Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

camminando camminando nell’unico sentiero

il libroCaro lettor augustano,

siamo in cammino. Sempre. Homines viatores

Sai che ne sono convinto, perché avrai letto (forse) più indietro la mia preferenza per la casa in affitto piuttosto che in proprietà, un luogo confortevole, ma che si può cambiare, a seconda del cammino, della direzione, del senso. Le fondamenta in questo caso non sono infisse nel terreno, ma nell’anima, che talora è anche vagula, blandula, alla ricerca infinita…

Senti qua cosa ci racconta Martin Buber in La leggenda di Baal Schem. Racconti Chassidici (tr. it. di A. Lavagetto, Presenza e Relazione nel pensiero di Martin Buber, di Francesco Ferrari, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2012, p.82):

“(…) Il nipote di Rabbi Baruch nipote di Baal Schem, giocava una volta a nascondino con un altro ragazzo. E si nascose e attese a lungo e pensava che il suo compagno lo cercasse e non riuscisse a trovarlo. Ma dopo aver atteso e atteso, uscì dal suo nascondiglio e non vide più l’altro e comprese che non l’aveva mai cercato. Allora corse nella stanza di suo nonno piangendo  e lagnandosi del cattivo. Allora gli occhi di Rabbi Baruch si riempirono di lacrime ed egli disse: così dice anche Dio”.

Non sembra molto difficile cogliere il senso di questo racconto. Abbiamo sempre bisogno che qualcuno ci cerchi, così come fece Dio, che cercò Adamo nel giardino chiamandolo dal suo penoso nascondiglio di foglie “Dove sei?” (Genesi 3,9) E Adamo, pauroso non aveva fiducia che Dio avrebbe capito il suo imbarazzo di… essere nudo.

E che cosa altro ci racconta, sempre Martin Buber, (Daniel. Cinque dialoghi estatici, tr. it., introduzione e note di F. Albertini, Giuntina, Firenze 2000, ibidem supra. p. 83):

“(…) questi uomini vogliono sapere a cosa appartengono; non vogliono essere in cammino, bensì avere una casa; vogliono essere protetti e rassicurati; vogliono avere una solida verità generale che non si lasci sconfiggere; vogliono solo orientarsi; vogliono orientarsi nel mondo, ovvero: vogliono conservarsi nel mondo. Così costruiscono la loro arca oppure se la fanno costruire; chiamandola poi Weltanschauung e sigillando non solo le fessure ma anche le finestre con la pece. Fuori, però, rimangono le acque del mondo vivente.”

E’ il discorso di sopra, quello della scelta tra il fermarsi in una radura sicura, e un proseguire ancora nella selva oscura, anche a costo di smarrire la (diritta) via. Ma c’è una diritta via, caro padre Dante? Tu meglio di molti sai che non c’è.

La via è spesso smarrita, o almeno diruta, franata, come certi sentieri del CAI dopo le intemperie invernali sulle vie ardue delle montagne.

E in salita, con qualche falsopiano per far riposare i polmoni e le gambe. Ma prevalentemente in ascesa, verso crinali e boschi ancora più grandi e scuri, verso l’apparire e il nascondersi dietro le nuvole veloci, delle vette rocciose e apparentemente inaccessibili. Oltre sempre più spostati confini e limiti, che il cammino incontra. Oltre i programmi che si possono fare e le risorse disponibili. Oltre…

Secondo l’unico sentiero che ognuno deve tracciare per se stesso, in quanto unico, irriducibilmente. E allora concludiamo con un ultimo testo, tratto dai buberiani Racconti Chassidici (Immagini del bene e del male, tr. it. A. Guadagnin, Edizioni di Comunità, Milano 1965, ibidem supra, p. 85):

“Il fatto che è creato un essere umano unico significa che esso è posto nell’essere non per una mera esistenza, bensì per l’adempimento di un’intenzione dell’essere; di un’intenzione dell’essere che è personale, ma non nel senso di un libero sviluppo di infinite peculiarità, bensì nel senso di una realizzazione del giusto in infinite forme personali. Perché la creazione è dotata di finalità, e l’umanamente giusto è il servizio nell’unica direzione. (…) Assumere la direzione nella decisione significa quindi prendere la direzione verso il punto dell’essere in cui, eseguendo la mia parte per l’abbozzo che io sono, incontro quel mistero divino della mia unicità creata che è in attesa di me.”

Dove andare, ma andare dove è giusto farsi trovare, il difficile è individuare dove è giusto andare, ma la scelta, sempre grave, non è solo frutto del nostro arbitrio (libero), perché è anche condizionata dal resto del mondo  delle relazioni, delle circostanze e della genetica, dell’ambiente e del misterioso flusso interiore che procede come un angelo messaggero di cose divine.

Che cosa sapere e come accedere alla/ e verità, sempre localmente, ma mirando la luce riflessa dentro la nostra anima.

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1 Comments

  1. Ho fatto proprio bene a seguire il tuo suggerimento riguardo questa breve lettura. L’idea di cammino mi trasmette positività ed ottimismo, mi proietta nel futuro in un futuro da costruire, da scoprire da condividere. Il cammino come ricerca dell’io, scoperta delle proprie idee, delle proprie capacità e del proprio destino, incontrare persone, vite e storie che mi daranno nuova forza, nuovi interessi, nuove idee. In questo senso io voglio intendere il cammino ed in questo senso la lettura del tuo articolo mi ha trasmesso ottimismo! Grazie

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