Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il gesto di Don Corrado e la censura torinese

Stavo pensando in questi giorni se e come trattare questi due temi, che sono nettamente distinti, ma -se pure indirettamente- correlati, poiché ambedue hanno a che fare con la situazione e con il clima ideologico e morale attuale di quest’Italia un poco sconnessa.

Il cardinale Konrad Zajewski, don Corrado pare lo chiamino a Roma, è sceso in un tombino per riallacciare l’energia elettrica in un palazzo dove l’azienda pubblico-privata dei servizi ACEA l’aveva interrotta per morosità degli inquilini. Quattrocento e più persone, con molti bambini. E’ stato lodato dalla stampa legata al Vaticano e ai vescovi, ma pesantemente attaccato dagli organi di stampa di destra, e guardato con qualche sospetto dal PD. Si pensi che l’acuto Zingaretti ha affermato, con una certa preoccupazione, che non è il caso di lasciare tutta la carità e la misericordia alla chiesa, perché un poca la deve fare anche la sinistra politica. Se tale affermazione non mi facesse pena, mi farebbe ridere. Continuo a non capire nulla della strategia del nuovo segretario PD, ove ne abbia una. Salvini, poi, ha invitato il cardinale a pagare le bolletta arretrate.

I giornalisti più vili hanno parlato di elemosina fatta con i soldi degli altri, di case che la chiesa possiede e che potrebbe dare ai senzatetto e ai rifugiati, e via di questo passo. Non voglio difendere la chiesa, ma so che già fa moltissimo in questo senso, soprattutto mediante le diocesi e le parrocchie. Mi è stato chiesto da amici e lettori che cosa pensassi del gesto del cardinale e qui scrivo la mia risposta.

Mons. Krajewski ha operato, su un singolo problema, in modo evangelico, gesuano, e chiaramente il suo gesto ha suscitato scandalo. Qualcuno ha scritto che si è trattato di un gesto “apocalittico” (e condivido), di un gesto, cioè, rivelativo di un qualcosa di molto più grande e profondo. Alla buon’ora che un giornalista conosce l’etimologia e il significato di apocalisse!

Sotto il profilo teologico-morale l’azione è stata cristianamente corretta e giusta. Inappuntabile. Semmai qualche considerazione si può fare sotto il profilo giuridico-legale e dell’opportunità politica di un tale gesto, dove ci può stare qualche critica, soprattutto in riferimento alla dimensione pedagogica della politica, se questa dimensione ha ancora un valore, almeno teorico. Mi viene da sorridere se penso alla capacità pedagogica dei politici attuali di qualsiasi schieramento, dove troviamo la bonomia falso-matura-tecnicamente-ignorante del capo 5stellato, o del cosiddetto “truce” capo lombardo che penso se la farebbe sotto di fronte a un vero pericolo e così la finirebbe di tromboneggiare in giro. E, mio malgrado devo aggiungere anche il capo della sinistra attuale, tanto “qualsiasi” da farmi pensare che c’è un impressionante affollamento nell’aurea mediocritas, e che nessuno si trova nella parte destra della campana di Gantt, la quale, come è noto, accoglie le persone più degne di attenzione.

Secondo tema. Vado al Salone del Libro di Torino mi trovo di fronte un tizio che canta -stonando- Bella ciao in faccia alla giornalista che ha scritto la biografia di Salvini per una casa editrice neonata di destra. Viene fuori ovunque la polemica, tanta che farà vendere una camionata con rimorchio di libri, di quel libro, che sicuramente non sarà altro che uno spottone per il signor “i porti son chiusi”, in mera sineddoche rettorica. Peraltro, chi tira fuori le leggi antifasciste in questo caso mostra una grande ignoranza delle stesse, poiché né le norme costituzionali del 1948, né la Legge “Scelba” del ’52, né la Legge “Mancino” del ’93 ipotizzano la configurazione del reato di ricostituzione del partito fascista nel caso della pubblicazione di un libro come quello in questione.

Per non fare comunella con coloro che parlano a vanvera del tema, riporto qui l’essenziale della normativa, a partire dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana, la quale, pur essendo inserita tra le disposizioni transitorie e finali, ha carattere permanente e valore giuridico pari a quello delle altre norme della Costituzione. Per questa ragione leggiamo il primo comma della XII disposizione finale, che così recita:

È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista“.

In seguito, la legge 20 giugno 1952, n. 645 (la cosiddetta legge Scelba) in materia di apologia del fascismo, sanziona “chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità” di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e “chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.

La legge Mancino del 1993, infine, punisce “i reati di odio e discriminazione razziale e punisce esplicitamente la “esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo”. Infine, nel 2017 in Parlamento è stata presentata una proposta di legge da parte del deputato PD Emanuele Fiano per introdurre il reato di propaganda del regime fascista e nazi-fascista, ma l’approvazione si è arenata per la fine della legislatura e lo scioglimento delle Camere. A sanzionare l’apologia del fascismo restano quindi al XII Disposizione finale della Costituzione repubblicana,  la legge Scelba e la legge Mancino.

