Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Le “porte” del sentire e quelle dell’ascolto, lo sguardo e la visione

baudelaireSi può sentire senza ascoltare e si può guardare senza vedere. Non bastano i sensi esterni dell’udito e della vista per entrare in relazione con gli altri e con il mondo. Non bastano.

Sono tempi nei quali l’attività visiva è sollecitata e solleticata da una miriade di immagini, e quella uditiva da suoni e rumori senza tregua. Ascoltare e vedere sono diventate due attività che richiedono più attenzione del passato, quando c’erano più momenti di silenzio e orizzonti più liberi. Anni fa si distingueva bene una voce umana da un rumore, mentre oggi anche ai migliori cantanti si “migliora” la performance con strumenti elettronici; anni fa la scena del mondo, anche dell’arte cinematografica, aveva pochi effetti speciali, oggi abbiamo cartoni animati talmente verisimili che sembrano film interpretati da attori in carne e ossa.

Negli ultimi anni il “sentire” e il “guardare” sono stati enfatizzati dal profluvio e dal potenziamento geometrico dei media televisivi e web, per cui basta connettersi e si è nel mondo mediatico dell’informazione perenne in tempo reale, worldwide. Oggi il problema, non è quello di avere notizie o di sentire le voci dei “protagonisti” della comunicazione, ma quello di distinguere, selezionare, esprimere un giudizio su quello che passa nell’etere, o viene scritto sulla carta stampata, figlia del web e della telefonia satellitare.

Il “sentire” come espressione del sentimento e delle sensazioni, a volte indipendente dalla riflessione, enfasi dell’emozione e dell’empatia senza limiti. Pericolosissimo. Questa deriva è originata da mode come la New Age e filosofie religiose orientali mal masticate, così come spesso proposte da sedicenti guru e furbacchioni o millantatori vari, di sapienze esoteriche e di visioni del mondo un poco “malate”.

Ascoltare è invece ben altro: è un mettersi davanti a un interlocutore , inter-locutore, cioè uno che parla-in-mezzo, riconoscendolo come tale, provvisto della stessa dignità nostra, e meritevole di attenzione, sebbene fino a… prova contraria.

Ascoltare è molto più di sentire, perché tutti i viventi senzienti sentono, ma solo un essere umano attento ascolta interpretando, e risponde. Invero anche gli animali superiori, e forse non solo loro, ascoltano come possono suoni e parole, percependo significati che magari certamente ci sfuggono, ma solo gli esseri umani sono provvisti di un linguaggio capace di feedback basati su codici linguistici condivisi, vari e completi. La risposta che riceviamo dal nostro cane è cosa diversa.

Il solo sentire può essere, non solo insufficiente, ma anche pericoloso, perché confonde i vari piani della percezione. Ben so che vi sono dottrine psicologico-letterarie che negli ultimi decenni hanno invaso le librerie enfatizzando gli aspetti percettivi del sentire, magari anche con l’ausilio di sostanze psicotrope naturali o sintetiche (cf. esperienze di Aldous Huxley, con The Doors of Perception, e altri), ma mi sembra che l’ascolto e la comprensione interpretativa sia molto distante da ciò. Leopardi non è inferiore a Baudelaire, anzi è il contrario, pur essendosi privato dell’assenzio e dell’oppio.

Per quanto concerne il guardare e il vedere si può fare un discorso analogo, forse.

Si guardano molte cose oggi, viviamo in una società guardona, visiva, ci stiamo quasi trasformando in hombres que miran pero no veen, uomini che guardano, ma non vedono. Riprendere un discorso che non sia fatto solo di sguardi distratti, ma di visione è una prospettiva bellissima, sanante le anime perse di questi tempi.

Venite e vedete“, insisteva il Maestro di Nazaret a chi gli chiedeva il perché dovesse seguirlo. “Venite e vedete”, non “guardate”. Guardare non basta, come non basta sentire, ché può essere solo una accedere alla superficie delle cose, che non è la forma sostanziale, o l’essenza o la natura della bellezza, ma solo la sua parvenza volatile e peritura.

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