Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

il coefficiente di gini

Gini_Coefficient_World_CIA_Report_2009Il tema della giustizia distributiva è presente all’uomo fin dalla stesura dei primi documenti legislativi  (XIX sec. a. C.), e a livello mentale da prima. La più importante trattazione antica della cultura occidentale di questo tema è presente nell’Etica Nicomachea, dove, nel Libro V, Aristotele tratta della virtù di giustizia e delle sue tre principali declinazioni. Dico subito che se la filosofia politica e le dottrine politiche successive e anche quelle più recenti (liberalismo, contrattualismo, marxismo, et varia alia) avessero tenuto in conto la lezione aristotelica, forse la storia umana… Ma i “se” non fanno la storia, e le frasi ipotetiche son da mettere in un cassetto.

Aristotele distingue tre tipi di giustizia: a) la giustizia generale o legale, che si occupa della legislazione degli stati da un punto di vista, appunto, complessivo; b) la giustizia commutativa, che si occupa della dimensione contrattuale degli affari e delle transazioni o negozi, centrale nella dimensione economica e produttiva (contratti di fornitura, contratti di lavoro, etc.), la quale deve far risultare un certo equilibrio nell’accordo tra le parti su una trattativa; c) la giustizia distributiva, che riguarda l’esigenza, prima di tutto di dare a ciascuno il suo (unicuique suum), ma anche di sovvenire ad esigenze specifiche che qualcuno possa avere per la propria sopravvivenza dignitosa.

Nei secoli successivi, nonostante la lezione evangelica cristiana e la successiva coranica (sostanzialmente il linea, con la virtù e la pratica dell’elemosina), le differenze reddituali e di condizioni di vita tra categorie, classi e ceti sociali, sono rimaste macroscopiche. Si dovette aspettare il ‘700, con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, per rimettere al centro il tema della giustizia distributiva. La Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo ne costituisce l’ossatura teorica. Nel frattempo, mentre nel mondo laico sorgevano iniziative filantropiche, a partire da metà ‘800, le varie chiese provvedevano con le loro filiere caritative e sociali (da saint Vincent de Paul a san Giovanni Bosco, etc.). Nel frattempo il socialismo si proponeva come ipotesi su due versanti, uno più riformistico (Bernstein, Turati), l’altro nettamente rivoluzionario (Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao, con le degenerazioni cambogiane) che si manifestò con tutta la sua forza nel ‘900 (Rivoluzione Russa, Cinese, etc.).

Nelle nazioni occidentali, nel frattempo, i governi liberaldemocratici cercavano, fina dalle ultime decadi del 800  di coinvolgere le masse operaie e popolari con iniziative di assistenza sociale, previdenziale e sanitaria, in modo discontinuo e differenziato: la prima operazione di attenzione concreta a una sorta di giustizia distributiva va fatta risalire alla decisione del Cancelliere tedesco Ottone di Bismarck, di istituire una sorta di sistema pensionistico (1880 circa).

Il resto è storia del secolo passato, storia recentissima. I sistemi di welfare si sono diffusi dopo la IIa Guerra mondiale (Legge Beveridge in Gran Bretagna), almeno in Europa (in modo differenziato), in Nord America e in Australia. L’Italia stessa ne è un esempio, possiamo dire nonostante gli sprechi, luminoso?

Nel frattempo anche la Chiesa cattolica si è messa in moto con le encicliche sociali, dalla Rerum Novarum (1891) di papa Leone XIII, alla Quadragesimo anno (1931) di papa Pio XI, nella quale per la prima volta viene posto il tema della solidarietà declinata insieme con la dimensione sussidiaria, alla profetica Populorum progressio (1967) di papa Paolo VI, che pre-vide da lontanissimo i tempi della globalizzazione e dei suoi rischi, alla Caritas in veritate (2009) di papa Benedetto, che riprende e riassume il tema di uno sviluppo solidale e di una più equa distribuzione tra tutti li uomini dei beni di questo mondo.

E ora veniamo al tema del titolo: il coefficiente di Gini. Dal web “Esso è opera dello statistico Corrado Gini e si configura come misura della diseguaglianza di una distribuzione. Si utilizza anche come indice per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore 0 che corrisponde alla pura equi-distribuzione, ad esempio la situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito; valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla massima concentrazione, ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo.”

Se osserviamo la mappa del mondo soprastante, sapendo che i colori più accentuati rappresentano i divari maggiori, e che i colori più chiari le aree con i divari minori, notiamo come questi insistano molto sull’Europa germanica e scandinava, siano evidenti nel Canada, e poi via via trascolorano in tinte più scure (Africa, Asia, Sudamerica), dove ci sono molti ricchi infinitamente più ricchi di una miriade di poveri.

Da socialista democratico incallito mi viene da dire che il coefficiente di Gini conferma regimi di maggiore giustizia sociale dove le dottrine socialiste moderate e riformiste hanno attecchito da molti decenni, mentre invece, dove sono state o son presenti dittature, regimi autoritari (Cina, paesi arabi, etc.), o fortemente competitivi (USA) il divario registrato dall’indice è più dilatato.

Un altro modo per ragionare di giustizia, senza enfasi ideologica, da Aristotele a Corrado Gini.

 

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