve metterci del suo per tutto ciò? Sì. E allora, se tutto questo è vero – sillogismo logico inconfutabile (grazie ancora una volta, Aristotele di Stagira) – è o no “normale” che la produzione di tamponi sia un fatto economico, industriale e commerciale, perché chi li produce deve far sapere che li ha prodotti?

Ancora sì. E dunque, benedetti critici moralisti con la testa tra le nuvole, quale è il problema morale se chi produce i tamponi, incassa denari, prima per pagare gli investimenti, e poi i costi degli approvvigionamenti e di produzione e di commercializzazione? …nei quali costi, solitamente non meno del 30/40 % del totale, è costo del lavoro, vale a dire salari, stipendi, tasse e contributi?

Inoltre, e questo dovrebbe interessare anche ai “critici a prescindere”, che la produzione di tamponi, come di qualsiasi altro bene di consumo o durevole, necessita di occupazione di tutti i livelli, da quelli dirigenziali a quelli più operativi, tutti indispensabili e moralmente dello stesso valore.

Cosa da poco? Domanda retorica.

E vengo alla produzione di vaccini. In generale vale lo stesso discorso fatto sopra. Qui, però, è chiaro che il giudizio sull’utilità o meno dei vaccini cambia.

I no vax, nelle loro varie declinazioni, da quelle più rispettosamente colte e attente alle opinioni altrui, a quelle più sgangherate, tecnicamente ignoranti, e presuntuosamente aggressive. Djokovic e famiglia compresi. Per finire con i complottisti che vaticinano di mutazioni genetiche che sarebbero surrettiziamente predisposte da misteriosofiche associazioni segrete, di cui però non sanno dir alcunché.

Bene: qui deve prevalere, non tanto l’adesione per conformismo, che comunque è sempre presente nell’agire umano, ma le statistiche della scienza medica e della sociologia.

Mi pare inconfutabile che chi è vaccinato è molto più al sicuro di chi non lo è. Non occorre riporti qui gli ultimi dati e magari i dati da una anno a ora. Questo già basterebbe per far finire il discorso, poiché chi produce i vaccini, oltre ad avere avuto fiuto economico, ha anche dei meriti sociali e morali.

Invece propongo qualche altra riflessione, peraltro già da me sviluppata in questo sito più volte nell’ultimo periodo, quello pandemico.

Storicamente, nella contemporaneità, i vaccini, frutto della ricerca scientifica di cui va dato merito ai ricercatori, a chi li ha finanziati (ebbene sì, anche per fini di lucro industriale!) e alla politica che li ha promossi, sono stati indispensabili, prima per contrastare, e poi per distruggere terribili malattie.

Devo ricordare ancora una volta il vaiolo, la poliomielite, la tubercolosi, per citare solo le più letali e devastanti? Sono state sconfitte assieme a molte altre, dai vaccini.

Come genitori siamo abituati a vaccinare i nostri figli in età infantile e noi adulti ci facciamo antitetanica e richiami senza alcun patema. Se dobbiamo andare in paesi e territori a rischio, seguiamo le indicazioni del nostro Ministero degli Esteri e i protocolli indicati per le varie destinazioni.

In questo caso, invece no. E’ successo il pandemonio, un “”quarantotto”. Bene ha fatto l’amico professor De Toni a proporre sul Sole 24 Ore il tema della complessità, per cercare di spiegare questo “quarantotto”.

Il mondo è complesso, noi siamo complessi, il nostro cervello è complesso, e le componenti non sono “contabili” matematicamente, come può esserlo un tornio meccanico da un milione mezzo di dollari. I sistemi viventi sono caotici secondo… natura, e lo scopo della scienza è quelle di penetrarvi sempre meglio, per successive approssimazioni, sbagliando a volte fino a “cogliere nel segno”, come ci ha insegnato Galileo, filosofo e scienziato, quattrocento anni fa, a rischio della propria vita.

Faccio un solo esempio del concetto di complessità, che è filosofico ancor prima che fisico-matematico. Prendiamo il numero 10, numero principe di molteplici operazioni. Bene: in quanti modi si può ottenere il 10? In un numero infinito, che spiega bene come questo dato sia esplicativo del concetto di complessità. Ne propongo alcuni, con addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni: 10 è uguale a 8+2, 12-2, 2*5, 20:2., etc. Allora, caro lettore, come la mettiamo?

