Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Di un “ego” (io) debordante fin nella vanagloria… cosicché, alla fine, chi è il più ricco di quel “cimitero” di tanti ego?

Una specie di “seminario” del lunedì mattina, oramai da anni mi impegna piacevolmente con l’Amministratore delegato di una grande azienda, l’amico dottor G. (non è Giorgio Gaberschek!). Si parla certamente dell’Azienda stessa e delle consociate, ma anche di millanta altri temi, soprattutto di etica e di politica, siccome in quel posto di lavoro presiedo l’Organismo di vigilanza previsto da una legge dello Stato.

Osservando la fine di alcuni esimi personaggi, come il grande calciatore Pelé e Joseph Ratzinger, a fronte di personalità così rilevanti ci si è chiesti se l’ego di quelle persone sia stato importante per la loro affermazione personale. Abbiamo condiviso il sì, ma in un certo senso, perché non risulta che, né il grande campione brasiliano, né il teologo tedesco diventato papa fossero mai stati caratterizzati da notori comportamenti egocentrici o superbi, nonostante avessero raggiunto i massimi livelli nei loro rispettivi “campi”. Pelé è stato quasi l’opposto civile e morale di un Maradona, sempre esagerato e retorico-populista; Ratzinger è stato sempre mite e quasi dimesso, nei tratti del suo modo di essere e di porsi con gli altri. Di Messi non parlo, perché assai mediocre come tipo umano, mentre Cristiano da Madeira mi sarà utile per esemplificare un’ipertrofia dell’ego.

Si tratta del tema dell’ego, dunque, secondo Sigismondo Freud, che lo colloca in una triade che comprende il superego, ovvero la coscienza morale, e lid o es, vale a dire l’inconscio; dell’io secondo René Descartes che ritiene di-essere-cosciente-di-essere-al-mondo e del mondo solamente-in-quanto-lo-pensa, e non in-quanto-esiste anche quando dorme o quando è privo di coscienza, quindi indipendentemente dalla sua (di Descartes) stessa esistenza; dell’io secondo Immanuel Kant, che caratterizza la conoscenza e la limita; dell’io secondo Friedrich Schelling etc., e dell’io secondo la filosofia classica di Giovanni Climaco, Giovanni Cassiano, Evagrio Pontico, Gregorio Magno, Agostino di Ippona.

Al fine di non scrivere un saggio tremendo e faticoso trattando di ciascuno dei pensatori sopra citati, prendo solo Schelling, il più romantico e soggettivista filosofo dell’Idealismo tedesco ottocentesco, che a me piace molto. Agli altri dedicherò qualche cenno.

Schelling ragiona in questo modo, andando oltre il suo contemporaneo Fichte: l’Io pone il non-Io, ovvero il soggetto (lo spirito) pone l’oggetto (la natura), attraverso un processo, di remota ascendenza neoplatonica, tutto interno all’Io, dal momento che fuori di esso non vi è ancora nulla.

Tuttavia, precisa Schelling, se la natura nasce dallo spirito, significa che la natura ha la stessa essenza dello spirito, ovvero essa è lo spirito stesso che si manifesta in modo diverso.

Per Schelling la natura è spirituale, esattamente come l’io-umano, di cui è prodotto. sottolineando che la natura è un prodotto dell’Io (la cui prerogativa è la spiritualità). Egli afferma che la natura altro non è che spirito pietrificato. La natura, è come una semiretta, il cui punto di partenza è l’Io che pone il non-Io, da cui parte con slancio infinito. La filosofia di Schelling è una Filosofia dello Spirito e della Natura: come in Fichte, vi è l’Io (spirito) che pone il non-Io (natura), verso cui infinitamente tende, fino alle tecno-scienze (mio arbitrario aggiornamento di Schelling, abbiate pazienza, e soprattutto tu, Giorgio, che sei di Schelling uno dei maggiori studiosi italiani). Il professor Giacometti è il mio successore alla Presidenza di Phronesis, l’Associazione Italiana per la Consulenza FIlosofica.

Con l’Idealismo tedesco siamo alla manifestazione massima dell’Io filosofico, dopo di che inizia un periodo di riflessione su questo “io”, fino alla constatazione che la sua centralità può generare pericoli non da poco.

La sua esaltazione porta poi, nei cent’anni successivi alle esagerazioni di tutte le forme di egocentrismo, dal culto del capo, nei fascismi e nello stalinismo, nel dannunzianesimo, nel futurismo e in tutte le teorie e le prassi vitalistiche che hanno posto al centro di tutte le cose del mondo e delle vite individuali l’io umano, etc..

