Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Sono scivolato via

aeternitas sub specie aeternitatiscogitabundusChe bello non restare pesantemente abbarbicati al “proprio“, o ritenuto tale. Che bello. Nulla ci appartiene, tutto scorre, come spiegava l’antico maestro Eraclito di Samo.
Nella mia vita mai mi sono attardato o ho indugiato in ricoveri ricettacoli da confort zone.
Ho preferito spostarmi e con me spostare l’ombra che mi accompagna, l’ingombro naturale e anche quello culturale.
Quante persone vedo incapaci di percepire il loro proprio ingombro, quante!
Lavoro, vita, ambienti vari, parentado, hobby sport e tempo libero. Ovunque il tuo cilindro (cf. in L’uomo e i suoi gesti di Desmond Morris) di occupazione dello spazio fisico-mentale si assesta, ingombra.
Ed è meglio saperlo, esserne autoconsapevoli, conoscere il disagio inesprimibile che dopo un po’ attanaglia gli altri, che son lì, con i loro “cilindri fisici”, presenti, rumorosi, odorosi, inconsapevoli, diversamente -talora- da te che invece scompari alla vista, per ridurre l’ingombro nel tempo tuo condiviso con gli altri.
Poi quando uno scompare, o muore, o si sposta, lascia uno spazio e un tempo non più condivisibile.
A volte il rimpianto. Che bello!
Sono andato via da molti posti, da lavori, affetti, e anche tensioni che forse, restando, avrei acuito.
A volte le voci esterne disturbano, disturbano le voci di dentro, quelle che stentano a farsi ascoltare dallo spirito, e allora bisogna cogliere il momento, il tempo giusto, il kairòs della tua vita che scorre, e andarsene.
Magari per un po’ di tempo, prima di farlo per sempre.

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