Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Cattiveria, obbedienza, “etica”?

Solido e determinato“, così è definito Erich Priebke sul web enciclopedico. Morto ieri a Roma a cent’anni. Corresponsabile operativo della strage delle Fosse Ardeatine, transfuga dopo la Seconda Guerra mondiale a San Carlos de Bariloche in Argentina, grazie all’assistenza dell’organizzazione “Odessa”. Priebke fu aiutato da alcuni preti altoatesini, quali Johann Corradini di Vipiteno e Franz Pobitzer di Bolzano, e dal vicario separazionista Alois Pompanin.

La sua pervicace lucidità gli fece sempre confermare una scelta fatta in gioventù, quando nel 1933 entrò nel Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (il Partito Nazista) e Himmler lo apprezzò per com’era, inserendolo nel corpo delle SS, dove fu nominato capitano (SS-Hauptsturmführer).

Al nostro pensiero naturale il suo atteggiamento risulta incomprensibile. A differenza di Eichmann, Priebke non è stato catturato da una nazione dove vige la pena di morte, altrimenti la sua sorte sarebbe stata la medesima. Eichmann si difese, inutilmente, richiamandosi al “principio di obbedienza” agli ordini dei superiori, per la quale si era sentito in dovere di organizzare con grande acume logistico le operazioni di trasporto della Shoah.

Priebke scelse con cura le 335 persone da fucilare per rappresaglia dopo l’attentato di via Rasella il 23 marzo 1944. Personalmente uccise con un colpo di pistola alla nuca molte persone.

Cattiveria? Sì, certamente, nel senso di un “essere prigionieri di se stessi”.

Obbedienza? Cioè attuazione della virtù di ascolto attivo di chi poteva comandargli? In nome di quali principi?

Atteggiamento eticamente fondato?

Se vogliamo ragionare con rigore, entrambe le risposte sono ““: Priebke fu obbediente e rispettò un’etica. Un’etica, non l’etica. Perché di etiche ve ne sono molte, una delle quali è la sua, quella di Eichmann, di Bormann, di Starace, di Josip Vissarionovic Džugašvili, il georgiano Stalin, che prevede di obbedire agli ordini, quali che siano, rispetto al valore della vita umana. Un’etica che si può definire prescrittivistica, ignara del valore delle conseguenze di un agire, o meglio, indifferente a questo valore, anche se riguarda la vita umana e il suo rispetto.

Stamani hanno chiesto alla figlia di un uomo fucilato alle Fosse che cosa provasse alla notizia della morte di Priebke, e la risposa è stata: nulla. E io? Non so: non odio, non spirito di vendetta, non altro che silenzio al pensiero di ciò che l’uomo può pensare, scegliere, fare. L’uomo.

Oggi vi è anche chi vuol far diventare penale il “negazionismo“: che facciamo, mettiamo in galera chi nega la Shoah e i crimini di Stalin e di Pol Pot. Povero Voltaire, che si rivolterebbe nella tomba!

E, in ogni caso, ignorantissimo e banalissimo sindaco di Roma Ignazio Marino, i morti vanno seppelliti, non fosse altro perché l’uomo si differenzia dagli altri animali anche per questo.

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