Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Valichi

ErtoMio ormai caro e paziente lettore,

valichi tra valli diverse, valichi e passaggi tra un ragionamento e l’altro, valichi, perché sia gli uni sia gli altri sono ardui. Son ardui perché occorre il cammino, e un buon passo per andare, e una buona logica per arrivare, alla meta, sempre provvisoria, e alla conclusione del pensiero.

Occorre tempo e fatica per raggiungerli, i valichi, e per passare da una valle all’altra, così come da un pensiero strutturato a un altro, magari in contrasto con il primo. Infatti è comodo adagiarsi su ciò che si ritiene valido, o perché lo pensiamo da sempre, o perché lo pensano tutti, o i più. Il comune sentire, o quello che riteniamo essere tale, rassicura e tranquillizza, mentre il pensiero autonomo e controcorrente inquieta e dà vertigini, le vertigini della solitudine, e dell’altezza, come scrisse Saba cantando Nietzsche:

Intorno a una grandezza solitaria/ non volano gli uccelli,/ né quei vaghi gli fanno attorno il nido,/ altro non odi che il silenzio,/ non senti altro che l’aria. (citata a memoria, forse con qualche imprecisione).

Sembra dunque che sian più difficili da superare i secondi, i valichi del pensiero, in molti casi.

Dei primi voglio citare quelli più selvaggi che conosco nella Terra del Confine.

Vi è tra le Prealpi Carniche Occidentali la Forcella Clautana, che collega l’omonima valle alla Val Silisia, per un sentiero lungo e selvaggio, verdissimo e silente. Costruito nel 1912 per ragioni militari anti-asburgiche fu percorso dal tenente Rommel dopo la rotta di Caporetto. Per strada tracce di Terapodi risalenti a duecento milioni di anni fa. Le ultime case di Claut ti salutano quando una nebbia leggera inizia da accompagnarti per le lontananze, finché non senti svanire il suono di campane che battono l’ora, e poi, dietro una curva da cui appare una forra senza fondo, più nulla.

E poi il Passo di Valbona, tra la Val Cimoliana e l’Alpago, altissima sella nota da immemorabili anni, punto di passaggio per la Cima del Col Nudo. Le “conte” dei valligiani narrano di un’antica consuetudine, oramai interrotta da decenni, secondo la quale le ragazze andate in sposa nella valle di là del valico, sarebbero passate per l’altissima sella con il corredo portato dai parenti, per raggiungere lo sposo, quasi a significare simbolicamente la durezza e l’impegno della scelta di vita. Il Passo di Valbona è sempre lì che attende qualche meditabondo viandante, come me. E lì arriverò, quest’anno, se Dio vuole, o il prossimo, se le forza ancora avrò, in questo tempo che passa e mi fa sentire il cambiamento, dentro, il mio corpo che cambia e si avvicina all’essenziale.

Tra la Val Sappadina e la parallela oltre confine, dal 1610 ogni anno si svolge un pellegrinaggio votivo. La gente parte nottetempo da Cima, risalendo l’aspra valle del Piave fino ai rifugi posti a ristoro sotto l’infinita mole calcarea bianca del Peralba. Costeggiando la grande montagna fino al passo Sesis e a quello dell’Oregone, memorie di guerra, si va giù nella verdissima conca per un Rosario alla Vergine delle vette, che porge sempre la mano agli scalatori del cielo. Si lascia la catena dell’Avanza e l’altissima Valle delle Genziane, in attesa, dietro le crode sorvolate dall’Aquila crysaetus.

Anche tra la remota Illegio e Moggio si passa per le montagne, salendo verso Prà di Lunze, remota casera tra boschi e rocce, non lontano dalla madre Amariana e dalle aspre balze del candido Sernio. Anni son trascorsi da quando vi andai, poco più che ragazzo, pranzo al sacco e gli occhi pieni di meraviglia.

All’estremo oriente della Terra del Confine, da un villaggio adagiato sotto un cielo senza confini, Topolove, un sentiero boscato ed oscuro sale sul monte e poi scende fin nella valle dello smeraldino Isonzo, a Luico. E’ la terra delle fate delle acque, le kryvapete, nascoste lungo i torrenti e nelle grotte degli orsi, condividendo con questi il calore e l’attesa della primavera. E’ lì che ci si può fermare, in attesa della notte magica, quando il campanile di Oznebrida farà sentire il suono delle sue campane, e allora appariranno, oltre il tempo, tutti  i volti che ci hanno amato e che non sono più visibili al nostro sguardo fragile, ma non ci hanno mai abbandonato, e, teneramente ci guardano e ci proteggono, anche se cambia il vento, il giorno, il mese e viene la stagione volta al giorno senza sera.

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