Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

La maieutica, o capacità di e-ducere, cioè di “educare” o trarre il meglio da ogni persona, contro il nichilismo, o inclinazione al male, di ogni genere e specie

Caro lettore,

abbiamo sempre e comunque, ognuno di noi esseri umani, dentro di noi risorse da e-ducere, da tirar-fuori. Questo lo sapeva mia nonna materna così come i grandi filosofi greci, da Socrate in poi. Platone chiamava maieutica la capacità e l’arte di trovare le forze le conoscenze per combattere e vincere il pessimismo, la negatività e il nichilismo, partendo dall’interiorità di ogni persona, che può esprimersi in ogni caso nel modo migliore, ovvero può migliorare senza fine, quasi come “inseguendo” un asintoto matematico. Educare è sinonimo di togliere-fuori, dal verbo latino e-ducere, ex-ducere, è cercare e trovare le risorse migliori di una persona, è individuare una pista di crescita spirituale, cioè cognitiva e morale insieme.

Inoltre, vi è anche un rapporto diretto, secondo Platone, tra i concetti di maieutica e di anamnesi (cf. l’episodio narrato nel Menone XV 81c-XIX 85b) del giovane schiavo che, sollecitato da Socrate, riesce a dimostrare un teorema di geometria che non ha mai studiato. “Socrate glielo fa ricordare con la sua arte maieutica, in base al presupposto platonico dell’eternità delle idee matematiche: la teoria dell’anamnesi (reminiscenza) spiega la presenza di opinioni vere nell’anima di colui che ignora.

In proposito si può consultare anche il passo del Teeteto, in cui Socrate paragona la sua all’arte delle levatrici, anche nel senso della sterilità a cui il dio lo condanna rispetto alla produzione di un sapere determinato.” (dal web)

Un altro tema è quello del contrasto tra amicizia e inimicizia: esse non possono co-esistere nella stessa anima, poiché la prima esclude la seconda, come è ovvio, anche se non sempre e per tutti. Con ciò non voglio significare che dobbiamo per forza essere amici di tutti, ma che possiamo escludere dai nostri sentimenti quello dell’inimicizia, perché dannosa in sé, non produce nulla essendo negativa, produce pessimismo e nichilismo.

Un altro aspetto di questo contrasto tra positività e negatività obiettivamente nichilista, ad esempio, è il razzismo sotteso al concetto di Untermensch, cioè sotto-uomo, né essere trattato come tale, e ciò è avvenuto nel cosiddetto “secolo breve”, soprattutto sotto il nazismo.

Remo Bodei, in un suo bel saggio pubblicato sul Sole 24Ore della Domenica del 22 aprile 2018, spiega che la dizione classica-scolastica omnis determinatio est negatio, cioè ogni determinazione è negazione, vuol significare che -metafisicamente- negare che una cosa sia qualcosa non è “parlarne male”, ma semplicemente determinare ciò-che-è e, di converso, ciò-che-non-è. L’ente, dunque, e il ni-ente, che non è la negazione del bene, ma dell’ente, senza che ciò presupponga un giudizio morale, poiché si tratta di un giudizio metafisico. In metafisica il nulla si può dare, come sappiamo, mentre in logica no, perché anche il nulla in quanto termine-dicente-nulla ha una consistenza semantica. Dobbiamo sempre vigilare sui linguaggi e distinguere gli ambiti nei quali giudichiamo le cose del mondo e la nostra stessa vita.

Ora, caro lettore, ti propongo due casi di difficile lettura in tema di rapporto tra negatività e positività, e quindi tra nichilismo e crescita:

