Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

La superbia e l’invidia del politico tra cene presunte e dintorni

Mi ha stupito, ma non più di tanto, il ridicolo atto di superbia dell’ex ministro Carlo Calenda che, dall’alto della sua autostima, ha invitato a cena Renzi, Gentiloni e Minniti, cioè i due capi dei governi PD appena passati più il ministro più brillante, per discutere, loro sì uomini molto importanti, del futuro del Partito democratico, da tempo in crisi di identità e di consensi.

In quattro come i tre più uno – moschettieri Athos, Porthos, Aramis e D’Artagnan (che sarebbe Calenda), o come Tex Willer (sempre lui, il calen di maggio) e i suoi tre pards, Kit Carson, Tiger Jack e Kit il figlio di Tex.

Ma come gli è venuto in mente di rendere pubblica una cosa del genere? Perché non li ha invitati a cena in privato e non ha evitato di informare l’universo mondo di tanto importante convivio. Infatti, chissenefrega di Calenda e dei suoi inviti a cena? E io che pensavo fosse intelligente, magari un po’ più di molti compagni di partito di vertice, ma no, è un montato come tanti altri.

All’ex ministro dello sviluppo economico ha risposto Nicola Zingaretti, famoso anche perché fratello del bravo attore Luca, checché lui ne dica, proponendo una cena con la cosiddetta “società civile”, cioè la gente “comune”: operai, studenti, disoccupati. Eccolo là: gente “comune”, perché lui non è “comune”. In Veneto, a meno di venti chilometri da casa mia, si dice “peso il tacòn del buso“, cioè peggio il rattoppo dello strappo sulla giacca riciclata del nonno in una famiglia povera, facente parte della “società civile”, o della gente comune.

Facciamo il punto: il PD è quella roba lì almeno al vertice, o sé putante tale: il segretario Martina neppur considerato. Gli altri un po’ più sotto, le Boschi e le Pinotti, l’Orlando e c., scomparsi. L’unico guardabile, se non altro per eleganza e stile è il colonnello Cuperlo, ma in tanta solitudine.

Stavo pensando a mettermi in gioco partecipando alla prossima stagione congressuale del partito di cui sopra, ma dovrei avere qualche garanzia che la nave dei mediocri e dei folli non mi faccia fuori subito, perché sai, mio gentile lettore, non vale niente contro le alleanze degli stupidi, ché contro queste perdi, perdi sempre. Son capaci, se non di batterti sul piano dialettico-qualitativo, di riempire il tuo nome di contumelie seppellendoti sotto una montagna di falsità nutrite di invidia.

Questi sono persi in un luogo senza tempo e senza spazio.

Dall’altra parte, caro lettore, abbiamo le sublimi, si fa sempre per dire, intelligenze furbette di Salvini e Di Maio: questo secondo non sa neppure che cosa è la vergogna. Dopo ogni gaffe, riparte da capo, nel suo completino scuro, capello corto perfettamente tagliato ed eloquio arrogantemente impreciso. Il bimbo arrogante ora “pretende” che il ministro dell’economia prof. Giovanni Tria “trovi i soldi per gli Italiani“. Come? Magari rapinando banche?

Il primo ha più esperienza e la usa: non vi è argomento di cui non si interessi, lanciando campagne quotidiane sui social, capace ogni giorno di battute assai memorabili, come “molti nemici molto onore”, e altro d’ameno.

Ora i governativi sono al sessanta per cento dei consensi stimati, un più dieci in meno di quattro mesi, mentre tutti gli altri calano.

Cercano di tener la barra del vascello a dritta i ministri degli Esteri e dell’Economia, dove cerca di ingerirsi il prode ultraottantenne Savona. Il premier, o non so come chiamarlo, anzi sì, presidente del Consiglio dei ministri (ex art. 92 della Costituzione della Repubblica Italiana), non appare come solitamente appare -in metafisica- l’essere all’evidenza, forte di una debole voce qualsiasi, l’avvocato del popolo, novello Marat dallo studiato ciuffetto scuro in fronte.

Tornando a “sinistra” troviamo l’acronimo-sberleffo “L.E.U.”, che non sa che fare, ma non è un guaio perché non se ne accorge nessuno, o forse solo qualche nostalgico un poco disinformato.

A centro-destra, non posso non riconoscere un qualche merito, una qualche malinconica razionalità al vice di Berlusconi, l’Antonio vicepres del Parlamento europeo, e… udite udite, perfino allo stesso cavalier Silvio. Non l’avrei mai pensato. Accanto a questi abbiamo quel-che-resta del fascismo dolce della romanina, front woman speculare al partitino di sinistra sopra citato.

Mi perdoni il lettore questi ragionamenti intrisi di para-lombrosismi surrettizi, ma faccio fatica a evitarli, una fatica boia.

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