Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il male come evidenza del limite, il limite come radice del male

la radiceIl male è una mancanza di bene (Agostino), il male è un limite, un’amputazione dell’essere fisico (manca un dito) e spirituale (manca la coscienza). Abbiamo -come umani- dei limiti e pertanto confiniamo con il male.

Vi è male in Dio? Nel “dio” gnostico, manicheo e mancusiano sì, nel Dio unico e omnicomprensivo no.

Chi fa il male? i cattivi? ma “cattivo” non significa “prigioniero” (captivus, da captus, catturato in latino, verbo capio, is, ere, prendo, catturato)? e se uno è “catturato” come fa a essere colpevole, autore responsabile di un reato/ peccato e pertanto meritevole di una sanzione/ punizione da espiare?

Quanto sono responsabili delle azioni che fanno i fanatici di ogni tempo e luogo, fossero un tempo i circoncellioni, o i papisti della crociata anti-catara, o le SS oppure i “radicalizzati” islamisti dello Jihad letteralista dei nostri tempi, etc.?

Il male c’è, con immediata e brutale evidenza, ma non sussiste, non ha spessore. Il male fa soffrire, nel corpo e nell’anima, ma non ha storia e non ha futuro. Chi fa il male taglia, tronca, recide, spegne, ma non persiste. Finché dura, il male è insopportabile, ma quando finisce è come se non ci fosse mai stato. Il cervello seleziona i ricordi mali e li mette-via. Talora il ricordo del male continua a far-male come nel caso di Primo Levi, ma l’auto-toglimento della vita è un male successivo al male vissuto insopportabilmente, è un secondo grande male.

L’immagine della tentazione diabolica in Genesi è utile come ogni mito che si rispetti: dà il senso alla scelta limitativa, quando l’uomo-la donna pre-tendono (tendendo la mano) di cogliere il frutto della sapienza di ciò-che-è-bene e di ciò-che-sta-oltre-il-limite, e quindi è male. L’uomo da solo non ha i mezzi per com-prendere completamente la complessità del giudizio sull’agire relativamente libero, datogli dalla sua natura/ da Dio.

Per non perdersi ha da considerare sempre il limite del suo essere, stare, agire, onde evitare l’illusione dell’omnipotenza, il cui fomite è nel terribile vizio di superbia, il cui prosieguo è nella terribile invidia e la cui conclusione si trova nella cupidigia, quasi un cupio dissolvi nel piacere fasullo dell’orgasmo egoistico, del possedere, del decidere sugli altri: libido potestatis, libido pecuniae, libido

Lezioni antiche dei maestri greci, di Cassiano, Climaco, Agostino, Gregorio Magno, e poi anche del Siddharta Gautama, che individuava nel desiderio di possesso (non nell’eros platonico) il fomite e origine di tutti i mali, del limite, del peccato.

Ed è così, mio caro lettore, la radice del male è il superamento del limite, oppure anche solo un anelare senza fine al suo superamento, un’ansia da prestazione, una gelosia che si fa invidia, il successo che si fa superbia, il cinismo che diventa omicidio, l’ignoranza che toglie la scintilla di Dio dai cuori.

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