Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

cinesi

lao-tzuLeggo volentieri Confucio e Lao-Tzu, ma non frequento i tentacolari ristoranti cinesi in Italia, nauseandomi l’odore dolciastro delle loro pietanze. Oggi invece ho apprezzato la flessibilità artigiana di chi mi ha assicurato la riparazione del mio S4 smartphone, cadutomi inopinatamente di tasca. Nessun elegantissimo negozio italiano, almeno nell’Alta Italia mi avrebbe combinato. Il giovanotto in tiro di turno, perito elettronico, magari laureato in informatica, mi avrebbe accolto scuotendo la testa ed esibendo una serie di cripticissime frasi in telematichese che io, tecnicamente ignorante, non avrei capito… avrei capito solo che, magari a rate, avrei dovuto comprarmene uno nuovo, di smartphone da seicento euro.

Invece il ragazzo cinese mi ha fornito di un “muletto” fino a domani, e proposto il prezzo della riparazione: centotrentacinque euro. Fatta.

Come accadeva da noi fino a venti o trenta anni fa, quando gli artigiani nostri si comportavano così, come il ragazzo cinese, gentilissimo. Il negozio tra banche e lussuose boutiques, odore di cibo, la cucina e la casa dietro il negozio.

Mi vien da pensare al futuro, a come sarà la nostra Italia tra qualche decennio, nel declino demografico della nostra gente e la compensazione fornita dagli immigrati, neri, gialli, musulmani, cristiani dei Balcani o delle Filippine, sudamericani. Meno male, altrimenti le foreste prenderanno il sopravvento come ai tempi della grande Silva Lupanica, il bosco dei lupi. E chissà, forse non sarebbe neanche un gran male.

I nostri sono sopraffatti dalla fighezza e dalle figate, senza figate non si va avanti, neppure si inizia. Il mondo funziona se sei in grado di inventare la figata di turno, non tanto se riesci a fare la fatica per crescere veramente, come diceva il vangelo, in statura, sapienza e grazia (Luca 2, 52).

Vedo ragazzi che veleggiano sotto i trenta e ancora si chiedono che cosa fare della vita, esamini pochi, lavoro che cos’è? tanto non avremo mai la pensione, il refrain. In un bar l’altro ieri una ragazza “figa” diceva a tre annoiati compari che le piacerebbe essere figlia di Escobar, perché potente e temuto. Escobar è un colombiano che ha a che fare con il mercato della cocaina, capo di killer spietati. Figlia di un killer. Che pensare, che sperare per lei?

Meglio il cinesino che mi aggiusta il cellulare a nero, ché se no la cifra va su. E non sostengo l’evasione, io che pago fino all’ultimo centesimo le tasse e quindi anche il servizio sanitario per la stronza che vorrebbe essere figlia di Escobar.

Vengano vengano, orsù, cinesi con l’odore dolciastro dei loro cibi, africani di pelle nera e meno nera, asiatici atticciati talora poco puliti, sudamericani chiassosi, siriani e copti, turchi e maltesi (non i cagnolini, ché ce n’è troppi, pensa gentil lettore, che il business dei cibi per animali da compagnia in Italia e di dieci miliardi all’anno!), circassi e armeni, azeri e calmucchi, vengano, in questa Italia schifiltosa e stanca, vengano, come dicono i profeti biblici e lo stesso re Salomone, che accoglie la regina dell’Austro. Diamo la corona d’Italia alla regina di Saba, che è nera e bella, fusca et formosa, esotica e vitale. Vera.

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