Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Emanuele di Alatri

Caro lettore,

Emanuele è morto ucciso da un branco di delinquenti appartenenti alla gente “normale”. La statistica psichiatrica spiega che atti di questo genere sono commessi solo nel 10% dei casi da soggetti psicopatici, mentre il restante 90% è opera dei “normali”. Sarà anche che la violenza inter-umana è in declino rispetto al passato, come spiega nel suo classico libro in tema edito nel 2012 Steven Pinker, ma è difficile sopportare azioni come quella di Alatri. Gli specialisti della mente aggiungono anche che certi soggetti, se ottenebrati da alcol e droghe, in situazione di branco, abbassandosi radicalmente l’autocensura e la soglia critica morale, magari anche anempatici, possono diventare autori di nefandezze come quella di Alatri. E si è anche tentati di riprendere per mano un certo biologismo materialista alla Lombroso, o almeno alla Adrian Raine (cf. il suo Anatomia della violenza, Mondadori Università, 2016).

L’azione mala appartiene all’uomo e alla sua libertà. L’azione mala è compiuta dunque in piena responsabilità, ché quando si decide di bere o di drogarsi si sa di poter perdere del tutto o in parte il controllo delle proprie azioni. E quindi si decide di poter diventare dei criminali. I due maledetti bastardi, fratelli di 27 e 20 anni che hanno massacrato Emanuele ora meriterebbero di essere processati per direttissima, prendere l’ergastolo e chiudere il discorso qui, anche se avessero lesioni congenite orbito-frontali, ma così non accadrà, in questo stato di semi-diritto, di semi-democrazia, di paradossi giuridici, per cui chi delinque in questo modo è spesso condannato a pene risibili in proporzione alla gravità del delitto commesso, che in questo caso è aggravato dalla futilità e dalla crudeltà. In un contesto di omertà locale legata a una tradizione nefasta.

Detto questo d’impeto, rientro in un tono che mi è più consono. Quale è la lezione che si trae dall’ennesimo crimine contro la persona? Una lezione complessa, da equilibrare con cura, rifuggendo dai due estremi della colpa totalmente individuale e dalla colpa sociale, o sociologica che sia. Ho letto infatti alcuni commenti di benpensanti “politicamente corretti” alla Gianfranco Bettin, che, dopo avere fatto un rapido cenno alla responsabilità individuale dell’azione mala, si sono subito affrettati a buttarla sul sociale, sui cattivi esempi televisivi, sui linguaggi violenti etc. Tutto vero, ma non esageriamo. Conosco persone che hanno avuto infanzie disgraziate e che sono meravigliosamente umane, così come ne conosco altre, viziate e privilegiate, che sono esseri spregevoli. Si dirà: la sofferenza tempra e l’agio rammollisce. Vero anche questo, ma fino a un certo punto. E allora?

Il lavoro da fare è immenso, in una situazione in cui le agenzie educative sono indebolite e la cultura della responsabilità individuale piuttosto negletta. Non è né di destra né di sinistra riprendere un discorso fondato sull’antropologia reale, non su quella presunta, ipotizzata o auspicata. Se non si agisce con fermezza e lungimiranza nell’ambito educativo, la deriva attuale non potrà che peggiorare, sapendo che molte persone, ambienti e situazioni sono degradati a un punto tale da non consentire scorciatoie ottimistiche. Una disciplina fondamentale che potrebbe servire è la consulenza filosofica, così come è declinata nella modernità, sulle tracce di Socrate e Platone, dall’esperienza del professor Achenbach a quella di Phronesis, e quindi alla mia. Consulenza filosofica individuale e di gruppo, che gli Enti locali potrebbero promuovere, a partire dal Comune di Alatri: seminari e riflessioni sui valori umani, sulla pari dignità, concetti semplici da capire anche da parte di persone “normali”. In questo modo si porterebbero nell’ambito sociale sollecitazioni razionali, culturali e morali in grado di ristrutturare il pensiero. Ancora una volta l’intelletto e la ragione sono la dimensione e il luogo dove si può sviluppare la crescita interiore delle persone.

Forse occorrerebbe perfino, oso dire, una revisione dello stato di diritto nel senso di operare una sorta di contaminazione obbligatoria di buona cultura morale sociale nelle zone meno civili della nazione, magari imponendo insegnanti e pedagogisti provenienti da fuori, anche dall’estero, ben pagati e motivati. Occorre mescolare le carte, come un tempo faceva la leva obbligatoria, inopinatamente depennata dall’ordinamento. Idee di destra? Ma non fatemi ridere, sono solo idee nel vuoto pneumatico che ci affligge.

Ah, aggiungo una penultima: è apparsa sul web una infinita stronza vegana che ha postato la foto di Emanuele pescatore con una bella trota catturata e la didascalia seguente: “Emanuele è stato ucciso, e anche il pesce“. Ignobile.

E  un’ultima: il giorno stesso dell’omicidio un Gip romano ha rilasciato il più vecchio delle due carogne dopo una notte in guardina, perché gli avevano trovato in casa centinaia di dosi di coca, maria giovanna e hashish, ma siccome “era per uso di gruppo”, allora…

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