Per quanto riguarda gli autori classici sopra citati si può dire che si riferiscono alle antropologie platoniche e aristoteliche, che prevedono l’apprezzamento dell’io individuale come soggetto agente moralmente responsabile delle azioni libere. Tale visione è però “irrorata” del personalismo evangelico, assente nella filosofia greca, così come sviluppato dagli stessi Padri, e soprattutto da sant’Agostino.

…e dunque l’egoismo, l’egotismo, l’egocentrismo, e perfino l’egolatria, che è una sorta di adorazione dell’io, dell’ego.

Prima di parlare di questo ego, è bene ricordare i vizi connessi a queste modalità di sua “debordanza”: la vanagloria, l’orgoglio spirituale e la superbia, che in modi differenti generano le deformazioni dell’io.

La vanaglòria s. f. [dalla locuzione latina vana gloria «vanteria vuota»]. – Sentimento di vanità, di fatuo orgoglio, per cui si ambisce la lode per meriti inesistenti o inadeguati; nella teologia morale cattolica è definita come l’immoderato desiderio di manifestare la propria superiorità e di ottenere le lodi degli uomini: peccare di vanagloria.

L’orgoglio è la stima, l’amore disordinato di se stesso, che porta la persona a disprezzare gli altri e attribuire a se stesso quello che è di Dio. 

Nell’Antico Testamento, la prima manifestazione dell’orgoglio umano appare nel tentativo dell’uomo di essere come Dio, presente nella Genesi, nel racconto del peccato originale (cf. Genesi 3,1-13) (cf. Dizionario biblico universale. Pg. 572)

La superbia è la pretesa di meritare per sé stessi, con ogni mezzo, una posizione di privilegio sempre maggiore rispetto agli altri. Essi devono riconoscere e dimostrare di accettare la loro inferiorità correlata alla superiorità indiscutibile e schiacciante del superbo.

E’ Caput vitiorum, inizio e fomite di tutti i vizi, poiché il superbo ritiene che, solamente a lui stesso, sia consentita ogni azione, indipendentemente dai riflessi che essa può avere sugli altri. Il superbo è anche presuntuoso e arrogante, e talvolta prepotente fino alla protervia e alla crudeltà. Non mancano una miriade di esempi nella storia umana.

Proviamo a chiederci se conosciamo qualcuno che mostri un ego debordante fino alla vanagloria, in qualsiasi settore della vita umana. Pensando al gioco del calcio, mi/ ci è venuto in mente, tra non pochi altri, Cristiano Ronaldo, che ora va a insegnare calcio in Arabia Saudita pagato cifre inaudite (per noi e la gente comune), ma da lui ritenute forse appena sufficienti per premiare il suo valore auto-percepito.

Il pensiero successivo venutoci è quello relativo al tempo che passa, che quel calciatore sembra non accettare… e subito dopo abbiamo pensato al

cimitèro (antico e poetico cimitèrio, anticamente ceme-tèr[i]o) sostantivo maschile [dal latino tardo coemeterium, greco κοιμητήριον (coimetèrion)«dormitorio, cimitero», derivato di κοιμάω (coimào) «mettere a giacere»]. – Luogo destinato alla […] sepoltura dei morti sia per inumazione sia per tumulazione (detto anche, quando indica i cimiteri dei cristiani, camposanto): i viali, le tombe, la cappella del cimitero; cimitero monumentale, con sepolture costituite in genere da cappelle e monumenti…

Mi pare che a questo punto sia utile un po’ di sano realismo aristotelico-tomista contro la vanagloria dell’io, che non crea il mondo, che esiste senza e nonostante l’io, come insegnano Martin Buber (ebreo austriaco) ed Emmanuel Lévinas (ebreo lituano di formazione francese), con le loro rispettive teorie dell’io e del tu, e del vòlto dell’Altro. L’io e il tu, e il volto dell’Altro sono state le immagini scelte dai due pensatori per sottolineare la fondamentale importanza della Relazione inter-soggettiva per la vita nell’umano consorzio in tutte le sue dimensioni.

Io esisto e sono certamente di-per-me, ma anche in-relazione, caro Cristiano da Madeira.

Altrimenti, se non realizzi questo, tu sarai solo il più ricco del cimitero dove un giorno (questo è sicuro) riposerai.

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