Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

“Troppi morti…”, esclama un uomo politico parlando del terremoto del Centro Italia di cinque anni fa: un’altra occasione per criticare chi si schiera sempre e solo da militante per un simbolo politico di partito senza valutare le qualità morali e culturali delle persone che lo rappresentano

“Troppi morti…”, inizia in questo modo il ricordo di tale Legnini, che fu anche Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, per ricordare il terremoto di cinque anni fa nel Centro Italia.

Troppi morti? Quanti? 299. Non ricordo bene, tutti indispensabili, tutti dello stesso valore, come persone. E se fossero stati 30, il 10%, che cosa avrebbe detto il Legnini? Beh, un numero equo, accettabile, non eccessivo, di morti, forse? Che ragionamento è quello che gli fa dire “troppi”? Aaah, certo, non è un ragionamento, ma una distrazione verbale: una distrazione dovuta a un fondamentale, essenziale, scarso interesse e poca empatia per la disgrazia. Mi domando: c’è un numero di morti-soglia per una disgrazia che cominci a far esclamare il politico che passa davanti alla telecamera “Troppi?”?

Chi avesse vera empatia non si “farebbe scappare” una parola come “troppi”. Ne sono convinto.

Ma che razza di pensiero mi viene in mente, vero, caro lettore? Sono troppo severo, e perfino “cattivo” con questi politici? Esagero? Bisogna essere più pazienti? Forse presumo troppo (questo aggettivo ci sta bene, qui) dalla qualità attuale del personale politico?

E’ che a me, al posto loro, non scapperebbe. Tutto qui. E non sono un “politico-puro”, ma conosco ciò che rende la politica un’arte (cf. Aristotele) nobile, forse la più nobile, perché si occupa del “Bene Comune”.

Non riesco più da tempo ad ascoltare alcun politico. Ogni volta che ne vedo uno (quasi tutti) aprire bocca, mi vengono brividi di noia (semmai la noia possa generare brividi) e un po’ di nausea, di qualsiasi partito sia, e non sopporto più neppure i militanti, quelli che “tengono” per qualcuno e criticano sempre gli “altri”. Non sopporto più neanche costoro, perché mi permetto di pretendere da questi, se hanno qualche competenza storico-politica e un po’ di cultura generale, un atteggiamento più equamente critico, equilibrato, emotivamente distaccato e scientificamente fondato. Militare si può sempre, quando è il momento, e si deve (pure) militare, pena l’affidamento del destino comune agli altri, ma il momento del ragionamento non può e non deve essere “militante”, altrimenti non-è un ragionamento, non ne ha le caratteristiche logico-argomentative, perché non può essere un sillogismo, e neanche un entimema, che è un sillogismo semplificato, del tipo “l’uomo è razionale, e dunque è libero”. Può essere solo un giudizio apodittico, e dunque pregiudiziale.

Al dunque. Non ce la faccio a sentire lodare Salvini da un leghista, o Letta da uno di sinistra perché Letta è (è? sarebbe?) di sinistra. Siamo arrivati al punto che i “di sinistra” hanno bisogno di lodare un democristiano, democristiano fin nel midollo. Fosse intelligente e capace come Aldo Moro, mi unirei a loro. Per Letta, no. E nemmeno per Orlando, Zingaretti e gli altri della truppa.

Evito di citare le Meloni, che insegna a Biden l’agire politico del Commander in Chief (se ci fosse LEI al suo posto, caro lei!), ben al sicuro della “sua” Roma romana e romanesca, e i suoi affini, oppure i Cinque Stelle, da Grillo in giù, o in su, non so. Conte lo cito solo perché mi è uscito di penna. Un disastro. Ripeto qui un giudizio sulla qualità politica attuale già da me espresso in questa sede qualche giorno fa: solo Draghi e Giorgetti, e forse Bonaccini, che poi non sono nemmeno tutti o del tutto politici “puri”, val la pena di ascoltare, a mio parere.

Le ragioni di questo declino qualitativo, a parer mio, si possono ricondurre a tre o quattro vettori generativi: a) la diffusione del Pensiero Unico, che rende problematico e faticoso il combattimento psico-cognitivo e intellettuale per contraddirlo con fondamenti diversi; b) la mancanza di un periodo di “gavetta”, che un tempo era “fisiologicamente” obbligatorio per chi volesse “fare politica”: in altre parole, non si poteva pretendere una candidatura, fosse pure a un consiglio comunale, non retribuita, se prima non si costruiva un’esperienza di sezione, di volantinaggio, di volontariato gratuito alle sagre e feste di autofinanziamento: ci si chieda da che parte sono venuti i centinaia di grillini che oggi siedono in Parlamento a 13.000 euro al mese, e non solo loro, perché la qualità scarsissima degli interventi è generalizzata; c) lo scadimento della cultura media generale, dovuta alla frequentazione di scuole superiori di livello spesso scarsino , ma soprattutto di corsi di laurea improbabili, tipo scienze della comunicazione o cose del genere, che rende i nostri neolaureati impegnati in politica abbastanza simili ai loro coetanei americani, che frequentano “licei” ridicoli, e si “laureano” a 21 anni, un disastro; d) la professionalizzazione mestierante, che gli permette di fare il mestiere del politico senza basi di formazione umana, spirituale e politica, non solo insufficiente, ma anche in qualche modo pericolosa per la delicatezza dell’attività politica.

Queste, a parere mio, le ragioni per le quali quasi tutti i politici e le politiche attuali sono quello che sono, e parlano e scrivono (quando scrivono) come parlano e scrivono.

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