Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

“Rari nantes in gurgite vasto”, vale a dire: “nuotanti in un vasto gorgo” (Publio Virgilio Marone da Mantova, Eneide, si tratta del secondo emistichio di un verso – I, 118 – dell’Eneide), ovvero della necessità di un “facilitatore” nelle riunioni

Ho trovato questo classico verso virgiliano per cercare di spiegare a un amico, con una metafora letteraria, l’ambito e le difficoltà nelle quali ci si può trovare in una riunione aziendale, tecnico-politica, o anche filosofica, e perfino in una seduta di auto-coscienza collettiva, come erano solite fare le femministe “anni ’70”.

Le persone si possono trovare come se fossero in un gorgo marino o lacustre assieme ad altre, con la prima preoccupazione di non annegare (nella discussione, specialmente se essa è molto animata).

Una riunione è un “sistema complesso”, poiché moltiplica la complessità del singolo partecipante per la complessità di ciascun altro, in una dimensione non aritmetica, ma geometrica. Infatti, ogni partecipante è lì con tutto sé stesso, con conoscenze, emozioni, pretese, ambizioni…, per cui il primo pensiero che può maturare in ciascuno è quello, prima di tutto, di non sfigurare di fronte ad altri che possono essere competenti come o più di lui.

Se ciò è vero, probabilmente non sarà neanche il secondo pensiero quello di far funzionare bene la riunione, anche a costo che qualcun altro si metta in evidenza. Meglio aspettare e vedere che cosa succede. E a volte succede che, se uno prende la parola spiegando questioni tecniche su cui si è preparato bene, a un altro venga il ghiribizzo di mettere in difficoltà il primo intervenuto con una osservazione bizzarra o impertinente, comunque spiazzante.

Di solito gli altri stanno ad osservare la reazione del primo intervenuto che, se è un tipo paziente e resistente, riuscirà a controbattere con calma e convinzione le proprie ragioni, riuscendo a smontare le obiezioni pretestuose, mentre se è un tipo un po’ fumantino, esploderà mettendosi immediatamente, come si suole dire, dalla parte del torto. E gli altri stanno a guardare, un po’ per vedere come si svolge la polemica e un po’ per individuare il momento giusto per fare almeno bella figura. E a volte anche per il sottile e un po’ perfido piacere del male dell’altro.

In questi contesti, inoltre, ci sono anche quelli che non parlano mai, o perché non hanno nulla di originale e creativo da dire, oppure perché temono di essere “sgamati” nella loro inconsistenza. Di questi tipi umani ve ne sono in tutti i consessi, perché sono bravissimi a insinuarsi nelle pieghe dei gruppi di potere, ed agiscono solo quando sanno di essere più forti, e quasi solamente nell’uno contro uno. Avrei diversi esempi pratici da citare, ma evito. Magari potrei farlo in privato con qualche lettore.

Se quanto descritto è veritiero, emerge subito un’esigenza, anzi una necessità: quella di designare una figura che aiuti il consesso a discutere con ordine e razionalità: il FACILITATORE, o MODERATORE della riunione.

Il facilitatore è necessario, specialmente nei casi in cui la persona più alta nell’ordine dell’autorità e del potere giuridico presente (presidenti, amministratori delegati, direttori generali, etc.), preferisca non assolvere a questo compito, perché non gli piace o perché desidera vedere all’opera i propri collaboratori e misurarne anche in questo modo le capacità gestionali e di resistenza psichica.

Personalmente, presiedendo diversi Organismi di vigilanza ex D.Lgs. 231/ 2001 ed avendo presieduto anche importanti consessi culturali nazionali, oltre a strutture socio-politiche come i sindacati dove ho esercitato anche attività contrattualistiche in seguito mutuate nelle aziende, non ho mai avuto alcun problema a “facilitare” le riunioni, senza eccedere in direttività. Pertanto, tale ruolo si può interpretare, anche se si esercita la massima autorità tra i presenti.

Esempi: se in qualche riunione qualcuno mi anticipa per sua distrazione o mala interpretazione della propria posizione, faccio gentilmente notare che stavo per fare la medesima domanda o che mi ero già premurato di segnare l’argomento sulla bozza di verbale che solitamente ci tengo a redigere io stesso, a scanso di fraintendimenti, a meno che un altro non si proponga di scrivere lealmente ciò che viene detto. Ho esperienze di ambedue i casi.

Tornando alla figura del “facilitatore”, è importante ricordare i cinque elementi che compongono la comunicazione inter-soggettiva soprattutto nelle riunioni:

—linguaggi, cioè il “codice espressivo” —stili, cioè il “carattere o cifra derivanti dai tratti di personalità soggettivi” —modalità, cioè il “modo ordinario di comunicare e le scelte verbali/non verbali/paraverbali” —livelli di condivisione, cioè le “simmetrie e le asimmetrie delle informazioni” (tra colleghi e Direzione o Presidenza, etc.) —mezzi e strumenti operativi, cioè “telefono, computer, riunione in presenza, oppure on-line, etc.”.

Come si può constatare, ognuno degli elementi pone l’esigenza di rispettare l’importanza che assume, se si vuole che la comunicazione di concetti e informazioni, specialmente se complicati, produca risultati positivi in termini di comprensione reciproca e di avanzamento della discussione per un fine progettuale condiviso.

Se ciò non si realizza, il rischio è di produrre riunioni inconcludenti, inutilmente stancanti e foriere anche di inimicizie tra i partecipanti, specie se la comunicazione scadente ha in qualche modo (anche parzialmente) “lesionato” la Qualità Relazionale tra ciascuno e ogni altro, poiché la QR è la condizione imprescindibile per lavorare bene assieme, tra diversi, ma per un Fine condiviso.

Per tutto ciò, mi pare di poter dire che la figura di un “facilitatore” concordemente individuato, possa evitare infortuni interpretativi (cioè di ermeneutica) durante importanti riunioni di lavoro, di organismi dirigenti e societari. Ad esempio nelle riunioni dei CdA è prevista spesso la figura del segretario-verbalizzatore, che potrebbe anche fungere da moderatore, se ne ha le capacità.

Infatti, non è indispensabile che tale figura sia quella “tecnicamente” più preparata sugli argomenti che si stanno discutendo, ma deve certamente conoscerne gli aspetti principali, per discernere l’ordine degli interventi e favorirne la proposizione, come accade nei migliori esempi di dibattito pubblico governato dai giornalisti più professionali, che vengono anche definiti “moderatori”, e come deve accadere (accade) nei seminari accademici.

Nelle aziende, soprattutto, oltre che in tutti gli altri contesti, bisognerebbe avere l’umiltà di ritenere tale figura necessaria al buon andamento di ogni discussione tra diversi e/o portatori di interessi diversi.

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