Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il Natisone è un fiume bellissimo, non un “posto maledetto”, cara madre dolente, perché nessuno lo può maledire, e se qualcuno lo maledisce non mostra di comprendere come stanno le cose. Non si può accusare un luogo della Terra, un fiume, di una qualche malvagità, con un giudizio morale che non appartiene alla natura, perché un fiume a regime torrentizio fa “il fiume a regime torrentizio”. Piuttosto: che dire di ragazzi venti/venticinquenni, più o meno laureati, che si abbracciano in trenta centimetri d’acqua a sei o sette metri dalla riva, invece di fare quattro salti ciangottando in modo da raggiungere la salvezza sulla vicina sponda? Forse che sui social non avevano trovato l’indispensabile tutorial? Andiamo! Provo una grande pietas per i tre ragazzi e i loro cari, ma anche un’infinita rabbia per ciò che loro stessi e i loro pedagoghi (genitori e insegnanti) non hanno fatto per farli vivere-nel-mondo, non nell’ambiente virtuale del nulla social

Il Natisone è un fiume bellissimo, non un “posto maledetto”, cara madre dolente, perché nessuno lo può maledire, e se qualcuno lo maledisce non mostra di comprendere come stanno le cose. Non si può accusare un luogo della Terra, un fiume, di una qualche malvagità, giudizio morale che non appartiene alla natura, perché un fiume a regime torrentizio fa “il fiume a regime torrentizio”. Il giudizio morale si attaglia solo all’uomo provvisto di coscienza, anche se a volte si tratta di coscienza erronea, come in questo caso.

(il fiume Natisone)

Il Natisone nasce poco oltre il confine tra Slovenia e Italia. Attraversa il displuvio del monte Matajur mentre si affaccia su una delle Valli favolose, prima di accogliere gli altri fiumi smeraldini che scendono da altri versanti, e prima di traversare la (non per meriti Unesco, che a Cividale fanno il solletico, come pure a me) magnificente Forum Julii, di cesariane e cristianissime antiche memorie. Il Tempietto longobardo si affaccia sul Fiume a Cividale, quasi a bene-dirlo (altro che male-dirlo!). L’effigie statuaria del grande generale accoglie il viandante davanti al Duomo lombardesco. Sul Fiume si inarca il Ponte del Diavolo di cui racconti arcaici narrano di patti e di segreti. Leggende, come quelle delle fate acquarole, dette krivapete, dai piedi rivoltati, che vivono lungo i corsi d’acqua cristallina verso il confine, da cui entrarono per duemila anni genti di terre lontane.

Ricordo che in Seconda elementare il maestro Costantino ci intratteneva con passione e competenza su tutti i fiumi del mondo, di cui già mio papà Pietro mi parlava con entusiasmo. Ero in Quinta elementare quando mio padre mi raccontava di tutti i fiumi del mondo, chiamandoli a uno a uno per nome, e specificandone le lunghezze.

Partiva di solito dalla Spagna e iniziava a dirmi del Tago (o Tejo), del Duero (o Douro), della Guadiana, del Guadalquivir e dell’Ebro, per poi passare alla Francia, con la Garonna, la Senna, la Loira, la Mosa e il Rodano… e proseguiva verso Est, con il Reno (senza dimenticare il suo affluente maggiore, il Meno, il Mein, che scorreva per Francoforte, città che lui amava molto), e poi l’Elba, l’Oder, il Weser… e la polacca Vistola (la Wisla con il suo affluente Moldava, il fiume di Praga), e salendo per il Paesi Baltici più su in Russia, mi parlava della Pecjora e delle due Dvina. Continuava esaminando le regioni dell’Artico russo per incontrare i magni fiumi siberiani, come l’Ob-Yrtis, il maggiore, lo Jenissei, e poi la Lena immensa con le due Tunguska; l’Amur che segna il confine tra Siberia e Cina.

Costeggiando il Mar Cinese, lo Yang.Tze-Kiang, il Fiume Azzurro, lo Hoang-Ho, il Fiume Giallo, il Fiume delle Perle. Scendendo verso l’Indocina, ecco che incontriamo il Menam, il Saluen il grande Mekong, prima di avere di fronte il Fiume sacro dell’India, il Gange, o la Ganga, con il suo affluente maggiore, il Brahmaputra. Oltre la penisola indiana, l’Indo che scende dall’Hindukush e quindi dall’Himalaia.

Lo Shatt-el-Arab, cioè il congiungimento dei due fiumi mesopotamici Eufrate e Tigri, mentre all’interno, papà mi citava il Syr-Darja e l’Amu-Darja, immissari del lago d’Aral, prosciugato all’80% dalle nefande politiche agricole dell’Unione Sovietica. Più a Ovest ecco il Mar Caspio che riceve il Don, di guerresche e tristi memorie alpine, e il Volga discendente dall’Altopiano omonimo. Nel mar Nero ecco che mi ricordava il grande Dniepr che bagna Kiijv e il fiume padre d’Europa, il Danubio, che attraversa dieci nazioni, dalla Germania alla Romania

Quando poi Pietro continuava con l’Africa, la circumnavigava da est a ovest, incontrando le foci dello Zambesi, del Limpopo, del Congo del Niger fino al sommo Nilo.

In Mediterraneo poi si compiaceva di ricordare tutti i fiumi Italiani, dal Po al Tagliamento (i primi dieci, insomma), quelli già citati della Spagna e della Francia, il Mar Nero con il Danubio.

Il Sudamerica lo entusiasmava con il fiume più possente del mondo, il Rio delle Amazzoni, e poi il Rio Paranà, che raccoglie il Rio Uruguay e il Rio Iguazù, il potente Orinoco…

Il Nordamerica con lo Yukon, il Mississippi-Missouri, il San Lorenzo, il Colorado e il Rio Grande.

Con relative lunghezze. E io entusiasta sognavo questi grandi fiumi azzurri, turbinosi, larghi, potenti.

Questi… nulla. Solo smartphone.

Piuttosto: che dire di ragazzi venti/venticinquenni, più o meno laureati, che si abbracciano in trenta centimetri d’acqua a sei o sette metri dalla riva, invece di fare quattro salti e raggiungere la salvezza? Forse che sui social non avevano trovato l’indispensabile tutorial? Provo una grande pietas per i tre ragazzi e i loro cari, ma anche un’infinita rabbia per ciò che loro stessi e i loro pedagoghi (genitori e insegnanti) non hanno fatto per farli vivere-nel-mondo, non nell’ambiente virtuale del nulla social.

Il Natisone non è un posto maledetto: siamo noi umani a non essere più capaci di dialogare con la natura, di stare al nostro posto, di rispettare le grandi acque che turbinano negli anfratti misteriosi e scuri, così come le pareti rocciose e ardue delle nostre montagne azzurre.

Io mi beo la mattina, quando viaggiando verso Nord incontro con lo sguardo la Cerchia stupefacente delle grandi montagne alpine, o anche se mi muovo verso Est o verso Ovest: basta che lo sguardo scivoli a Settentrione un momento per restare senza parole inutili, sentendo la bellezza.

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