Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Sempre più sensibile, nervoso, insofferente…

Marco Aureliomio caro lettor,

sto diventando, invecchiando. Sensibile alle cose, al paesaggio, alla bellezza, ai fatti e ai misfatti. Vedo più profondo, partecipo delle cose come mai prima d’ora, contemplando dettagli, scaglie di senso, spicchi di verità, forse mai colti, prima. Ma pagando un prezzo di sofferenza maggiore di prima, quando le cose mi scivolavano via più velocemente.

Nervoso, perché mi parte per un nonnulla l’embolo e sbotto, scatto, impreco, non sopporto, mi rivolto contro chi mi dice stupidaggini, scontatezze e noia. Non ce la faccio più a sopportare per pazienza, l’ho persa, non ho più tempo, non ho più voglia. Il mio tempo è come il diamante grezzo, incalcolabile valore perché dentro la mia unica vita. Nessuno può permettersi di toglierti il diamante del tempo. Disponibile sempre ad aiutare chi mi sta vicino, ma non ad ascoltare tutto, a rispondere a tutto, anche alla pigra banalità del proferire verba, purchessiano. No, no, no.

Insofferente alle stupidaggini, alle frasi fatte, ai discorsi che cominciano con un “dicono…”, dicono cosa, cazzo, chi, su cosa, con che competenza, con che esperienza, chi parla? un sociologo di società? un medico di medicina? un filosofo di etica? un avvocato di diritto? un ingegnere della progettazione di un ponte? un giudice di processi? un politico di una norma legislativa? un biologo di un virus o di un batterio? un astronauta del cosmo vicino? uno psicologo di nevrosi, fobie e ossessioni? un mistico di Dio? (non dico un teologo, per l’amor di Dio), un archeologo di un reperto straordinario? un linguista di un idioma remotissimo?  No un giornalista in tv, un conduttore di talk show, un vicino di casa, Tite da la Tete, il cognato del cugino  della suocera di mio zio, il parroco di un tempo, la sorella del droghiere dietro l’angolo, siore Nene oppure sior Pumpilio, il dentista di mio nonno, ma parlando di politica, e così via.

Non sopporto gli stereotipi, le banalizzazioni, i modi di dire perché-si- è-sempre-detto-così. Non ce la faccio più, ho esaurito il bonus per le futilità e le ovvietà su cui è bene stendere un velo di silenzio pietoso.

Lasciatemi stare in compagnia di Marco Aurelio (lo dico a quelli di cui sopra, non al mio gentilissimo lettore o lettrice).

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