Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

katà tòn daìmona eautoù

… sarà il vento dell’Atlantico, ma Paris è fresca, quasi fredda, questo agosto, e anche un po’ sporca, non solo a la Porte de Clichy o in Clignancourt (quartieri di recente immigrazione), ma anche sui grandi boulevards del barone Haussmann…

dove troviamo l’Hard Rock Cafè, luogo del Fetish&Marketing musicale: le chitarre di Clapton, di Slash (Guns n’ Roses), di Robby Krieger (Doors), di B.B. King, le giacche di Hendrix e di Lennon, il vestito da concerto di Steven Tyler (Aerosmith), il basso di Bill Wyman, et varia cetera.

Père Lachaise, cioè padre Lachaise, ha il merito di questo perderci tra tombe sconvolte dal tempo, specie quelle sui declivi.

Prima di tutto Beatriz si ferma alla 30, settore 6: James Douglas Morrison – morto ventottenne – è lì dal 3 luglio 1971. Foto e biglietto.

Sulla sua lapide è scritto: “katà tòn daìmona eautoù”: mia traslitterazione imperfetta dal greco antico, che significa “seguendo il proprio demone (Dylan direbbe “duende“)”, ovvero “sempre fedele a se stesso“. Nel caso di Jim Morrison fino alla morte.

Meglio essere infedeli, allora, se la strada …

E poi, qua e là, ma con metodo: Balzac, Wilde (foto e biglietto), Saint Simon, commozione da Blanqui (foto e biglietto), Chopin, Saint Simon, Blanc, Eudes (della Comune del ’70!), Proust, Comte, Edith Piaf e Bècaud. Vicino a lui hanno messo Marie Trintignant.

Tanti socialisti utopisti, un viaggio nella storia politica a me cara.

Un sacello è per Abelardo e Eloisa. Forse i loro corpi non sono più lì, ma lo spirito…: per primo tra i pensatori medievali Abelardo considerò la ragione puramente umana come dono di Dio, e come bene in sé.

Non abbiamo tempo e forze, genitori e figlia, per Sarah Bernhardt, per Apollinaire, Isadora Duncan, Camille Pissarro, Yves Montand, Cherubini, Delacroix, Max Ernst, Gobetti (e mi spiace), Gertrude Stein e Simone Signoret, Gay Lussac, La Fontaine, Modigliani, e tanti altri…

Poi Paris si dipana sotto i nostri piedi e davanti agli occhi, sempre piena di colori e luci della sera.

C’è la visita a Rue du Bac, dove nel 1830 la Vierge Marie apparve a Sr Catherine Labourè: canti multietnici nella cappella luminosa.

Il ritratto impressionista di mia figlia fatto da un pittore armeno a Place Tertre de Montmartre, il Monte dei Martiri, e poi giù verso Pigalle.

Certo, anche il Louvre, il Pompidou, il Musèe d’Orsay e quello de l’Armè. A ritroso: eserciti e battaglie, Monet, Van Gogh, Aristote enfant, Picasso, gli Italiani, La morte di Maria di Michelangelo Merisi, la sopravvalutata Gioconda, i Prigioni di Buonarroti (i Francesi l’hanno smessa di mettere solo la didascalia in francese agli Italiani tipo Michel Ange, o Raphael), Amore e Psiche di Canova,  Rembrandt, la Nike di Samotracia (ah, miei studenti, non dite “Nàik”!) la Venere di Milo, Mantegna, Veronese…

Lasciate, come promessa, lungo la strada, Tournous, Autun, Auxerre, si era passati per Chartres, silenziosa e discosta, e, dopo Paris, tornati per Reims, Ulm e la Città del Sale austriaca.

Atletismo, quasi, delle gambe, e riposo delle menti assorte.

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