  • quello di Alfie, il bimbo inglese affetto da una rara malattia, il cui destino è stato deliberato da un tribunale, mentre la nobile Repubblica italiana gli ha concesso la cittadinanza per consentire il ricovero all’ospedale Bambin Gesù di Roma. Che dire? Si tratta con questa decisione italiana di salvare una vita con i mezzi e le tecno-scienze disponibili, oppure di accanimento terapeutico? E’ posizione nichilista “staccare la spina” come hanno deliberato i giudici del Regno Unito (decisione per il momento sospesa, poiché -sorprendentemente- il bimbo respira… da solo), ovvero è illusorio e crudele fare di tutto per prolungare una vita così debole, una persona di ventitre mesi affetta da un male sconosciuto? Non lo sappiamo noi qui, disinformati e distanti. Quello che è certo è senz’altro difficile da comprendere per assumere una deliberazione razionale e moralmente plausibile, se si ritiene che la vita umana abbia un valore.
  • Quello della bimba torinese, cui il Tribunale locale ha riconosciuto di avere “diritto” (si fa per dire) a due “mamme”, la mamma naturale e la compagna della mamma naturale! Ora, si deve sapere che il Codice Civile italiano, all’art. 269, datato 1942, ma ancora totalmente in vigore, parla di padre e madre come maschio e femmina, in questo modo: “La paternità e la maternità (naturale) (1) (2) possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.  La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.  La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre (3).  La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità (naturale) (4).” Allora, la prima domanda che ci si può fare è la seguente: da un punto di vista della gerarchia giuridica, conta di più il Codice civile di una Nazione oppure la sentenza di un giudice? La domanda mi par retorica: penso che il Codice civile prevalga, e allora che succede? Certamente che il diritto viene fatto anche dalla giurisprudenza, che modificandosi nel tempo per ragioni socio-culturali ed etico-politiche, contribuisce a modificare la legislazione, ma in questo caso specifico, come funziona? La seconda: chi tutela i diritti di questa bambina? Chi le impedisce di avere un padre, che sia riconoscibile dagli attributi sessuali primari e secondari, cioè dall’aspetto maschile e dal suo comportamento da papà? Anche se sappiamo che vi sono padri degenerati e assassini, ma questo non riduce l’oggettività naturale, culturale, psicologica e affettiva del ruolo paterno. Che cosa risponderà quando tra un paio d’anni alla scuola dell’infanzia le chiederanno i compagni, vedendo magari alternativamente ciascuna delle due “mamme”, “dov’è tuo papà, non viene mai a prenderti lui?”; forse che lei risponderà che ha due mamme? E magari che una delle due è come se fosse il papà? Siccome in questo post parliamo di nichilismo e di maieutica, come la mettiamo? Non è che questa deriva “dirittistica” (horribile dictu) ci porta direttamente e indefettibilmente a una forma di nichilismo cognitivo e morale? Cosa vuol dire “diritto” in questo caso? Stiamo parlando di diritto in che senso? Come facciamo a pensare che sia un diritto essere mamma insieme con un’altra mamma, negando al bambino il diritto di avere un papà.
  • Forse, appunto, la maieutica che insegnava Platone, cioè un tirar-fuori ragionevolezza logica e senso etico, potrebbe essere il metodo in grado di rimettere al centro le cose che veramente contano, cioè i valori, in un ordine gerarchico plausibile e ragionevole. Che ne dici mio caro lettor paziente?

Cambiando “ambiente”, mi vien da sorridere se facessimo questi discorsi con un Di Maio o un Salvini, che sono delle nullità, ma non sono un nulla, né logico, né metafisico: sono un qualcosa, anche se… molto poco.

Un’altra scienza da interpellare facendo questi discorsi è la matematica e più precisamente l’algebra, dove la negazione della negazione non è un rafforzativo della negazione, ma una affermazione!

Un’ultima ancora riguarda il dottor Franco Basaglia e l’istituzione totale del manicomio, che lui con il suo lavoro ha contribuito a smantellare, citando l’art. 32 della Costituzione Moro, con La Pira, Togliatti e Calamandrei  che recita al secondo capoverso “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana“.

L’istituzione totale del manicomio, il nazismo, ogni forma di razzismo e totalitarismo, la violenza omicida insensata di fanatici di ogni genere e specie, l’imbroglio, la truffa ai deboli, il disprezzo dei poveri, e così via, sono tutti modi che l’uomo ha di declinare il nichilismo, l’amore del male (paradossale!), l’amore del nulla ché il nulla è, alla fine, solo una parola, che esiste ma non è. Come il male.

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