Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

L’ego “egoico” e l’ego “normale” (se così si può dire)

Mio caro lettore,

narcisismo, egocentrismo, auto-referenzialità, egoismo, ovvero ogni declinazione malformata dell’ego, cioè egoica, si può definire in molti modi.

Una definizione abbastanza condivisibile dell’egoismo, come concetto più conosciuto e usato, può essere la seguente:

Atteggiamento che implica la subordinazione dell’altrui volontà e degli altrui valori alla propria personalità; come amore eccessivo ed esclusivo di se stesso o valutazione esagerata delle proprie prerogative, che porta alla ricerca permanente del proprio vantaggio, alla subordinazione delle altrui esigenze alle proprie e alla esclusione del prossimo dal godimento dei beni posseduti.” (dal web)

In generale, la malformazione dell’ego può essere considerata in vari gradi una malformazione “egoica”, analogamente a molti altri casi in natura, come nei farmaci che, se assunti in dosi eccessive e sbagliate diventano veleni. Infatti, in greco antico vi è un solo termine per dire farmaco e veleno: phàrmakon.

Ciò serve per dire anche che una certa dose di “egoità” è indispensabile per sopravvivere, o perlomeno per tutelare gli spazi cui ogni individuo ha diritto (cf. D. Morris, L’uomo e i suoi gesti, Mondadori 1980). La situazione peggiora e peggiora soprattutto le relazioni intersoggettive quando la dimensione egoica assume caratteri di sempre maggiore prevalenza e assolutezza rispetto ad altre dimensioni relazionali, come la comprensione, la capacità di ascolto, l’empatia. Chi ha bisogno di porsi sempre al centro dell’attenzione, di assumersi sempre -possibilmente- tutti i meriti di un successo, anche se si tratta di un’azione collettiva e, per contro, di scansare le responsabilità di un insuccesso, pur trattandosi sempre di un’azione collettiva, è certamente sulla strada di un comportamento eccessivamente egoico, forse già egoistico, certamente auto-referenziale ed egocentrico.

Il narcisismo è una caratteristica manifestazione di egoità. Non è necessariamente presente in tutti gli egocentrismi, ma spesso li accompagna, come nel caso di certi personaggi pubblici. Di sicuro un Berlusconi è affetto da una certa dose di narcisismo, ma non ne sono esenti né D’Alema né Renzi, e perfino il chierichetto Di Maio ha già imparato bene il mestiere del narciso in carriera.

Che cosa si può fare di fronte questa malformazione dell’ego, cioè dell’io? Certamente non ci sono aspirine mentali o placebi efficaci: l’unica strada, come sempre quando si tratta di dimensioni psico-spirituali, e perciò stesso morali, è quella dell’autoconsapevolezza, di una capacità di rendersi conto che la strada è sbagliata. Un modo di manifestarsi del difetto egoico è parlare di sé in terza persona, come segue: “Renato pensa che…” e son io che parlo. Il soggetto egoico ha bisogno di guardarsi e vedersi da fuori quasi come un oggetto interessante che opera bene e va addirittura imitato nei suoi comportamenti. Invece non va per niente bene.

Quando un interlocutore terzo sente parlare chi gli sta di fronte in terza persona rimane sconcertato e poi tende a chiudersi in se stesso, chiedendosi: ma io con chi sto dialogando, con questa persona o con la persona che questa persona pensa di essere? Non è la stessa cosa. E’ come avere a che fare con un fantasma o un ologramma, a latere.

Anche se ognuno di noi può dialogare con la propria anima (cf. Agostino, Soliloquia, Lorenzo Valla Editore 2016), non considererà mai la propria anima come una terza persona, né se stesso come un terza persona, ma porrà, di volta in volta, la propria anima e la propria coscienza dialoganti in prima persona: ambedue sono un “io” completo, e mai debordante.

Un’altra pericolosa difettosità dell’atteggiamento egoico è la coltivazione di un’autostima espansa, forse dovuta a una sostanziale insicurezza e quindi, di converso, a una autostima realmente bassa. Uno “si tira su” perché “si sente giù”. Questo fatto dovrebbe insegnare che è meglio riflettere pacatamente su se stessi evitando di voler sembrare diversi da come si è effettivamente.

L’egoità è dunque una deformazione del carattere, o quantomeno dei comportamenti relazionali, e tra le più dannose e pericolose, sia nei rapporti interpersonali affettivi, sia nei rapporti sociali e di lavoro. Proviamo a pensare come può crescere un lavoratore junior accanto a un mentore egocentrico e narciso? Quest’ultimo non avrà mai in testa di curare il giovane in modo da farlo crescere al suo livello, ma tenderà a rallentarlo, stentando a delegarlo, magari delegittimandolo presso la direzione, per non perdere punti lui personalmente… manifestazione, questa, di estrema insicurezza. L’egocentrico non può essere mai un buon responsabile di funzione.

E se volgiamo la nostra attenzione al mondo degli affetti, amicali e amorosi, che cosa ne è del compagno/ a dell’egoico? Lascio al gentil lettore la risposta, tristemente facile.

E a me verrebbe anche una sequela di insulti e un’invettiva forte contro tanta e tale idiozia umana.

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9 Comments

  1. Direi di sì, caro Boris, vi sono però anche ragionamenti, non riesco ad essere sempre sillogistico, buona domenica

    p.s.: se ha tempo e voglia dia uno sguardo al penultimo, cioè al più recente pezzo pubblicato sul blog, dove invece cerco di offrire delle analisi a giudizi, purtroppo, prevalentemente negativi sui politici di questi tempi, siano essi di centro, di destra o di sinistra: mala tempora currunt, ahimè

  2. Sono d’accordo Renato con la tua disanima, ma, da persona riflessiva, quale sembra essere chi specula sull’uomo e sulla sua natura, perché tutta quella rabbia?

  3. Siamo, cara Lorena, sia esseri pensanti (in qualche modo), sia esseri emozionabili. E sappiamo che le emozioni, prima di diventare sentimenti, sono più forti della ragione. Per questo a volte toni, termini e concetti possono esprimere rabbia, che deve però, come insegnano i grandi antichi, a partire da Aristotele, trasformarsi in passione, diciamo pure in “ira” (non in collera), possibile ausilio dell’energia per ben operare. Grazie della tua cordiale lettura

  4. L orazio obliqua era tipica degli scrittori latini che spesso raccontavano le loro gesta in terza persona, pur essendo loro stessi gli scriventi.

  5. Cara Lory, l’importante è la consapevolezza, che il primo scalino per una “sapienza” naturale sulla vita. Le auguro di continuare a guardare bene le cose e le persone, a come si muovono e anche ai segnali “deboli” che presentano nel loro agire.
    Ciò è indispensabile per la qualità della sua stessa vita fatta di giorni, anzi di ore e di minuti in un tempo che è soprattutto interiore
    Renato

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