Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

L’aquila, il lupo e… altri animali

Quando mi installarono il primo indirizzo e-mail circa vent’anni fa, Marco mi chiese il nome dell’account e in un nanosecondo dissi “eagle”, aquila, ché da sempre era l’animale cui mi con-sentivo, perché vola alto e lontano, perché è solitaria e poggia le sue zampe e costruisce i suoi nidi su sporgenze rocciose impervie e all’uomo inaccessibili. Il becco adunco e lo sguardo la rendono dolcemente grifagna, un po’ come mi sento io. Dolcemente grifagno di volto, malinconico e auto-trascendente, e a volte criceto impazzito. Ché io mi son mosso in questi anni un po’ come il piccolo roditore gradito in tante case, forse troppo, ma non insensatamente. Ora è forse preferibile seguire le tracce e l’esempio dell’aquila e del lupo.

Il lupo. Il lupo vive in branco e “fa squadra” assai meglio degli esseri umani, uccide solo cosa e come gli serve per mangiare, non di più, non di meno, è sobrio e razionale nella sua istintualità, resistente e prodigo nel suo agire con e per i compagni di branco, lungimirante e determinato nella caccia e nella protezione del gruppo.

Aquila e lupo, vi ammiro, come ammiro le api e le formiche che lavorano indefessamente, le prime per loro stesse e anche… per noi, le seconde per loro stesse e anche per la terra, e quindi anche per noi, ossigenandola e traforandola.

L’aquila abita le nostre montagne dal Colovrat al Cavallo, nessun anfratto le è sconosciuto. Ricordo il racconto dell’aquila nel romanzo di Italo, quello della sua vita di allevatore di mufloni sul Monte Pala, quasi trent’anni fa. Italo aveva visto l’aquila planare possente nella radura a prendersi un pezzo di capriolo già ucciso, da portare su su verso la cima di uno dei monti della fascia prealpina, forse il Raut o il Cornaget, o forse il Resettum. Montagne che in parte si affacciano alla pianura, in parte nascondono i loro spalti tra valli poco frequentate, intatte, silenti, eloquenti come i ruscelli che sgorgano dalle rocce primitive della loro potenza. E l’ho vista, l’aquila anche sul nostro sommo Coglians, volteggiare a tremila metri ad ampi cerchi concentrici e poi scomparire dietro la cresta della Chianevate possente.

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Il lupo no, non l’ho mai incontrato, mentre la lince e lo sciacallo sì, non l’orso meritevole di rispetto, ché lui gira per i nostri boschi montani in cerca di vita, dalle Valli favolose del fiume smeraldino alla Carnia profonda, trasmigrando dalle foreste immense della grande Slavia. Occhi furtivi e attenti guatano le ombre del bosco, e può essere lui, molto più forte di te, che ti osserva camminare e ti evita, ti evita l’imbarazzo dell’incontro.

Non cerco questi temibili animali della foresta, so che ci sono e son contento stiano nei luoghi che sono stati creati per loro, ispirandomi con la loro misura, con la loro riservatezza animale, così ammirabile rispetto a certi comportamenti umani.

Dell’aquila non temo la forza, perché orientata ad altro, non ad aggredirmi, anche perché forse “sente” nel suo modo misterioso d’essere, che apparteniamo allo stesso essere e all’essere stesso, che non sono la medesima cosa.

Attendo il tempo di poter frequentare di nuovo i sentieri del lupo, e di alzare lo sguardo agli immensi spazi che ospitano il volo del grande rapace.

Peraltro ho un nome “ri-natus”, cioè colui che rinasce, messomi in autonomia da Pietro, mio padre, che contravvenne agli accordi presi con Luigia, mia madre, di chiamarmi Marco. E io sono ri-nato più volte nella mia vita o, come dice l’Arrigo del calcio, ho amato molto le ri-partenze, che mi sono finora sempre riuscite. Ho scritto qui e altrove che mi piacciono gli start up, le in-venzioni, il trovare e far partire cose sempre nuove, lasciando poi ad altri la gestione dell’ordinario, che richiede pazienza e manutenzione. Io ho pazienza, ma quella che aiuta a sopportare le avversità e anche il dolore, pare, non quella della ripetitività quotidiana.

La mia è una pazienza inquieta, come il cuore di sant’Agostino, che non trova pace se non in Lui, ma come tutti noi esseri umani, peraltro. E, secondo san Girolamo, come anche le api e le formiche, l’orso e lo sciacallo, la lince e il grande cervo che bramisce, l’aquila e il lupo. Nella vita che viene per tutte le creature, per le quali “laudato sii, mi Signore”.

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