Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

“Eri sul mio cammino, per questo ti ho aiutato”. In questo modo ho risposto allo studente che mi chiedeva un po’ stupito per quale ragione lo avessi aiutato a concludere l’itinerario accademico, mentre altri docenti lo avevano snobbato ed escluso dal loro interessamento. Socrate e Gesù di Nazaret, due maieutiche (o pedagogie) a confronto. Due maestri diversi per i giovani di ogni tempo, anche per quelli di un tempo che ora son diventati dei vecchi… ragazzi. Infine: “Quello che conta non è ciò che si ha, ma ciò che si fa” (Mahatma Gandhi)…e, aggiungo io, “ciò che si fa rappresenta ciò che si è”

Eri sul mio cammino, per questo ti ho aiutato“. In questo modo ho risposto allo studente che mi chiedeva un po’ stupito per quale ragione lo avessi aiutato a concludere l’itinerario accademico, mentre altri docenti lo avevano snobbato ed escluso dal loro interessamento.

(Socrate)

Giovanni è uno studente lavoratore cinquantenne che giunge al momento fondamentale della laurea avvalendosi di un percorso di insegnamento della Religione cattolica, assieme con la frequentazione dei corsi previsti e all’effettuazione dei relativi esami alla Facoltà teologica. Sottolineo le modalità di questo percorso per valorizzarne gli aspetti virtuosi di perseveranza e talora faticosa partecipazione, di questi tempi nei quali è difficle dipanare una traccia razionale su ciò che sta avvenendo nel mondo.

Il tema scelto propone implicitamente il valore e il senso del dialogo inter-umano e, in particolare, di un parlare di Socrate, nell’ambito dei dialogi platonici, in questo strano, difficile e drammatico 2025, per rapporto con la lezione evangelica, e in particolare con i modi espressivi e relazionali del Maestro nazareno.

Per Giovanni, innanzitutto il “dialogo” non è sinonimo di “colloquio”, perché “dia-logo” è “parola-che-attraversa” (lo spazio tra l’interlocutore 1) e l’interlocutore 2), non un mero cordiale “parlare-assieme”).

Quanto mancano di veridicità e di onestà intellettuale i dialogi politici che si svolgono a tutti i livellii! La diplomazia, che prevede anche sotterfugi e ambiguità, non può da sola spiegare quanto sta avvenendo.

Il dialogo è la precondizione e la via per attuare il momento educativo, nel quale Socrate propone la possibilità della ricerca di una  forma di eudaimonìa attraverso il lògos. Una ricerca della felicità possibile a questo mondo, utilizzando la ragione e il sentimento, assieme, come in un romanzo inglese dell’Ottocento.

In ciò si rivela una prima differenza tra la lezione socratica e la lezione gesuana. Per curare il processo di comprensione dell’altro al fine di poter capirne qualcosa, occorre la maieutica, ponendo a confronto le due tipologie: a) quella socratica e b) quella gesuana, che sono i mezzi per educare coltivando, sia le affinità, sia le diversità delle-e-tra-le-persone.

Anche la phrònesis, come prudenza (nell’analisi), non può prescindere da un uso equilibrato dell’ironia (socratica).

La differenza fondamentale tra il dialogo e la maieutica gesuana rispetto a quella greca è l’attenzione, non tanto alla logica, ma al vissuto dell’interlocutore

Gesù è sì un maieuta, dunque, ma nel senso di essere un ràbbi capace di parlare, sia alla singola persona, sia alle folle degli uomini e donne, usando di volta in volta le modalità adatte alla diversa situazione.

Il confronto tra la maieutica “educativa” di Gesù e quella greca porta alla centralità della “verità esistenziale”, che deve quasi prevalere sulla verità logica, così come sotto il profilo etico, deve prevalere la verità fattuale sulla verità processuale, senza rifiutare quest’ultima, poiché, come la verità logica si richiama alle dimensioni complicate della vita, così la verità esistenziale si richiama alla complessità tipica del vivente-autocosciente (l’uomo).

Se si vuole si può individuare in Tommaso d’Aquino una sorta di “semaforo” tra Socrate e Gesù di Nazaret, nel senso che il teologo-filosofo cristiano recupera, anche tramite Agostino, una linea di lettura antropologica che dalla grande filosofia greca porta alla lezione evangelica

L’Uomo, dunque, ha i mezzi e gli strumenti, il metodo, per “uscire-nel-mondo”, tramite un’agàpe capace di dialogare anche con l’èros (cf. lettura del Cantico dei Cantici in Origene): è l’effatà ( cioè “l’apriti al tutto”).

Il tema della comunicazione come strumento della relazione è presente nel dialogo socratico-platonico, così come nei dialogi gesuani, tramite i contatti individuali e le parabole dette dinnanzi alle folle, sia infine nelle relazioni intra-trinitarie.

Si dà, quindi, un possibile dialogo fruttifero tra il dialogo greco e il dialogo evangelico, per costruire un dialogo cristiano nella e con la società contemporanea.

Due maestri diversi per i giovani di ogni tempo, anche per quelli di un tempo che ora son diventati dei vecchi… ragazzi.

Infine, sintetizzando il tema si può dire che: “Quello che conta non è ciò che si ha, ma ciò che si fa e si dice, se coerente con ciò che si fa” (Mahatma Gandhi)…e, aggiungo io, “ciò che si fa rappresenta ciò che si è“.

Desidero chiarire bene il concetto gandhiano, che richiama anche la lazione kantiana sulla libertà. in quanto “la libertà non è fare-ciò-che-si-vuole, ma volere-ciò-che-si-fa”.

Il fare conta più dell’essere esteriore, ad esempio l’essere sociologicamente di status: uno nasce figlio del principe Ranieri di Monaco ed è un Grimaldi ricco e potente finché vive, perché uno spermatozoo nobiliare ha incontrato l’ovulo di Grace. Avesse incontrato l’ovulo di una prostituta di Pigalle… Nevvero? Chiaro?

I venerati fiancheggiatori delle dittature. Ooooh quanto piacciono ai Montanari, ai Bonelli e ai Frate Janni i gabanoni che tengono prigionieri politici a Evin. Che fatica a dire che va bene dare un colpo di mano alla teocrazia iraniana, nevvero, buttando giù il portone di acciaio di Evin?

Paura di state con Israele e non con i propal, che non so che cosa siano, perché non hanno l’essere pur avendo un inutile exsistere. Sugli orrori di Gaza ho già scritto molte volte e perfin troppo. C’è solo da augurarsi che finisca ieri, e che il Netaniahu riceva il premio eterno dell’inferno, anche se lui non ci crede, anche da questa terra.

E poi sono gli stessi e le stesse che chiamano la maternità surrogata “portatrice gestazionale” e invece e solo utero in affitto, un abominio.

Tanti temi che a latere del dialogo sono stati posti nella discussione di tesi di Giovanni.

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