Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Conservatorismo, o della pigrizia del riformismo

  • Nella vulgata della scienza politica pare che il termine “conservatorismo” debba sempre essere associato a “destra”, mentre il termine “progressismo” a “sinistra”. Anche se io quasi “geneticamente” mi colloco, pressoché dall’uso di ragione, da quest’ultima parte, da molto tempo nutro qualche serio dubbio che così sia (amèn, in ebraico).

Sappiamo che i termini di destra e di sinistra delle due parti opposte dello schieramento politico nascono in Francia poco prima della Rivoluzione francese. Nel maggio 1789 il Re di Francia Luigi XVI convocò un’assemblea in rappresentanza delle tre classi sociali allora istituite: il clero, la nobiltà e il terzo Stato. Questa parte si pose vicino agli esponenti conservatori capeggiati da Pierre Victor de Malouet alla destra del Presidente, mentre i radicali di Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau presero i seggi posti alla sinistra del Presidente. Tale divisione si confermò anche in seguito, all’Assemblea nazionale. A destra restava una corrente favorevole a mantenere i poteri monarchici, a sinistra vi era la componente più rivoluzionaria.

A fine agosto 1789,  quando si discusse l’articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che riguarda la libertà religiosa, “coloro i quali tenevano alla religione e al re si erano messi alla destra del presidente, per sfuggire alle urla, ai discorsi e alle indecenze che avevano luogo nella parte opposta“, dove stava la componente più rivoluzionaria (Marcel Gauchet). La denominazione di destra e sinistra si confermò durante l’Assemblea legislativa e la Convenzione Nazionale. Anche con la Restaurazione la distinzione rimase come una caratteristica costante del sistema parlamentare. Dalla Francia si estese rapidamente a tutta l’Europa.

Nel Novecento, la sinistra ha tenuto per sé posizioni ideologiche come il progressismo, la socialdemocrazia, il socialismo, il comunismo e, sotto certi profili, il liberalismo sociale (à la Gobetti). Il termine left è stato utilizzato nel Regno Unito per indicare le componenti liberale (erede degli Whig) e laburista, il termine linke in Germania per indicare prevalentemente i socialdemocratici.

Una “convenzione”, dunque. Sappiamo anche che molti temi propugnati da ognuna di queste due parti politiche, ad esempio la libertà d’impresa e il welfare (che però fu originato da un pensiero politico di destra, Bismarck in Germania alla fine dell’Ottocento, e Beveridge in Gran Bretagna dopo la Seconda guerra mondiale), sono diventati, sia pure con diverse declinazioni, un patrimonio comune degli assetti politici occidentali.

Ma è proprio così, una sinonimia tra sinistra  e cambiamento?

No, risposta a domanda retorica. No. Sempre di più, specialmente in Italia si registra una mescolanza di sentimenti e ragioni di cambiamento tra destra e sinistra, tali da paralizzare la situazione: proprio ora che vi è un Governo (necessitato) delle larghe intese, ognuno fa a gara nel cercare di far valere la propria posizione. Se Gasparri (ahilui, che nnoia, libercolo in romanesco stampato) critica il ministro Saccomanni, gli fa eco tale pippocivati (echiè?), minaccioso nei confronti del bravo Enrico Letta, che qualcosa, pazientemente, vuol cambiare.

Il blocco al cambiamento sono le burocrazie, cioè i “poteri degli uffici”: politici, partitici, sindacali, della magistratura, dei dirigenti e impiegati capiservizio in ruolo, delle authority ( chissà perché in inglese), dei cavilli, delle capziosità da leguleio, dei notari e dei servi sciocchi del “no se pol” (deto venetese della pigreria immodificabile).

In questo contesto, se dovessi chiedermi e rispondermi chi prenderei a campione del conservatorismo, mi verrebbero in mente due donne di potere, e di “sinistra”: Camusso e Boldrini, attuali campionesse di conservatorismo! Camusso (segretaria della Cgil, e mi dispiace), perché non capisce un granché di come si muove l’economia, e Boldrini (ahimè, Presidente della Camera),  perché non capisce quasi niente di queste cose.

E due guardiani del progressismo in quanto nulla, come Santoro e Travaglio.

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