Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

La Banalità del Male

“I lager sono i laboratori dove si sperimenta la trasformazione della natura umana […]. Finora la convinzione che tutto sia possibile sembra aver provato soltanto che tutto può essere distrutto. Ma nel loro sforzo di tradurla in pratica, i regimi totalitari hanno scoperto, senza saperlo, che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire né perdonare. Quando l’impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva più essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell’interesse egoistico, dell’avidità, dell’invidia, del risentimento; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l’amicizia perdonare, la legge punire”. (da Le origini del totalitarismo)

Così Hannah Arendt scrive dei limiti del male raggiunti dai suoi (nostri) contemporanei.

Sulla filosofa ebrea tedesca scrive Diego Fusaro: “Nel 1961 Hannah Arendt seguì le 120 sedute del processo Eichmann (il famigerato criminale nazista) come inviata del settimanale New Yorker a Gerusalemme. Otto Adolf Eichmann (nato nel 1906), era stato responsabile della sezione IV-B-4 (competente sugli affari concernenti gli ebrei) dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich (RSHA), organo nato dalla fusione, voluta da Himmler, del servizio di sicurezza delle SS con la polizia di sicurezza dello stato, inclusa la polizia segreta o Gestapo. Eichmann non era mai andato oltre il grado di tenente-colonnello, ma, per l’ufficio ricoperto, aveva svolto una funzione importante, su scala europea nella politica del regime nazista: aveva coordinato l’organizzazione dei trasferimenti degli ebrei verso i vari campi di concentramento e di sterminio. Nel maggio 1960 agenti israeliani lo catturarono in Argentina, dove si era rifugiato, e lo portarono a Gerusalemme. Processato da un tribunale israeliano, nella sua difesa tenne a precisare che, in fondo, si era occupato “soltanto di trasporti”. Fu condannato a morte mediante impiccagione e la sentenza fu eseguita il 31 maggio del 1962. Il resoconto di quel processo e le considerazioni che lo concludevano furono pubblicate sulla rivista e poi riunite nel1963 nel libro “La banalità del male” (Eichmann a Gerusalemme). In questo libro la Arendt analizza i modi in cui la facoltà di pensare può evitare le azioni malvage.”

C’entra eccome la banalità del male con il pensare, con la capacità di discernere tra giusto e sbagliato, di giudicare, di trattare le cose da un punto di vista etico.

Scrive ancora Fusaro: “La prima reazione della Arendt alla vista di Eichmann è più che sinistra. Lei sostenne che le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, ne demoniaco ne mostruoso“.

Eichmann le appare come un uomo comune, quasi dimesso, al punto da far quasi ritenere impossibile che avesse capi di imputazione come quelli che l’avrebbero condotto alla condanna a morte. Arendt è sorpresa da questo e anche dal fatto che l’uomo non le sembra stupido, ma solo … incapace di pensare.

Eichmann ha ubbidito a una morale, quella “prescrittivista legalitaria”, ha ubbidito agli ordini senza pensare alle conseguenze di quegli ordini. Come altri, nazisti e stalinisti (e non solo), egli appariva ed era un uomo perfettamente “normale”, ma capace di atti mostruosi. Arendt registra dunque una “banalità del male” insita nella burocrazia cieca che agisce senza il pensare umano. Nota che vi è un pericolo estremo, radicale nel non-pensare. Un uomo normale in grado di compiere crimini da “hostis generis humani“, ovvero “commette i suoi crimini in circostanze che quasi gli impediscono di accorgersi o di sentire che agisce male“. Può dunque il “pensare” aiutare l’uomo ad evitare di fare il male? Si chiede Arendt. 

Al processo Eichmann la Arendt dice: “Mi sono sentita scioccata perché tutto questo contraddice le nostre teorie sul male“. E continua: “(il male) non poteva essere a lungo spiegato e capito con malvage ragioni di egoismo, avidità, bramosia, risentimento, sete per potere, e codardia“.

Comprende che vi possono essere altre ragioni. E sostiene che la capacità di pensare può aiutare, a volte una minoranza, a riconoscere il bene e il male e a distinguerli, accettando di pagare a questa verità anche il prezzo più alto, quello della vita.  Costoro sono giudicati dal giudice più alto, la loro stessa coscienza, che risuona nell’intimo dei loro cuori.

E questa capacità non presuppone una intelligenza particolare, ma semplicemente la facoltà, non resa ottusa dalla assuefazione, di dialogare con se stessi, come insegnava Socrate, cioè “pensare”.

Fusaro: “L’incapacità di pensare non è stupidità: può essere presente nella gente più intelligente e la malvagità non è la sua causa, ma è necessaria per causare grande male. Dunque l’uso del pensiero previene il male. Una delle questioni principali della Arendt è il fatto che un’intera società può sottostare ad un totale cambiamento degli standard morali senza che i suoi cittadini emettano alcun giudizio circa ciò che sta accadendo. La Arendt sceglie Socrate come suo modello di pensatore. Una maniera per prevenire il male è come detto sopra rintracciabile nel processo del pensare“.

Il pensare socratico, presentato come arte dell’indagare, crea la perplessità, il dubbio, che costringe a sua volta a continuare a pensare.

In un trattato scritto per un dibattito su “Eichmann a Gerusalemme” nel Collegio Hofstra nel 1964, Arendt ha affermato che banalità significa ‘senza radici’, non radicato nei ‘motivi cattivi’ o ‘impulso’ o forza di ‘tentazione’.

E afferma: “La mia opinione è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né la profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare tutto il mondo perché cresce in superficie come un fungo. Esso sfida come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, andare a radici, ed nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”… solo il bene ha profondità e può essere integrale.”
 
 
 

 

 

Post correlati

0 Comments

Leave a Reply

XHTML: You can use these tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>