Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

i sette cavalieri

marco pantaniCaro lettore in questo luglio strano,

l’uomo pedala rabbioso nel sole pirenaico. E’ Ottavio da Colle Umberto. Vince contro Francesi (Pellissier), Lussemburghesi (Frantz) e Belgi (Buysse) il suo secondo Tour. Tappe di quattrocento chilometri sfiancano i ciclisti, polvere strade sterrate, pipì in corsa allargando il pantaloncino di lana. Stravolti e infangati con i tubolari a tracolla arrivano al traguardo che fa notte. Tourmalet e Izoard sono già nomi e tregenda.

Gino il toscano si ritira dopo l’aggressione, Fiorenzo in maglia gialla. I Francesi della campagna, feroci eredi dei Galli Germani, li hanno attaccati a sassate, perché vincevano, come Gino aveva già fatto nel ’38. Poi Gino vince per gli Italiani dieci anni dopo: dicono che abbia salvato la Patria dalla guerra civile. Ha già spianato i colli di Ottavio e altri, come l’Aubisque e il Galibier. Gino, Giusto delle Nazioni.

Fausto viene dopo, e ne vince altri due, battendo Bobet e Koblet. L’uomo di Castellania sui pedali sembra volare. Tra lui e Gino, che gli sopravvive di trent’anni e oltre c’è la storia più grande della corsa, la borraccia passata, la gara, il coraggio, la fatica, la differenza, il destino. Se forse qualcuno sarà più forte, Fausto è il più grande, nessuno gli è vicino quando nell’aria rarefatta dà un ultimo sguardo a chi inesorabilmente supera, per andare oltre i tornanti, nella nebbia delle vette altissime.

Questi i racconti di Pietro. Ah, un ultimo cavaliere, Gastone di Toscana, che manca ancora giovane, dopo avere visto i Campi Elisi vittorioso. Era il 1958. Ne lessi da ragazzo, più tardi.

E nei nostri tempi tre cavalieri delle sterminate strade del Tour, capaci di andare oltre: uno sapiente se pur giovane, solidissimo bergheimer, Felice, vincitore di Raymond, l’eterno secondo francese; l’altro veniente dal mare, Marco, elegante gazzella delle salite (ricordati di Oropa), capace di lasciar nella pioggia il potente e teutonico Jan, già vincitore della Grande Boucle. Marco resta, nel tempo e nel vento, andato via ancor giovane, triste e glorioso, fortissimo e fragile, come ciascuno di noi.

E infine colui che sta correndo ancora, in quest’ora del giorno, venuto dal Mare meridionale, Vincenzo campione di asciutta umiltà, capace di andare, anche lui, più in alto degli altri, e prima.

Excelsior, sempre più in alto, ma non schiacciando l’altro, semplicemente cercando se stesso.

 

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