Vedi che la natura, con i suoi batteri, virus, a-tomi (in greco traslitterato: a-tomoi, cioè non separabili, che i filosofi greci, Democrito in primis, ritenevano essere le più piccole parti in cui potesse essere divisibile la materia) ed elementi sub-atomici, elementi visibili solo alla microbiologia e alla nuova fisica che studia le particelle subatomiche, particellari o ondulatorie che siano, come i fotoni, ha subito posto l’uomo – nel tempo – di fronte alla complessità della realtà.

L’uomo stesso, con la sua stessa struttura fisica e psichico-spirituale è l’esempio più evidentemente visibile di questa complessità: basti solo pensare al rapporto esistente e mai completamente conoscibile, tra i quasi 90 miliardi di neuroni e le sinapsi che li collegano, per cui ogni momento che passa della nostra vita e nello studio delle cose, questi collegamenti si moltiplicano e noi diventiamo più intelligenti.

Complessità, e dunque la ricerca possibile della verità delle cose, che avanza per prove ed errori.

I vaccini et similia sono stati (e lo saranno) il frutto di questa ricerca per prove ed errori.

Ora appare chiaro, ma non a chi non vuol vedere con onestà intellettuale, oppure è ottenebrato da una invincibile ignoranza tecnica che diventa anche morale, quando vi è la consapevolezza dell’ignoranza tecnica, che i vaccini sono stati e sono una grande conquista del sapere umano attraverso lo sviluppo delle scienze biologiche, fisiche e mediche, e interpellano, come ogni sapere umano, anche il sapere etico, che si deve pronunziare sulla bontà, cioè sulla liceità morale dell’uso di ciò che la scienza propone per migliorare la vita dell’uomo, fino a salvarne la salute e la vita stessa.

E vengo all’ultimo tema connesso, quello che fa dialogare il sapere etico, cioè quello che cerca di definire il bene e il male nell’agire e nella vita umana, e di sceverarli rigorosamente, con le decisioni dei legislatori e della politica.

L’Italia si è data, con merito, una Legge fondamentale, la Costituzione della Repubblica, che tratta il rapporto tra diritti umani individuali e doveri pubblici in modo molto equilibrato e tuttora attualissimo, soprattutto se consideriamo gli articoli 3 e 32, che qui ho già presentato e trattato, cosicché non mi ripeto.

Se la nostra democrazia liberale parlamentare prevede il suo funzionamento diretto, a suffragio universale, per quanto concerne l’elezione del Parlamento, dei Consigli regionali e comunali, e indiretto per ciò che attiene l’elezione del Presidente della repubblica e la nomina del Capo del Governo (cf. P. Calamandrei, N. Bobbio, et alii), ciò che sta decidendo l’attuale governo, è formalmente legittimo e plausibile. Inoltre, a mio parere, proprio tenendo conto della complessità della realtà, della novità di espansione e di contagio di questa pandemia e della ineludibile, e continuamente definentesi strutturazione del reale, anche condivisibile.

Più e meglio di così cosa potrebbe fare il Governo italiano?

E’ chiaro che ciascuno potrebbe avere dubbi e nutrire perplessità, perché toccato nella propria esperienza e nelle proprie esigenze (penso al turismo e alla ristorazione, ma anche ad altri settori), ma lo sforzo cui ciascuno è chiamato a fare riguarda il Bene comune, quel Bene indivisibile (ma non come quello del conteggio delle spese che si sostengono per gli spazi comuni di un condominio suddiviso in millesimi) che è stato deciso fin dai tempi nei quali l’Uomo ha definito con un Contratto sociale le Regole della convivenza.

Oserei dire, qui ripetendomi, fin dalla fondazione delle città di Gerico o di Matera, che sono tra le più antiche del mondo… tant’é che le questioni dei confini, siano tra due proprietà private, siano tra due territori nazionali, hanno storicamente creato conflitti giudiziari e perfino guerre.

Historia, hoc exemplo, docet!

Che dire, allora, del linguaggio di quel titolo da me citato più sopra? Che è intrinsecamente errato, poiché il guadagno conseguito con la produzione di tamponi e vaccini è, non solo legittimo, ma moralmente buono.

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