Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

again, di gnûf, ancora qui, otra vez, nunc etiam, èti èntha

di nuovoCon la grazia del Padre misericordioso e la mia volontà razionale sono risalito in bici.

Dopo 50 giorni. Non è stato difficile, perché il pomeriggio di fine luglio era luminoso e la strada libera. La pedalata cauta per la debolezza dell’arto ferito, ma il ritmo buono verso la Bassa. Poche auto e tanta luce attorno a me.

Un saluto nel paese natale e poi il lento ritorno verso le Terre di Mezzo, un po’ di sali minerali in borraccia, magnesio e potassio. Lenta la risalita della mia emoglobina, ma certa. L’arto è ancora gonfio e dolorante, ma il muscolo comincia a riemergere dal nulla in cui era precipitato.

E perfino il tricipite inferiore. Comunico al mio mondo la gioia pura che mi prende e le risposte sono piene di musica. Tornerò quello che la natura mi aveva fatto. Con fatica ma certamente, capace di quella fatica.

Il tempo medica con lentezza i danni dell’uomo che agisce, talora sbagliando. Nel tempo bisogna trovare il rimedio e accettare il dolore. Ogni pedalata è una conferma: muovere se stessi è muovere il mondo, portando una piccola croce.

Le giornate di fine luglio non sono infinite, e già quasi si sente un annuncio remoto della stagione più matura. Il vento ha spazzato via le ali pesanti dell’afa e il calore dell’astro meridiano solletica inesauste energie sotto pelle.

Vi son scorci cristallini nei piccoli borghi che attraverso, borghi posti lungo la riva del grande fiume sonnolento, di questa stagione, nascosto nel fondo delle ghiaie, ma pronto a riemergere con formidabile possanza alla luce dell’autunno.

Viaggio pensando al percorso che faccio e al decorso della mia ripresa, lenti ambedue, ma certi dell’alea che ogni umana vicenda prevede.

E mi affido ancora a Chi può, sapendo tutto e totalmente, a Chi domina la complessità del Tutto, in silenzio, ma non muto, perché, se si sa dare ascolto al Suo agire, esso appare con delicatezza nel fondo dell’anima.

Quando arrivo, e la dolenzia dell’arto mi riporta al “qui e ora”, l’azzurrissimo cielo del pomeriggio tardo mi promette altre prove e la forza per accettare il tempo necessario della guarigione, dell’anima incarnata. Amen

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