Bene, la domanda allora è questa: mi si spieghi se, in che senso e in che modo la biografia di Salvini scritta dalla giornalista Chiara Giannini, e pubblicata dall’editore Altaforte di un sig. Polacchi viola una delle norme sopra riportate. Non lo ho letto e lo leggerò, perché lo comprerò, mio malgrado, poiché non stimo Salvini. Ecco l’effetto che tutto questo sghembo dibattito e anche gli esposti inoltrati alla procura della Repubblica dal sindaco di Torino Chiara Appendino e dal presidente del Piemonte Sergio Chiamparino, quello di contribuire a far vendere una caterva di copie del libro. Bene per Polacchi e Altaforte come impresa, e per i suoi dipendenti, se ve ne sono.

Non credo che questa campagna del politicamente corretto antifascista sposti un voto o un miliardesimo dei sentimenti di simpatia o antipatia verso il fascismo in questa Italia, che è meno stupida di quanto alcuni pensino. L’altro protagonista della vicenda è il salone del Libro di Torino e i suoi responsabili, che hanno negato gli spazi espositivi e promozionali al libro e al suo editore. Una osservazione: negli anni scorsi il nazi-fascistissimo avvocato padovano Franco Freda (ricordi, gentil lettore, la strage di Milano del 12 dicembre 1969?) ha potuto portare più volte le sue pubblicazioni al salone stesso. E poi: siamo sicuri che altre pubblicazioni lì presenti negli anni e pure quest’anno, magari di tutt’altro colore e ideologia politica, non abbiano esaltato in qualche modo la violenza e la sopraffazione? Io son sicuro che lì si può ancora trovare qualcosa che assomiglia ai manuali che Bertani, editore padovano, pubblicava negli anni ’60 e ’70, libercoli ai confini con l’apologia del terrorismo e consigli pratici per praticarlo.

Io sono liberlamente per la libertà di stampa e per una discussione su qualsiasi tema non imbrigliata nelle panie di proibizioni e divieti, come se il pubblico dei lettori non avesse diritto di esprimersi -in democrazia- nella più assoluta libertà di leggere, giudicare, dire: la parresìa greca, proposta dagli antichi sapienti di quella grande cultura fondativa della nostra e, per certi aspetti, superiore alla nostra. Prima di questo pezzo ho pubblicato il saggio sulla libertà che mi sono affaticato a scrivere nell’ultima settimana. Mio caro lettore, se hai pazienza, dagli un’occhiata.

Per concludere vengo al rapporto che io intravedo tra il gesto del cardinal Krajewski e la storia del libro su Salvini: Quale il comun denominatore? Mi pare di poter dire la superficialità, l’incapacità di analizzare i due fatti ricorrendo a tutte le informazioni, notizie e nozioni che sono necessarie per non discutere in modo irrispettoso dell’intelligenza altrui, di qualsivoglia interlocutore o dialogante. Allora: i politici, tutti (con qualche eccezione che scompare nel mare di idiozie che si leggono e si ascoltano) parlano solo per convenienza propria, della propria carriera politica e del proprio partito, anch’essi largamente disinformati, ignoranti per pigrizia e inerzia intellettuale; i media alla rincorsa del consenso facile di fruitori web e di lettori, dove non serve competenza specifica e integrità morale, ma solo o prevalentemente l’urlo del titolo e l’inganno della tesi sostenuta (con qualche lodevole eccezione, come si può constatare, ad esempio nel Foglio e in Giuliano Ferrara in particolare, che non silenzia mai la sua intelligenza). Questa è la situazione, per cui ognuno, peroro questa causa da qui, legga, si informi, approfondisca, senza dare peso a ciò che propongono i su nominati, per formarsi un giudizio libero e autonomo. Autonomia è un altro nome della libertà.

Mi prenderebbe l’uzzolo di parlare estesamente anche di un’altra allegra e indisponente pensata di un politico, anzi di una donna in politica, la famosa cosiddetta Ladylike del PD veneto, Alessandra Moretti, candidata alle Europee, che sta proponendo di oscurare con tendine amovibili crocifissi, madonne, angeli e altre immagini e simboli religiosi nei cimiteri, quando si svolge lì nei pressi il funerale di un agnostico o ateo, i cui parenti pensino che l’estinto ne sarebbe offeso o loro stessi. Penso che il 99,99% delle tombe abbiano simboli religiosi, più o meno rappresentativi del tipo di vita del defunto, ma consoni a una tradizione più che millenaria.

Resto senza parole di fronte a una proposta del genere, poiché, e lo ho già scritto in un pezzo precedente, immagino che un avvocato come la signora abbia, se non altro per inerzia, una qualche nozione di storia, di storia delle religioni, di antropologia culturale, di sociologia dei simboli, e via dicendo. Ma forse no, non è detto. E, per questa stronzata, il 26 maggio non so se voterò quel partito, perché nulla di nulla mi avvicina alla bella donna citata, essendo io distante un miliardo di anni luce dalla stupidità così clamorosamente data in pasto alla rete e al giudizio del mondo ivi navigante. Amen

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